Unione Europea e ENP

In blu in Paesi membri dell'UE, in azzurro i Paesi candidati, in verde i Paesi inclusi nella politica europea di vicinato

Difficilmente Paesi come la Moldavia o le tre repubbliche del Caucaso meridionale entreranno - almeno a breve - nell'Unione europea. Eppure, secondo molti indicatori, le loro performance non si discostano molto dai livelli di Croazia e Macedonia al tempo in cui ottennero lo status di Paese candidato, a metà anni 2000

17/08/2011 -  Nelli Babayan*

Con l'obiettivo di evitare nuove divisioni, l'UE ha deciso di creare una “cerchia di amici” lanciando l'iniziativa ENP (European Neighbourhood Policy, "politica europea di vicinato") e stabilendo una partnership con i più svariati Paesi, dall'Ucraina al Marocco. Questo approccio onnicomprensivo ha deluso i Paesi che avevano espresso da tempo aspirazioni europee, ma il noto stress da allargamento dell'UE e l'inclusione nell'ENP sembrano aver congelato tali speranze, almeno per il futuro prossimo. Inoltre, l'offerta fatta ai Paesi dell'est europeo potrebbe deteriorare i rapporti con la Russia, che li considera parte della sua tradizionale sfera d'influenza. Nonostante ciò, in aggiunta all'ENP, l'Unione europea ha presentato la Eastern Partnership (EaP) per rafforzare le relazioni con Armenia, Azerbaijan, Georgia, Moldavia e Ucraina: Paesi che esprimono apertamente le proprie aspirazioni europee.

Buona parte delle analisi dedicate al tema tendono a scrutinare intenzioni e atteggiamenti dell'UE verso i suoi partner, lamentando la mancanza di coerenza delle politiche di allargamento. Tuttavia, è necessario anche valutare la solidità delle aspirazioni europee dei Paesi ENP. Un possibile modo di mostrare quanto questi soddisfino i criteri europei è compararne il progresso economico e democratico con quello degli attuali candidati Croazia e Macedonia.

Libertà e democrazia

Se i Paesi post-comunisti ora membri dell'UE sono stati in testa ai processi di democratizzazione e hanno già lanciato propri programmi in questo ambito all'estero, quelli ex-sovietici si sono in gran parte limitati, pur aspirando all'integrazione europea, a dichiarazioni formali di rispetto della democrazia. Ma nemmeno i Paesi dei Balcani occidentali, diventati candidati potenziali nel corso degli anni 2000, sono stati i primi della classe, anche se il sostegno tecnico e finanziario dell'UE dovrebbe aver influenzato in positivo la loro situazione. L'aspettativa più diffusa era infatti che le prospettive d'integrazione europea avrebbero accelerato il processo di democratizzazione e stimolato le riforme. La Croazia ha ottenuto lo status di candidato nel 2004 e la Macedonia nel 2005. Secondo Freedom House, la prima è considerata stabilmente un paese libero dal 2000, mentre la seconda rientra invece altrettanto stabilmente nella categoria dei Paesi semi-liberi.

Freedom House classifica Armenia, Georgia, e Moldavia come Paesi semi-liberi, ma la situazione dei diritti politici in Armenia è deteriorata nel periodo 2004-2009 e ulteriormente peggiorata nel 2010. Il ranking democratico della Georgia è migliorato nel 2005, sull'onda della Rivoluzione delle rose, ma è tornato a scendere nel periodo 2008-2010. La Moldavia è rimasta stabilmente nel rango dei semi-liberi nel periodo 2004-2010, mentre l'Azerbaijan è rimasto nella categoria dei Paesi non liberi. Nel gruppo, la sola Ucraina è riuscita a migliorare passando nella categoria dei Paesi liberi dal 2006 in poi. Altri indici di democratizzazione come Bertelsmann Transformation Index e Polity IV danno esiti simili: Ucraina e Moldavia prime della classe, Georgia e Armenia poco lontane e l'Azerbaijan dietro la lavagna della democrazia.

Nonostante il carattere spesso elusivo di questo concetto, lo stato di diritto è diventato la principale bandiera della democratizzazione, e i Paesi target sono spesso valutati sulla base dei livelli di corruzione e indipendenza della magistratura. Nessuno di questi Paesi, con la parziale eccezione della Georgia, ha avuto successo nel ridurre la corruzione. Le peggiori valutazioni in merito secondo il Corruption Perception Index vanno regolarmente all'Azerbaijan, ma anche la posizione dell'Armenia è peggiorata costantemente nel periodo 2004-2009. La Georgia, dietro l'Armenia nel 2004, nel 2008 ha superato Moldavia, Ucraina e Macedonia raggiungendo la Croazia. La magistratura, giudicata non indipendente in tutti i paesi ENP secondo il CIRI judiciary independence index, è considerata semi-libera in Croazia e Macedonia, mentre le valutazioni per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e delle minoranze non hanno significative differenze tra i diversi Paesi presi in considerazione.

Dopo la dissoluzione dell'Unione sovietica, gli stati post-comunisti e post-sovietici presero rapidamente le distanze dall'economia pianificata e aprirono i propri mercati al commercio intensivo con l'Occidente, dimostrando che le riforme economiche erano più facili di quelle democratiche. Secondo l'Index of Economic Freedom, l'economia armena è stata sostanzialmente libera nel periodo 2004-2010, mentre la Georgia ha migliorato la propria situazione passando da sostanzialmente non libera nel 2004 a sostanzialmente libera nel 2010. Secondo la Banca mondiale, la Georgia sarebbe anche il Paese dove è più facile fare business, seguita da Macedonia, Armenia, Croazia e Azerbaijan. È interessante notare che Moldavia e Ucraina fanno molto peggio in termini di libertà economica e imprenditoriale rispetto alle meno democratiche Armenia e Georgia. Sembra quindi esserci in questi Paesi una correlazione negativa fra progresso democratico e libertà economica, come confermano anche i casi di Macedonia e Croazia. L'eccezione è qui rappresentata dall'Azerbaijan, il cui progresso è poco significativo in entrambi i campi.

In & Out

Secondo l'ENP Strategy Paper, il Caucaso del sud è una regione che meriterebbe un interesse “più forte e più attivo” di quanto avvenga attualmente. Dopo la Rivoluzione arancione, l'Ucraina ha ricevuto più fondi e assistenza allo sviluppo di tutti gli altri Paesi ENP. La Moldavia, pur senza simili progressi, reclama un posto nell'Europa politica, oltre che culturale, in virtù della “parentela” con lo stato membro della Romania. Per questi Paesi, l'inclusione nell'ENP ha segnato un progresso nel rapporto con l'UE, ma anche un momentaneo stop alle prospettive d'integrazione. La delusione è particolarmente forte per quei Paesi che avevano esplicitamente inserito l'integrazione negli obiettivi di politica estera. Ma quanto giustificate sono queste aspirazioni? I cinque Paesi post-sovietici sono in ritardo rispetto ai Paesi candidati sui criteri democratici, ma alcuni li raggiungono o addirittura li superano in vari indicatori economici.

Negli anni presi in considerazione, il progresso dei Paesi candidati è stato modesto e prevalentemente limitato ai criteri democratici. A fronte del miglioramento degli indici di democrazia e stato di diritto, i risultati in termini di libertà economica e imprenditoriale sono molto più scarsi. Al contrario, i Paesi ENP qui discussi hanno risultati molto migliori in campo economico che politico. In ogni caso, il dato più interessante rimane la minima differenza fra Paesi candidati e paesi ENP sulla base della maggior parte degli indicatori qui considerati, soprattutto se si prendono in considerazione Croazia e Macedonia nel momento in cui ottennero lo status di candidati (2004-2005).

Considerando la riluttanza dell'Unione a nuovi allargamenti e la scarsa probabilità di rapida integrazione, i Paesi ENP dovrebbero mostrare progressi sostanziali in campo economico e politico per aumentare le proprie possibilità. Allo stesso tempo, l'UE dovrebbe definire con maggiore chiarezza i criteri di allargamento, anche dal punto di vista geografico, per evitare di vincolarsi a retoriche promesse d'integrazione e prestarsi ad accuse di usare due pesi e due misure.

 

*Nelli Babayan è dottoranda alla School of International Studies, Università di Trento, ed è co-editor di "Interdisciplinary Political Studies "


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