Dopo le elezioni politiche dello scorso luglio la Moldavia attraversa una fase di transizione istituzionale. Gli sconfitti, il Partito dei comunisti, lasciano le stanze dei bottoni, i vincitori, l'Alleanza per l'integrazione europea, le occupano. Non senza frizioni
L'8 settembre la Corte costituzionale della Repubblica di Moldavia ha messo fine alla battaglia legale avviata dal Partito dei Comunisti a seguito della prima sessione del Parlamento appena eletto, tenutasi il 28 agosto scorso.
La Corte ha dichiarato legittima e conforme alla procedura costituzionale l'elezione di Mihai Ghimpu alla carica di presidente del Parlamento - contestata dai comunisti - ed ha così chiuso la vicenda.
Dopo aver perso le elezioni parlamentari lo scorso 29 luglio il Partito dei comunisti sta faticosamente tentando di mantenere almeno una piccola porzione di quel potere che negli ultimi otto anni era rimasto concentrato nelle proprie mani. Alla vigilia della seduta inaugurale del nuovo Parlamento, avvenuta lo scorso 28 agosto, i comunisti hanno subito dichiarato che non avrebbero riconosciuto l'Alleanza per l'integrazione europea, coalizione vittoriosa alle elezioni formata da Partito liberale, dal Partito liberal-democratico, il Partito democratico e dall'alleanza "Moldavia nostra", e avrebbe tentato di formare una coalizione di sinistra per guidare il paese.
Molti analisti politici hanno subito interpretato questa mossa come la dimostrazione che la forte polarizzazione che negli ultimi mesi sta paralizzando la Repubblica di Moldavia è ben lontano dall'avere una fine.
Pronostico che è stato confermato quando, durante la prima seduta del Parlamento, il Partito dei comunisti ha abbandonato l'aula richiedendo un'interruzione dei lavori di sette giorni, con lo scopo di creare il proprio gruppo parlamentare.
Nonostante l'assenza dei deputati comunisti i rappresentanti dell'Alleanza per l'integrazione europea hanno proceduto con i lavori ed hanno eletto il presidente del Parlamento, essendo titolari della maggioranza parlamentare necessaria per l'elezione. Incarico per cui è stato scelto il leader del Partito liberale Mihai Ghimpu, in conformità all'accordo già in precedenza raggiunto all'interno dell'Alleanza.
Ma il Partito dei comunisti ha immediatamente fatto ricorso presso la Corte costituzionale sostenendo che l'elezione del presidente del Parlamento prima della formazione dei gruppi parlamentari era da ritenersi costituzionalmente illegittima.
I giudici della Corte sulla questione si sono divisi equamente, metà hanno votato per la conformità alla costituzione e metà contro. In questi casi la procedura prevede che il ricorso di incostituzionalità venga respinto e di conseguenza l'elezione di Ghimpu è stata ritenuta valida. E non vi sarà possibilità di fare appello.
Intanto stanno suscitando grande dibattito le dichiarazioni rilasciate da Vladimir Voronin, Presidente ad interim della Moldavia, durante l'incontro del comitato centrale del Partito dei comunisti, tenutosi la settimana scorsa. Voronin ha affermato che il 14 di settembre prossimo rassegnerà le proprie dimissioni dalla carica di Presidente e sceglierà l'incarico di semplice deputato, essendo obbligato per legge a scegliere tra una delle due cariche.
"Come presidente del Partito dei comunisti, in questa situazione delicata per il Paese, non voglio rimanere in una posizione ambigua, come quella di presidente provvisorio della Repubblica. Questa è la ragione che mi porta a scegliere la carica di deputato e di essere in prima linea con il mio partito", ha dichiarato Vladimir Voronin.
Se ciò dovesse accadere Mihai Ghimpu, presidente del Parlamento, diverrà presidente ad interim e ciò fornirà all'Alleanza per l'integrazione europea la possibilità di nominare e formare senza ostacoli il governo. Alla carica di primo ministro sarà nominato con tutta probabilità Vlad Filat, leader del Partito liberal-democratico. In questo modo viene messo a punto il trasferimento di potere dal Partito dei comunisti all'Alleanza per l'integrazione europea. La possibilità di ulteriori elezioni parlamentari anticipate rimane però ancora tutt'altro che scongiurata.
Perdendo il controllo sul Parlamento, l'unica possibilità per il Partito dei comunisti di influenzare la creazione del nuovo governo è infatti quella di prendere in considerazione l'ipotesi di boicottare l'elezione del Presidente della Repubblica. All'Alleanza mancano otto voti per eleggere il Presidente, ma i suoi vertici si dicono ottimisti, nella convinzione che i comunisti non faranno mancare i loro voti a Marian Lipu, leader del Partito democratico, ex presidente del Parlamento ed ex membro del Partito comunista.
In questo contesto molti analisti politici ritengono che sia nell'interesse del Partito dei comunisti non arrivare a nuove elezioni parlamentari boicottando l'elezione del Presidente della Repubblica perché rischierebbero di andare incontro ad una sconfitta elettorale ben maggiore di quella precedente.
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