La presentazione della nuova edizione del libro Il giardino nero di Thomas de Waal, ha riunito a Tblisi, in Georgia, analisti e peacemakers di Armenia e Azerbaijan per discutere delle possibili soluzioni al conflitto "congelato" del Nagorno Karabakh
Nel 2003, il giornalista inglese Thomas de Waal, pubblicò un libro unico nel suo genere sul conflitto del Nagorno Karabakh, Il giardino nero (Black garden in inglese, черныи сад in russo) che esplora le origini e la storia di questo conflitto congelato, cercando di andare oltre la roboante propaganda di entrambe le parti.
Venerdì 13 giugno, la nuova edizione russa de Il Giardino nero è stata presentata dall’autore, con il supporto della ONG londinese Conciliation Resources , in una maestosa sala della Biblioteca Nazionale Parlamentare di Tbilisi. La presentazione del volume è stata preceduta da un’accesa tavola rotonda che ha riunito allo stesso tavolo Armenia, Georgia ed Azerbaijan.
In una sala colma di interessati, addetti ai lavori e giornalisti, de Waal ha dato il via alla discussione evidenziando che cosa è cambiato negli ultimi 10 anni di conflitto passati dalla prima pubblicazione del suo libro. Negli ultimi anni Armenia ed Azerbaijan sono profondamente cambiati. Mentre negli anni ’90 la prima era economicamente e militarmente più forte della seconda, ora la situazione è completamente capovolta: il PIL azero è saltato da 6 a 60 miliardi di dollari in 10 anni (2002-2012), mentre quello armeno è cresciuto “solamente” da 2 a 10 miliardi.
L’Azerbaijan spende buona parte di questi soldi in pubblicità, pubbliche relazioni e propaganda. “La guerra dell’informazione è in corso e Internet è la sua arma principale”, ha sottolineato Tabib Huseynov, Programme Manager di Saferworld ed esperto azero in peacebuilding. Huseynov ha poi evidenziato l’unicità del caso per come le negoziazioni in corso mettano d’accordo tutti gli attori internazionali coinvolti (Europa, Russia e Stati Uniti) che spingono all’unisono, tramite i lavori del Gruppo di Minsk, per una risoluzione pacifica della situazione. “Un conflitto armato avrebbe conseguenze devastanti per tutti”, ha concluso Huseynov.
La questione della risoluzione è stata poi ripresa in modo incalzante da Tatul Hakobyan, esperto armeno sulla questione. Nella sua esposizione, ha chiaramente elencato i possibili esiti della questione: una guerra, il mantenimento dello status quo, le negoziazioni, una missione di pace internazionale. Le prime due sono altamente inverosimili poiché da un lato, una guerra aperta danneggerebbe tutti gli attori coinvolti e dall’altro, lo status quo è inaccettabile per l’Azarbaijan che è umiliato dalla perdita di territori. Rimangono quindi, per fortuna, le ultime due, pacifiche, soluzioni. “La comunità internazionale dovrebbe fare due cose per avviarsi verso una conclusione pacifica: innanzi tutto chiedere ad Ilham Aliyev, presidente dell'Azerbaijan, se è pronto a riconoscere che il corridoio del Nagorno
Karabakh non faccia più parte del suo paese; poi dovrebbe chiedere a Serzh Sargsyan, presidente dell'Armenia, se è pronto a ritirare le sue truppe dal Nagorno Karabakh”. Tuttavia, secondo Hakobyan, sussistono degli ostacoli difficili da aggirare: l’atmosfera di odio e di assoluta mancanza di fiducia tra le parti e la costante presenza di cecchini che rende la situazione molto simile ad un conflitto armato . Infine, è intervenuto Mikheil Mirziashvili, co-fondatore dell’associazione giornalistica e televisiva georgiana Studio Re, che ha brevemente analizzato il ruolo della Georgia nel conflitto in Nagorno Karabakh. Dopo aver risposto alle molteplici e taglienti domande del pubblico, de Waal ha concluso riassumendo quella che secondo lui è la ragione dello stato dei fatti in Nagorno Karabakh. “E’ una questione di sicurezza. Le due parti non si sentono sicure l’una dall’altra”.
Alla presentazione de Il giardino nero, è seguita l’apertura di una mostra fotografica dei giornalisti locali Giorgi Tsagareli e Shakh Aivazov, che hanno documentato il conflitto in Nagorno Karabakh tra il 1988 e il 1994.
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