Dopo le indicazioni fornite dalla Commissione di Venezia per lo svolgimento del referendum sull'indipendenza del Montenegro, la palla passa ai politici locali, i quali dovranno trovare un ampio consenso sulle modalità referendarie
Il 16 dicembre scorso, la Commissione di Venezia, organo consultivo sostenuto dall'UE, ha discusso, in occasione della sua 65ª sessione plenaria, gli standard applicabili al prossimo referendum sull'indipendenza del Montenegro.
L'Unione Europea insiste sul fatto che il Montenegro dovrebbe seguire le conclusioni della Commissione di Venezia, la quale ha delineato le regole, in linea con gli standard internazionali, da seguire nel procedimento referendario.
Ricordiamo che in una serie di raccomandazioni presentate recentemente, l'Unione Europea ha proposto al governo montenegrino di rimandare l'annuncio ufficiale della data del referendum finché non sarà raggiunto un ampio consenso sulle modalità di svolgimento dello stesso. Altrimenti, i risultati del voto referendario non verranno accettati dalla comunità internazionale.
L'UE riconosce al Montenegro il diritto di indire un referendum sull'indipendenza, ma insiste sul fatto che il governo montenegrino realizzi un accordo con i partiti d'opposizione, con la Serbia e con la comunità internazionale.
Secondo quanto riporta l'emittente B92 (17 dicembre scorso) le conclusioni principali della Commissione di Venezia sono le seguenti: la legge montenegrina sul referendum è in conformità con gli standard europei, il diritto al voto non dovrebbe essere esteso ai cittadini montenegrini che vivono in Serbia, ma soltanto ai cittadini montenegrini presenti sulle liste elettorali e, infine, i partiti dovrebbero realizzare un ampio consenso sulle modalità referendarie e sulla questione della maggioranza qualificata.
Sono 3 gli emendamenti che compaiono nella Sintesi dello Schema di raccomandazioni approvato dalla Commissione di Venezia.
Il primo emendamento riguarda il paragrafo 64, dove prima il consenso di tutte le parti interessate figurava come condizione per la legittimità del referendum, mentre adesso la soluzione consensuale sulla maggioranza qualificata si limiterebbe a rinforzare la legittimità del risultato referendario, perché il raggiungimento della maggioranza qualificata significherebbe una base solida per l'indipendenza montenegrina.
E' stato modificato anche il paragrafo 39, dove prima era scritto che nella prassi la decisione sull'indipendenza di solito veniva accettata, e quindi resa legittima, dopo essere stata approvata da più del 50% degli elettori registrati. Dopo l'emendamento non compare più la parola "legittima", ma c'è soltanto una constatazione della prassi che in Europa varia da paese a paese.
Il terzo cambiamento riguarda il paragrafo 7, dove la Commissione di Venezia ha aggiunto che a prescindere dal risultato del referendum, esso dovrà essere implementato rispettando la costituzione del Montenegro. Secondo le leggi montenegrine, la decisione dei cittadini, sul cambiamento dello status del Montenegro, deve essere confermata dai deputati del Parlamento con la maggioranza di 2/3 dei voti.
Alla sessione della Commissione hanno partecipato anche Ranko Krivokapic, presidente del Parlamento del Montenegro e Velizar Kaludjerovic, rappresentante del Partito Popolare Socialista del Montenegro, il maggior partito dell'opposizione montenegrina. I rappresentanti dei due opposti schieramenti si sono detti soddisfatti della seduta della Commissione di Venezia, ma hanno fornito diverse interpretazioni delle raccomandazioni della Commissione. Mentre il presidente del Parlamento, Krivokapic, è certo che la posizione del governo sia stata sostenuta dall'approvazione degli emendamenti, Kaludjerovic ha dichiarato che nonostante gli emendamenti approvati la Commissione di Venezia rimane sulla posizione che la maggioranza qualificata sia la pre-condizione necessaria per la legittimità del risultato del referendum montenegrino.
Comunque, le parti opposte hanno concordato sulla necessità della partecipazione dell'inviato dell'UE, per facilitare il dialogo tra il governo e l'opposizione. Inoltre, il rappresentante del Partito Popolare Socialista, Kaludjerovic, ha rifiutato il dialogo diretto con il governo in merito al referendum.
Secondo quanto riporta l'emittente B92, Miodrag Vukovic, rappresentante del Partito Democratico Socialista (al governo), ha dichiarato che il suo partito formerà dei gruppi di lavoro parlamentari che lavoreranno sull'applicazione delle raccomandazioni della Commissione di Venezia. Il governo montenegrino proporrà a tutti i partiti parlamentari di delegare un rappresentante nel gruppo, che lavorerebbe sulla preparazione della legge referendaria, sulle modalità di presentazione ai media, sulle questioni finanziarie delle campagne e su altre questioni inerenti il referendum.
Vukovic ha ripetuto la posizione del governo, dicendo che il dialogo sulla organizzazione del referendum dovrebbe essere condotto all'interno delle istituzioni montenegrine, cioè nel Parlamento montenegrino, ma non è stato in grado di dire con esattezza se e quando il governo proporrà all'opposizione un dialogo in Parlamento, visto che l'opposizione rifiuta di partecipare ai lavori di quest'ultimo.
Subito dopo che è stata pubblica la relazione della Commissione di Venezia, l'Alto rappresentante dell'Unione europea, Javier Solana, ha nominato l'inviato con il compito di facilitare il dialogo fra governo e opposizione. Il quotidiano "Vijesti" del 17 dicembre scorso riporta che Solana ha deciso che l'inviato sarà l'ex ambasciatore della Slovacchia a Belgado Miroslav Lajcak.
È nell'interesse del governo avviare le trattative il prima possibile, visto che il 4 febbraio scade la Carta costituzionale dell'Unione Serbia e Montenegro, dopo di che il Montenegro avrà diritto ad organizzare il referendum sull'indipendenza. Ma per il momento mancano segnali forti sull'avvio di un dialogo tra il governo e l'opposizione. Riuscirà l'inviato di Solana a portare governo e opposizione al consenso entro questa data? Cosa succederà se le trattative dovessero fallire?
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