Il porto di Giurgiulești, attraverso un sistema di canali, rappresenta l'unico accesso al mare della Moldavia. Tutto intorno, però, c'è il vuoto
L'estremo confine sud della Moldavia è una striscia di terra di circa 500 metri che divide il territorio rumeno da quello ucraino. Da un lato alcune case in costruzione, e un'area verde abbandonata, dove sorgeva il vecchio stadio, segnano l'inizio del villaggio di Giurgiulești. Dall'altro lato una recinzione delimita la “Free economic zone” del porto internazionale. Siamo nel punto in cui le acque del fiume Prut sfociano in quelle del Danubio, che da lì a poco sfocia nel Mar Nero. Questo è l'unico accesso al mare dello stato moldavo (acquisito in seguito a un trattato territoriale con l'Ucraina), su cui si estende il Giurgiulești International Free Port (GIFP).
Entrato in funzione a ottobre del 2007, il porto è stato costruito grazie al sostegno della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo. Considerando le restrizioni imposte dalla Russia alla Moldavia, in questi anni sta diventando uno dei centri nevralgici dell'economia moldava, in cui sono stati investiti circa 63 milioni di dollari. Da qui infatti si dipanano commerci internazionali di prodotti agroalimentari e petrolchimici in costante crescita. Il volume degli scambi commerciali, nella prima parte del 2015, ha raggiunto i 138 milioni di euro, e 130 navi sono passate per il porto. Si tratta anche di un'importante fonte di posti di lavoro, con 417 dipendenti che ricevono un salario generalmente sopra la media nazionale.
I vantaggi
Seppur di piccole dimensioni, che non consentono il passaggio di ogni tipo di nave, il porto si trova in posizione strategica all'incrocio di molte rotte est-ovest e intrattiene rapporti commerciali con circa 50 paesi. La disponibilità di un sistema ferroviario sia di tipo europeo che russo (diverse dimensioni dei binari) consente poi connessioni che in altre aree portuali non sarebbero possibili. Ma sono soprattutto i bassi costi di produzione, e il particolare regime fiscale e legislativo moldavo, ad attrarre i potenziali partner.
"Il quadro legislativo che regola l'attività del porto è stato adottato senza che vi fosse esperienza pregressa in tale ambito. C'è quindi un costante dialogo con le istituzioni affinché ogni nuova questione che sorge venga regolamentata” spiega Irina Burunsus, responsabile del marketing e delle pubbliche relazioni presso Danube Logistics, principale azienda e investitore operante nel porto.
Il fatto che la Moldavia non avesse un accesso diretto a collegamenti con il mare prima dell'accordo stipulato con l'Ucraina fa sì che la supervisione delle varie attività marittime (trasporti, registrazione delle navi, controllo delle condizioni tecniche delle imbarcazioni) sia divisa fra diversi enti. Questo ha creato alcuni scandali diplomatici in passato, come la concessione (in seguito ritirata) del vessillo moldavo a 12 navi cargo iraniane nel 2012 con in vigore un embargo dell'Unione europea sulle importazioni di grezzo dal paese mediorientale. Perciò, una delle necessità più urgenti, evidenziata dagli stessi enti pubblici che amministrano ora il porto, è l'istituzione di un'autorità centrale che possa valutare in breve tempo qualsiasi problematica concernente le operazioni marittime.
Scarse infrastrutture
Ma l'ostacolo principale allo sviluppo dell'area è forse la mancanza di infrastrutture sufficientemente adeguate.
La via che arriva all'entrata del porto è un lungo viale parzialmente asfaltato, che attraversa il piccolo villaggio di Giurgiulești (3.000 abitanti circa, nel distretto di Cahul) e ne costituisce praticamente l'unica strada transitabile.
Il contrasto è abbastanza netto: dalla fitta “giungla” di moderni container e condotti si passa nel giro di pochi metri a una linea di vecchie abitazioni attorniate per lo più da terreni agricoli. “La maggior parte delle persone vive di agricoltura o allevamento”, ci racconta il sindaco, Tatiana Gălăţeanu. “È però vero che molti residenti sono stati assunti al porto, e questo ha determinato anche il ritorno di chi aveva lasciato il villaggio per cercare lavoro nella capitale, invertendo la tendenza allo spopolamento”.
La piccola struttura comunale è un edificio ben tenuto che impiega 5 dipendenti. Insieme ad una scuola recentemente restaurata, a una chiesa il cui campanile crollato è ancora in attesa di ricostruzione e a un museo di cultura locale, costituisce il centro cittadino. Qui si alterna il passaggio di sparuti pedoni, di alcune vetture private ma soprattutto di camion-merci di grosse dimensioni che si dirigono verso il porto. “Il fatto che tutto il traffico passi dall'unica strada del villaggio è un problema per noi, e lo facciamo ripetutamente presente al governo centrale - continua il sindaco. Le abitazioni risalgono agli anni '50 o '60 e vengono investite da forti vibrazioni ogni volta che passa un camion. La strada è nazionale, per cui non è sotto il nostro diretto controllo. C'è comunque un progetto per la costruzione di un collegamento alternativo con il porto, che dovrebbe partire l'anno prossimo e che sarebbe un vantaggio per tutti: meno traffico nel villaggio e migliori connessioni commerciali”.
Merci sì, turismo no
La zona portuale apre dunque nuove opportunità per Giurgiulești, ma tali opportunità sembrano ancora lontane dal concretizzarsi. In generale, lo sviluppo del villaggio si trova bloccato dalla forte centralizzazione amministrativa del sistema moldavo, che si traduce in carenza di risorse e scarsa influenza politica delle aree rurali. Se infatti il porto sta attirando un numero sempre crescente di investimenti, è altrettanto vero che questi vengono condizionati dalle caratteristiche della regione circostante.
La generale mancanza di infrastrutture, e il piccolo bacino di potenziale manodopera del sud della Moldavia, fanno sì che gli investimenti rimangano limitati, al contrario di ciò che magari accade nei distretti più industrializzati della capitale o di Bălți (dove ha delocalizzato la grossa ditta tedesca di componenti automobilistiche Dräxlmaier, per esempio).
Al momento sono praticamente inesistenti strutture ricettive per chi dovesse passare da Giurgiulești, e le poche attività commerciali (che si riducono a qualche negozio di alimentari), servono esclusivamente i bisogni di chi è già residente nel villaggio. Anche per questo, il tentativo di aprire una rotta turistica è durato solo due anni. Nel 2009, infatti, lo stato moldavo aveva deciso di realizzare una linea di crociere dirette verso Istanbul, che però non raggiunse un sufficiente numero di passeggeri per restare funzionante.
Al contrario, le visite d'affari e istituzionali si intensificano (nell'area è anche presente uno spiazzo per l'atterraggio di elicotteri privati), portando le relazioni dell'area portuale fino alla Cina: ad esempio è stato avviato un progetto economico che intende rendere nuovamente attiva la vecchia via della seta (New Silk Road), di cui il porto di Giurgiuleşti sarà una delle tappe europee.
Così, mentre sul lato della strada che degrada verso il mare si stringono accordi e si pianificano azioni per il futuro, al ritmo di moderni macchinari che trasportano 800.000 tonnellate di merci all'anno, sulla terraferma il tempo scorre ancora lentamente, simbolo di una Moldavia che vede in lontananza il progresso economico, senza avere ancora i mezzi per raggiungerlo.
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