In Montenegro sembra proprio che il teatro faccia paura, soprattutto se ad andare in scena è un gruppo di artisti che critica il potere. A Podgorica è stato vietato lo spettacolo di Zlatko Paković "Pier Paolo Pasolini mette in scena il Giudizio universale". Ma, come spiega l'attore Slaviša Grubiša in questa intervista, lo spettacolo si terrà lo stesso
(Originariamente pubblicato da Vijesti , il 13 ottobre 2022)
Dopo un periodo turbolento che ha coinciso con la fase di produzione dello spettacolo Pjer Paolo Pazolini režira Strašni sud [Pier Paolo Pasolini mette in scena il Giudizio universale], finalmente sappiamo che gli spettatori potranno assistere alla prova generale il prossimo 22 ottobre alle ore 22.00 [nel frattempo la data della prova è stata anticipata a venerdì 21 ottobre alle ore 21.00, ndt]. Le chiedo subito: la scelta di presentare lo spettacolo proprio alla vigilia delle elezioni locali [domenica 23 ottobre in Montenegro si terranno le elezioni amministrative nella capitale Podgorica e in altri tredici comuni] ha una valenza simbolica?
Certo, abbiamo scelto quella data per un motivo preciso o, come ha detto lei, simbolico. Penso che lo spettacolo debba essere portato in scena prima delle elezioni locali, non perché contenga qualche elemento spettacolare e provocatorio, bensì perché, a causa di alcune azioni assurde intraprese dall’amministrazione comunale, ha suscitato tutto questo clamore. Considerando suddette azioni, noi che abbiamo realizzato lo spettacolo riteniamo di doverlo presentare prima delle elezioni.
Come commenta il fatto che l’Assessorato alla Cultura e allo Sport del comune di Podgorica ha deciso di revocare il proprio sostegno alla produzione dello spettacolo? Secondo lei, si tratta di un tentativo di limitare la libertà di espressione artistica oppure di un vero e proprio tentativo di censura?
Entrambe le cose, credo. Inizialmente [i rappresentanti del comune] hanno cercato di limitare la nostra libertà artistica, intervenendo durante le prove dello spettacolo con l’intento di distogliere l’attenzione dalle questioni attuali, questioni che riguardano il momento in cui viviamo. Andati a vuoto questi tentativi, hanno cercato di ostacolare il nostro lavoro facendo “sparire” improvvisamente i soldi destinati [dal comune] alla realizzazione dei costumi e della scenografia. Mettendo in atto questo secondo tentativo di impedirci, in modo subdolo, di proseguire nella creazione dello spettacolo evidentemente hanno pensato che, se fossimo rimasti senza le risorse necessarie per la realizzazione del materiale di scena, avremmo mollato tutto. La nostra squadra però ha deciso di continuare a lavorare, contrariamente a quanto si aspettava l’assessorato. Alla fine ci hanno cacciati dai locali in cui stavamo lavorando per lo spettacolo, motivando tale decisione col fatto che il regista avrebbe trattato temi diversi da quelli concordati, anche se non c’è mai stato alcun accordo [con l’assessorato] sui temi da affrontare nello spettacolo.
Ad ogni modo, c’è anche un aspetto positivo di questa vicenda riguardante la cancellazione dello spettacolo, aspetto che dobbiamo tenere in considerazione, ossia il fatto che le élite politiche, dopotutto, temono il teatro.
Il regista Zlatko Paković sul suo profilo Facebook ha più volte svelato la (potenziale) trama dello spettacolo. Forse qualche dettaglio della trama ha dato fastidio all’assessorato, spingendolo a revocare il proprio sostegno alla produzione dell’opera?
Abbiamo sviluppato la trama dello spettacolo attraverso un’attività di ricerca e il regista sin dall’inizio ha avuto una chiara idea sulla direzione da seguire. Ciò che ha dato fastidio all’amministrazione comunale è l’apparizione nello spettacolo del personaggio di presidente del Montenegro. Lo dimostra chiaramente il fatto che abbiamo lavorato e svolto le prove senza alcuna difficoltà fino a quando sulla scena non è apparso il presidente del Montenegro.
Come spiega il fatto che inizialmente l’Assessorato ha sostenuto la produzione dello spettacolo, per poi decidere di revocare il sostegno?
Devo ammettere che in un primo momento ero rimasto sorpreso dall’invito a partecipare ad un progetto finanziato dall’Assessorato alla cultura del comune di Podgorica. Credevo che l’Assessorato, in quanto organismo di potere, non potesse prendere parte alla produzione di uno spettacolo teatrale. Ora mi sembra che l’intera iniziativa sia stata pensata come parte integrante della campagna elettorale, per promuovere l’amministrazione comunale. Evidentemente anche la scelta di un’opera che ha a che fare con Pasolini non è stata casuale. L’Assessorato ha fatto un unico passo “sbagliato”: invece di ingaggiare gli artisti di corte che volentieri chiudono un occhio davanti alla distruzione del Montenegro e della sua cultura, una distruzione che si protrae ormai da tre decenni, l’Assessorato ha coinvolto nello spettacolo un gruppo di artisti che non hanno mai voluto stare zitti. Come ho già detto, la stessa cancellazione, ossia il divieto di proseguire nella realizzazione dello spettacolo, significa che qualcuno ha paura del teatro, fatto che, in fondo, mi rende molto felice.
Oltre all’eccellente troupe, composta da attori noti – come anche lei stesso ha sottolineato – per il loro spirito ribelle e la prontezza a difendere la libertà di espressione artistica, chi conosce la scena teatrale della regione post-jugoslava sa chi è e come lavora il regista Zlatko Paković. Stupisce quindi la spiegazione fornita dall’Assessorato, secondo cui il tema dello spettacolo è “inadeguato” e diverso da quello che ci si aspettava. Anche rispondendo alle domande dei giornalisti di Vijesti, l’Assessorato ha affermato che “il contenuto del testo drammaturgico non corrisponde a quello richiesto”, come se si trattasse di un’opera d’arte commissionata. Cosa ci dice questo atteggiamento?
In Montenegro evidentemente ancora oggi esiste un’arte su commissione. La spiegazione fornita dall’Assessorato fa intendere che la prassi di ordinare i temi, i titoli e i contenuti delle opere d’arte esiste ancora. Personalmente ritengo che si tratti di una prassi sistematica e organizzata. Non so però come abbiano pensato di ottenere uno spettacolo su commissione da un gruppo di artisti guidati da Zlatko Paković.
In Montenegro quasi non esiste un teatro politico, né tanto meno un teatro alternativo, e la scena indipendente sta scomparendo. Qual è la situazione del teatro nel nostro paese? Come viene percepita l’arte teatrale? Esiste una certa tendenza all’autocensura e alla censura (in)diretta, ossia la tendenza a controllare la libertà di espressione artistica?
Penso che, prima ancora della censura, esista una certa autocensura. Quello a cui assistiamo in questi giorni è il primo caso della classica censura, praticamente abbiamo un atto scritto che testimonia la censura. So che durante la realizzazione di alcuni spettacoli – messi in scena nei teatri statali - presumibilmente impegnati dal punto di vista politico e sociale si è stati ben attenti a non esagerare con le critiche che si riteneva potessero in un certo senso danneggiare il regime. In alcuni casi gli attori hanno deciso di autocensurarsi, in altri invece sono stati i direttori dei teatri coinvolti a suggerire agli artisti che sarebbe stato meglio evitare di includere certe cose nello spettacolo. Quindi, esiste una sorta di controllo.
Un altro problema riguarda il fatto che sono davvero pochi gli spettacoli che affrontano i veri problemi della nostra epoca e della nostra società. Ho l’impressione che gli artisti drammatici abbiano perso la fiducia nella possibilità di cambiare, con il loro impegno artistico, lo stato di coscienza dell’intero popolo. La strada è lunga e impervia, ma il cambiamento è possibile.
Come si sono svolte le prove e come avete portato avanti la realizzazione dello spettacolo dopo la revoca del sostegno statale? Avete subito pressioni? Avete pensato di rinunciare all’intenzione di mettere in scena lo spettacolo?
Ho trovato le prove molto interessanti sin dall’inizio perché abbiamo riflettuto sui nostri problemi e su come Pasolini, se oggi potesse recarsi in Montenegro, avrebbe affrontato questi problemi. È stata un’esperienza molto stimolante, con molte discussioni e riflessioni, fino a quando non abbiamo cominciato a parlare delle persone che per trent’anni hanno governato il nostro paese. A quel punto sono iniziate le pressioni e il principale bersaglio è stato il regista. Ad un certo momento, una decina di giorni prima della cancellazione dello spettacolo, c’è stato un primo tentativo di sospendere l’intero progetto. [I rappresentanti dell’assessorato] hanno fatto sapere al regista che non ci sono soldi per la scenografia e per i costumi, evidentemente sperando che avremmo rifiutato di continuare a lavorare in tali condizioni. Ma all’interno della nostra squadra c’era una forte volontà e il desiderio di proseguire nella realizzazione dello spettacolo, anche senza scenografia e costumi, e il regista ha comunicato la nostra decisione all’Assessorato. Ciononostante, una decina di giorni dopo, nel bel mezzo di una prova, ci hanno consegnato la notifica della sospensione del lavori dello spettacolo. Da quel momento in poi abbiamo dovuto arrangiarci da soli per trovare uno spazio dove tenere le prove. Come ha detto Peter Brook, il teatro può essere creato in qualsiasi spazio vuoto.
Come commenta le reazioni all’intera vicenda, non solo la reazione dell’opinione pubblica, ma anche quella dei media, dei colleghi e delle istituzioni culturali, compreso il ministero competente? Cosa ci dicono queste reazioni, o l’assenza delle stesse, sullo stato di salute dell’arte in Montenegro, sulle libertà e sulla percezione dei tentativi di mettere i discussione i confini dell’espressione artistica?
A parte una manciata di media e alcuni scrittori ed editorialisti montenegrini che hanno commentato la vicenda, non c’è stata praticamente alcuna reazione. Quello che mi preoccupa di più, anche se, purtroppo, non mi stupisce, è la totale assenza di reazioni da parte dei colleghi artisti. A parte un paio di chiamate, ricevute dai colleghi che frequento anche nella vita privata, e un’intervista pubblicata sul vostro quotidiano, non c’è stata assolutamente alcuna reazione, ed è il segnale che in Montenegro il teatro è fallito nella sua missione e che la riflessione artistica, intesa come una critica delle anomalie sociali, di fatto non esiste. Nel 2022, in Montenegro uno spettacolo viene vietato e gli artisti non reagiscono.
Come riassumerebbe il tema dello spettacolo Pier Paolo Pasolini mette in scena il Giudizio universale? Cosa può aspettarsi il pubblico?
Lo spettacolo parla della lotta per l’anima e di come combattere la voglia di potere nell’intimo dell’anima. Il pubblico avrà l’occasione di vedere uno spettacolo sincero, che in sostanza non contiene nulla di provocatorio, solo la verità.
Cosa ci dice l’intera vicenda sulla società montenegrina, sua dal punto di vista artistico che politico? Ritiene che qualsiasi artista in Montenegro possa trovarsi in una simile situazione? Allora cosa può aspettarsi un cittadino comune di questo paese?
Le vicende come questa dimostrano che, come società, non siamo maturi né dal punto di vista artistico, né da quello politico, né tanto meno da quello culturale. Non importa se si tratta di un artista rinomato, meno rinomato o non rinomato affatto. Ciò che importa è non toccare i potenti e la loro ricchezza, accumulata rubando. È una regola sacrosanta, e noi l’abbiamo calpestata.
Dopo la prima presentazione dello spettacolo che sarà trasmessa in streaming, possiamo aspettarci anche una vera e propria messa in scena a cui potrà partecipare il pubblico?
Certo. Credo che uno dei principali motivi per cui lo spettacolo è stato vietato sia legato proprio al fatto che doveva essere messo in scena nel bel mezzo della campagna elettorale. E uno spettacolo come questo non giova a nessun partito politico.
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