Nuovo governo e girandola di cambiamenti in seno alla pubblica amministrazione macedone. Si parla di almeno 2000 funzionari sostituiti. L'UE non è d'accordo e protesta. Ma non senza contraddizioni
"Non cambiate le persone se volete che avvengano cambiamenti", ha ricordato l'UE recentemente alla Macedonia. Assieme al sostegno e all'incoraggiamento al nuovo governo guidato da Nikola Gruevski, dall'Europa sono arrivate anche le prime puntualizzazioni e critiche. La ragione sono i massicci ricambi che si stanno effettuando in seno alla pubblica amministrazione.
Ogni volta che in Macedonia un nuovo governo entra in carica avviene un rilevante ricambio nelle istituzioni governative e ministeri. Molti tra i funzionari nominati dal precedente esecutivo vengono assegnati ad altri ruoli, licenziati o danno loro stessi le dimissioni.
Così è avvenuto anche con il nuovo governo del primo ministro Gruevski. Al primo consiglio dei ministri, alla fine di agosto, sono stati licenziati 544 funzionari. Sono stati i primi del cosiddetto "secondo scaglione", funzionari di nomina politica che verranno rimpiazzati da nuovi quadri. Tra le "vittime" direttori e membri del consiglio d'amministrazione di aziende statali, di agenzie, di fondi pubblici, funzionari dei ministeri, personale della magistratura, personale di vari direttorati da quello delle imposte, agli spazi aerei, ai beni culturali e sino alla metereologia. Ogni posto di responsabilità sul quale il governo abbia una qualche influenza subirà cambiamenti.
Una stima al ribasso di questa "pulizia" post-elettorale indica la sostituzione di circa 2.000 persone. Secondo altri calcoli quest'ultima potrebbe andare ancora più in profondità, come hanno fatto altri governi e, coinvolgendo "dal ministro al portinaio", potrebbe colpire dalle 5.000 alle 8.000 persone. Questi numeri sono enormi se si fanno paragoni con pratiche simili in Paesi ben più grandi della Macedonia, affermano i commentatori.
Niente di nuovo per la Macedonia. Ma questa volta è l'Europa che ha qualcosa da dire in merito. Il secondo schiaffo al Paese è arrivato a metà settembre dall'Ambasciata olandese. Il governo aveva licenziato circa 35 funzionari delle dogane, e questi ultimi erano coinvolti in un programma di formazione sponsorizzato dall'UE ma con fondi stanziati dai Paesi Bassi. Gli olandesi hanno reagito duramente affermando di essere pronti ad interrompere i finanziamenti se questi funzionari non fossero stati reintegrati. A loro avviso infatti questo ricambio di personale avrebbe reso gli sforzi fatti sino ad ora del tutto vani.
In seguito all'avvertimento olandese la rete televisiva A1 TV ha riportato di una lettera inviata al Direttorato per le dogane dalla Delegazione UE in Macedonia nella quale si chiedeva di riconsiderare la decisione di licenziare il personale coinvolto nel programma UE. All'inizio il governo ha negato vi sia stata questa reazione da parte dell'UE, ma da parte della Delegazione è arrivata la conferma che era stata inviata una "lettera di protesta". Secondo A1 TV la Delegazione ha affermato che la lettera è stata inviata al Direttorato per le dogane, ma che il messaggio era destinato "ben sopra".
Il primo ministro Gruevski ha giustificato i cambiamenti con la necessità di combattere la corruzione.
"Non voglio dire che le persone che sono state dismesse non siano degli esperti. Ma anche le nuove persone che andranno a ricoprire quei ruoli sono esperte. Una volta ancora, non contesto la loro esperienza, ma poi, come fanno quegli esperti a spiegare che nonostante tutta la loro competenza l'80% delle persone che importa beni nel Paese paga bustarelle?", ha commentato Gruevski.
La corruzione del servizio alle dogane è di proporzioni proverbiali. I funzionari delle dogane sono i principali protagonisti di una miriade di barzellette. Ciononostante, nel polverone causato dai licenziamenti, è emersa un'analisi recente della Banca Mondiale secondo la quale le dogane macedoni sono tra quelle meno corrotte della regione, meglio persino di quelle croate.
Gruevski ha accusato le oligarchie del Paese di difendere le proprie posizioni utilizzando i media e le diplomazie straniere.
A1 TV ha anche riportato le posizioni di "fonti anonime" in seno alla Commissione di Bruxelles secondo le quali la UE non intende interferire con le politiche di gestione del personale del nuovo governo ma che ogni sostituzione di personale influirà negativamente sugli investimenti UE nella formazione di esperti locali e che verrà considerata per questo un ostacolo nel procedere alla collaborazione. Chiaramente, in questo caso, la buona retorica diplomatica non regge alla prova della logica.
Secondo altre fonti diplomatiche in questa specifica fase del processo di allargamento europeo una politica partigiana e di rivendicazione da parte della Macedonia potrebbe essere devastante.
La prima critica in pubblico sulla questione è arrivata a conclusione del terzo incontro del Comitato di associazione e stabilizzazione tenutosi a Bruxelles lo scorso 19 settembre. Alla conferenza stampa conclusiva, Pierre Mirel, direttore della Direzione Allargamento, ha sottolineato le preoccupazioni europee sui "cambi di personale in seno alla pubblica amministrazione" nel Paese e sul possibile impatto sul processo di adesione. Ha spiegato con un linguaggio molto cauto che le sfide da superare per entrare nell'UE sono molto impegnative e che le riforme hanno molte conseguenze finanziarie e politiche e per questo è necessario un consensus ampio e dialogo politico tra governo ed opposizione ma anche in seno alla società civile.
Il sistema vigente in Macedonia è però quello del "vincitore si prende tutto" e per quanto sia crudele ed irresponsbaile è profondamente radicato nella cultura socio-economica del Paese.
Vi sono alcune considerazioni che devono essere valutate attentamente anche da Bruxelles. Questi cambiamenti di personale non sarebbero così radicali se il tasso di disoccupazione nel Paese non fosse così alto. Un posto nella pubblica amministrazione è considerato uno dei pochi ancora in grado di garantire un'entrata fissa, mancando altre opportunità occupazionali. E' contemporaneamente uno dei motivi più forti che spingono all'appartenenza politica e alla fedeltà il giorno delle elezioni. La pratica di rivoluzionare ogni volta la pubblica amministrazione cambierà quando l'economia del Paese migliorerà e i posti governativi diverranno meno attraenti.
Nell'attuare questo tipo di pressioni la UE non solo va troppo in là nell'interferire con questioni interne macedoni ma richia inconsapevolmente di condizionare la vita politica nel Paese. Cosa potrebbe accadere se i partiti politici non fossero più in grado di tener fede ad una delle loro promesse principali, quella dei posti di lavoro?
Chiara anche la dinamica della reazione UE. Non riguarda la gestione in generale dell'amministrazione, ma solo quelle questioni specifiche, in questo caso il lincenziamento di una manciata di funzionari, che toccano direttamente i suoi interessi. In questo caso l'interesse del project manager che gestiva i finanziamenti olandesi, che non voleva il proprio progetto si arenasse.
Ma i Paesi candidati hanno lo stesso diritto di reazione quando alcuni funzionari della Direzione generale allargamento se ne vanno o ne vengono nominati di nuovi? E serve che il Paese affronti il difficile e costoso percorso democratico del cambio di governo se poi quest'ultimo non può nemmeno cambiare un funzionario della dogana?
La continuità nel programmare l'aiuto internazionale e l'assicurarsi un impatto positivo non si raggiunge certo con pressioni quali quelle applicate recentemente dall'UE.
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