Il primo ministro Milojko Spajić © Alexandros Michailidis/Shutterstock

Il primo ministro Milojko Spajić © Alexandros Michailidis/Shutterstock

Rimpasto di governo in Montenegro la scorsa settimana. Voluto dal primo ministro Milojko Spajić e approvato dal parlamento, il nuovo esecutivo è il più numeroso della storia del paese. Per il premier si tratta di un governo di riconciliazione e stabilità, per l'opposizione una mera corsa alle poltrone

29/07/2024 -  Aleksandra Mudreša

(Originariamente pubblicato dalla Deutsche Welle , il 24 luglio 2024)

Lo scorso 23 luglio il parlamento di Podgorica ha approvato il rimpasto di governo proposto dal primo ministro Milojko Spajić. È nato così il quarantaquattresimo esecutivo montenegrino, il più numeroso dall’introduzione del multipartitismo, composto da ventisei ministri. Di questi due ricoprono anche la carica di vicepremier, a cui poi si aggiungono altri cinque vicepremier.

Oltre agli esponenti dei partiti che facevano parte dell’esecutivo precedente - il Movimento Europa adesso (PES), i Democratici e i partiti della minoranza albanese – nel nuovo governo sono entrati il Partito bosgnacco (BS, centro-destra) e due forze filo-serbe dell’ex Fronte democratico (DF), ossia il partito Nuova democrazia serba (NSD) e il Partito popolare democratico (DNP).

Presentando il nuovo esecutivo, il premier Spajić ha dichiarato che si tratta di un governo di “riconciliazione storica” che, godendo del sostegno di quasi due terzi del parlamento, sarà “garante della stabilità”.

“Stiamo diventando un esempio virtuoso per l’intera regione di come i serbi, i bosgnacchi, gli albanesi e i montenegrini possano convivere e cooperare”, ha affermato il premier rivolgendosi ai deputati.

Verso l’etno-federalizzazione del Montenegro?

Affermazioni che non hanno però convinto l’opposizione. Secondo Miloš Konatar, deputato del parlamento di Podgorica eletto tra le fila del movimento URA, attualmente all’opposizione, a influenzare la formazione del nuovo governo, oltre al premier Spajić, è stato Andrija Mandić, presidente del parlamento e leader del NSD.

“Ormai non vi è alcun dubbio – spiega Konatar – che è nato un nuovo blocco politico guidato dall’ex Fronte democratico, ossia da Mandić. Per essere chiari, anche il PES e i Democratici fanno parte di questo blocco conservatore di destra. Penso sia un bene che le cose si stiano finalmente chiarendo”.

Per Milan Knežević, leader del DNP – partito che nelle trattative per la formazione del nuovo esecutivo è riuscito ad accaparrarsi due poltrone, una ministeriale e l’altra da vicepremier – il rimpasto di governo “ha intaccato la folle idea” secondo cui i serbi [del Montenegro] non possono far parte del potere esecutivo. “Non abbiamo ceduto di un millimetro rispetto ai nostri principi”, ha affermato Knežević, aggiungendo che molti gli hanno suggerito di “rinunciare alla lingua e alla Chiesa serba” per entrare più facilmente nel governo.

Alla domanda se l’ex Fronte democratico e il Partito bosgnacco (BS) abbiano tradito i loro sostenitori entrando a far parte della coalizione di governo, Srđan Perić, leader del movimento extraparlamentare Preokret [Svolta], risponde affermando che, pur poggiando su basi identitarie diverse, sia le forze filo-serbe che quelle bosgnacche sono ideologicamente orientate a destra, e quindi guidate da logiche simili.

“Ci stiamo avviando verso una federalizzazione del Montenegro su base etnica”, sostiene Perić. “Vediamo che si stanno stringendo alcune alleanze che non necessariamente intraprenderanno subito la strada della federalizzazione, però in futuro accordi strategici in tale direzione potrebbero diventare realtà”.

Ervin Ibrahimović, leader del BS e nuovo ministro degli Esteri, sostiene invece che il suo partito non cerchi sostegno né a destra né a sinistra.

“Chi si chiede cosa ci faccia il BS nel governo non vuole bene al Montenegro”, afferma il neo-ministro. “I cittadini ci credono, tutti questi discorsi sono inutili. Abbiamo fatto tante cose. Abbiamo lottato per l’indipendenza, contribuendo poi all’adozione della Costituzione; ci siamo impegnati per entrare nella NATO e ora proseguiamo verso l’UE. Se non fosse stato per il BS, il Montenegro oggi sarebbe uno stato indipendente, con una propria Costituzione, e membro della NATO? No. Credetemi, i montenegrini, come anche i serbi e i croati, rispettano il BS. I cittadini si fidano del nostro partito. Alle prossime elezioni politiche, tra tre anni, sicuramente conquisteremo ulteriori seggi in parlamento”.

D’altra parte, Srđan Perić sottolinea che la destra sta trionfando in Montenegro anche perché alcuni esponenti dell’attuale compagine governativa – come Aleksa Bečić, leader dei Democratici, e Milan Knežević, leader del DNP – hanno tradito la parola data. Se in passato giuravano che si sarebbero opposti all’entrata del Partito bosgnacco nella nuova maggioranza, o addirittura che sarebbero usciti dal governo nel caso in cui i bosgnacchi fossero entrati a farne parte, ora Bečić e Knežević cercano di motivare il cambio di passo fornendo spiegazioni tutt’altro che convincenti.

“In Montenegro – spiega Perić – le autentiche forze civiche sono sempre state soffocate e sminuite, prima dal Partito democratico dei socialisti (DPS, al potere dal 1990 al 2020), poi anche da altri attori politici e funzionari pubblici. Questa tendenza ha portato ad un altissimo tasso di astensionismo tra i sostenitori delle istanze civiche – cittadini che non vogliono dare il proprio voto ai vecchi partiti, ma restano fuori dall’orbita delle nuove forze politiche che faticano ad intercettarli”.

Un governo troppo grande

Il nuovo esecutivo guidato da Milojko Spajić è composto da trentadue membri ed è il più numeroso nella storia del multipartitismo in Montenegro. Volendo fare un confronto, il primo governo dopo il cambio di potere nel 2020, guidato da Zdravko Krivokapić, contava dodici ministri e un solo vicepremier. Nella seduta di insediamento, il nuovo governo ha deciso di aumentare anche il numero di sottosegretari da 36 a 54.

Il premier Spajić ha a più riprese promesso ai cittadini che il Montenegro diventerà la “Svizzera dei Balcani” e la “Singapore d’Europa”. È curioso notare come il nuovo governo guidato da Spajić conti molti più ministri non solo del governo svizzero e quello di Singapore, ma anche di quello cinese.

Per Srđan Perić, i ministeri vengono considerati un bottino e si esagera nel crearne di nuovi proprio per soddisfare le richieste di singoli leader politici.

“Va inoltre sottolineato che i partiti dell’ex Fronte democratico facevano parte del governo anche prima del rimpasto, anche se non avevano poltrone ministeriali”, spiega Perić, “quello appena formato sarà un governo partitocratico, ogni partito che ne fa parte cercherà di piazzare i propri quadri nelle posizioni chiave. Non ci vuole molta intelligenza per capire che i nuovi ministri ricorreranno ampiamente ad un retorica nazionalista per evitare di parlare della mancanza di risultati tangibili, promessi durante la campagna elettorale”.

Anche per Miloš Konatar, deputato dell’opposizione, il nuovo governo è stato creato calpestando tutti i principi, per mere ragioni di poltrone e favori. Per questo, secondo Konatar, è destinato a fallire sin dall’inizio.

“Il fatto che nel palazzo del parlamento, come anche nella sala riunioni del governo, non ci sia posto per tutti i ministri illustra al meglio la struttura del nuovo esecutivo. È stato creato anche un ministero, del tutto assurdo, per la cooperazione con il parlamento. Bastava guardare i volti dei deputati che hanno votato a favore di questo governo. Pur vergognandosi, hanno comunque schiacciato il pulsante”, conclude Konatar.

Le preoccupazioni degli USA

L’ambasciata statunitense a Podgorica si è detta preoccupata per la composizione del nuovo esecutivo montenegrino in cui sono entrati alcuni partiti e leader politici che non condannano l’aggressione russa all’Ucraina e si oppongono a sanzioni dell’UE contro Mosca.

“Da alleato e partner stretto del Montenegro, gli Stati Uniti continueranno a sostenere e riconoscere azioni costruttive del parlamento e del governo, denunciando però le iniziative che, essendo contrarie ai valori euro-atlantici, mettono a repentaglio progressi tangibili compiuti dal paese nel suo percorso di integrazione europea”, hanno dichiarato i rappresentanti dell’ambasciata in un’intervista rilasciata a Radio Slobodna Evropa.


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