Una multa di 70 milioni di euro. E' quanto la Macedonia dovrà pagare alla società greca Hellenic Petroleum per non aver rispettato il contratto di privatizzazione della raffineria "Okta". E mentre infuriano le polemiche, nessun politico risulta responsabile del danno fatto
La Macedonia dovrà pagare 53 milioni di dollari all' Hellenic Petroleum, compagnia greca che controlla l'unica raffineria del paese, la “Okta”, situata nei pressi di Kumanovo. E' questa la sentenza emessa a Parigi il mese scorso da una Corte di Arbitrato.
La decisione arriva dopo anni di polemiche, da quando la Hellenic Petrouleum decise di denunciare il governo macedone per il mancato rispetto del contratto di vendita della raffineria, sottoscritto nel 1999, e prevede il pagamento alla società greca di 53 milioni di dollari per danni, a cui vanno aggiunti gli interessi degli otto anni trascorsi, che portano il totale del risarcimento ad oltre 70 milioni. E con tutta probabilità, questa è soltanto la punta di un iceberg.
Dire che il verdetto è stato accolto come uno shock, a Skopje, significherebbe utilizzare un pallido eufemismo. Meglio usare la parola “terremoto”. Ora si aspetta di capire quanti politici verranno sommersi dallo scandalo. Ad ogni modo sarebbe sbagliato credere che questa sentenza è arrivata imprevista: ma qualche volta il potere della negazione della realtà non va sottovalutato.
La Macedonia vendette la sua raffineria nel 1999, nel primo anno di governo dell'ex leader del VMRO Ljubco Georgievski, oggi poeta, fautore di spartizioni territoriali nei Balcani e cittadino bulgaro. Era l'anno dei bombardamenti Nato sulla Serbia, (con la distruzione delle sue raffinerie) e della conseguente “apertura” del mercato kosovaro. Il prezzo fu strabilito in 32 milioni di dollari, e l'allora governo presentò l'affare come la più importante privatizzazione mai effettuata. La Hellenic Petroleum si impegnò in ulteriori investimenti nel paese, e la Macedonia concesse grossi privilegi, come l'acquisto annuale di 500mila tonnellate di olio combustibile dall'Okta, che corrispondono al doppio del fabbisogno del paese. Alla raffineria venne inoltre riconosciuto il monopolio dell'importazione di idrocarburi. Per usare le parole dell'allora rappresentante in Macedonia dell'International Crisis Group (ICG), “solo un idiota o un politico molto corrotto potrebbe firmare un accordo così svantaggioso”.
Tra l'altro i 32 milioni non rappresentavano il prezzo reale, visto che fonti ben informate parlano di sconti di varia natura che hanno fatto scendere in modo sostanziale il costo dell'operazione.
“Il governo ha venduto l'Okta per 8-9 milioni di dollari o, in altre parole, ha svenduto una delle più grandi infrastrutture del paese per un prezzo ridicolo”, afferma l'ex ministro delle finanze Nikola Popovski.
Nel 2002 il governo fu sconfitto e il nuovo premier socialdemocratico Branko Crvenkovski decise di cancellare l'accordo. Questo atto seguì ad una sentenza della Corte Costituzionale che aveva reso nulli alcuni punti del contratto. La Hellenic Petroleum decise allora di portare l'affare in tribunale, e il mese scorso è arrivata la sentenza.
Chi pagherà il prezzo politico di questo epilogo?
L'attuale opposizione socialdemocratica accusa il VRMO, oggi di nuovo al governo, visto che fu il loro leader Georgievski a firmare l'accordo. D'altra parte, visto che Georgievski non è più un avversari politico rilevante, le critiche vengono dirette all'attuale primo ministro Nikola Gruevski. Al tempo stesso il VMRO accusa i socialdemocratici, colpevoli a loro dire di aver mandato all'aria l'accordo con i greci.
A rendere ancora più incandescente la polemica ha contribuito Ljubomir Frckoski, analista politico e commentatore, che ha affermato di essere a conoscenza di clausole segrete nel contratto che il governo non ha voluto rendere pubbliche. Secondo Frckovski una di queste clausole segrete è stata firmata personalmente da Gruevski, che all'epoca era ministro dell' Economia.
“Ci sono sei clausole nel contratto sull'Okta che il governo dovrebbe rendere pubbliche”, ha detto Frckovski, aggiungendo poi “conosco due di queste clausole grazie al mio ruolo di consulente della Corte Costitizionale, e le altre cinque da mie fonti personali,che hanno ottenuto il contratto originale dalla Hellenic Petroleum, dopo aver provato senza successo ad ottenere queste informazioni dal nostro governo. Il verdetto di Parigi è basato su queste clausole, continuare a nasconderle è un atto criminale”.
“Il primo ministro Gruevski non ha mai firmato clausole del contratto Okta”, si è affrettato a comunicare l'ufficio stampa del governo. Gruevski ha poi aggiunto di non essere stato presente agli incontri del governo in cui l'accordo è stato approvato.
“Da undici anni sono perseguitato dai socialdemocratici, dai loro soci, dai circoli criminali a loro associati. Non sarei sorpreso nell'apprendere domani che mi accusano anche dell'omicidio Kennedy”, ha dichiarato Gruevski.
“Il primo minstro non può sfuggire alle sue responsabilità”, ha ribattuto Radmila Shekerinska, leader del partito socialdemocratico, “visto che invece di opporsi al progetto, lo abbiamo visto applaudire alla cerimonia della firma. Basta riguardare le foto”.
L'opposizione ha anche esibito un paio di lettere dirette nel 1999 ai proprietari greci dell'Okta, e firmate da Gruevski nei panni di ministro dell'Economia, in cui venivano incoraggiati a non rispettare il monopolio sull'importazione degli idrocarburi che era stato assicurato precedentemente ad un'altra compagnia greca, la Mamidakis Oil, assicurando che il governo macedone si sarebbe accollato ogni responsabilità in caso di problemi. Firmando l'accordo di vendita dell'Okta, il governo stava infrangendo le clausole di un precedente contratto con la Mamidakis Oil, che ha proceduto a denunciare il fatto, e aspetta oggi un risarcimento di 14 milioni di dollari da parte macedone. Secondo l'opposizione, la responsabilità di questa condanna ricade su Gruevski, e sulle sue assicurazioni all'Okta che “il governo si sarebbe preso cura della cosa”.
Sia Georgievski che Gruevski utilizzano il seguente argomento a propria difesa: i socialdemocratici sono stati al governo per un intero mandato, dal 2002 al 2006, se ci fosse stato qualcosa di losco nell'affare, perché non hanno provveduto a denunciarlo?
Nel 2003, la Commissione Anti-corruzione cominciò ad investigare sul caso e a sollevare accuse. La Procura aprì un fascicolo, che però è rimasto in un cassetto fino al termine del mandato dei socialdemocratici nel 2006.
Il caso però, secondo l'ex procuratore Aleksandar Prcevski non è stato congelato per motivi politici. Prcevski nega che non si sia investigato per proteggere l'attuale presidente Crvenkovski, colui che annullò il contratto dopo essere diventato premier nel 2002, sostenendo che la vera ragione sta nell'impossibilità di ricevere informazioni e prove richieste alle altre istituzioni, a cominciare dalla polizia.
E così si è arrivati al 2007, e la Macedonia si ritrova a dover pagare un risarcimento di 70 milioni di dollari. Gli esperti fanno notare poi che, visto il monopolio che era stato assicurato alla Hellenic Petroleum per venti anni, fino al 2019, la compagnia greca potrebbe richiedere ulteriori riparazioni.
Il totale, secondo la Shekerinska, potrebbe raggiungere la cifra astronomica di 650 milioni di dollari. Naturalmente, però, nessuno è responsabile, Georgievski sostiene che l'accordo era vantaggioso, e che i socialdemocratici l'hanno affossato, l'attuale opposizione (ma non è la sola) ribatte sostenendo che la privatizzazione era a dir poco un regalo.
Alla fine viene fuori la conclusione più dolorosa, e cioè che i politici in Macedonia non hanno responsabilità per i propri atti. La speranza degli elettori è che alla fine qualcuno paghi per il danno fatto, senza pescare nelle tasche del contribuente.
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