Mirela - © Lola García-Ajofrín/El Confidencial

Mirela - © Lola García-Ajofrín/El Confidencial

Un romeno su sei non è collegato alla rete idrica o fognaria. Anche in Bulgaria e nei Paesi baltici le cifre sono preoccupanti, ma la situazione sta finalmente migliorando, anche grazie ai fondi europei. Un reportage

30/10/2024 -  Lola García-Ajofrín Bucarest

(Questo articolo è stato originariamente pubblicato dalla testata spagnola El Confidencial  nell'ambito del progetto PULSE)

Un bidone di plastica blu in cortile, accanto a una gabbia di galline: è l’unico “bagno” a casa di Valentin e Mirela, una coppia romena di 57 e 52 anni residente a Podu Văleni, piccolo villaggio a circa 40 chilometri da Bucarest. Entrambi soffrono di epilessia. “In questo paese le persone disabili non contano”, si lamenta Valentin.

“Odio questo posto”, aggiunge Mirela mentre ribalta una vecchia pentola di latta e ci si siede sopra. Indossa una maglietta a fiori e un paio di leggings. Ci sono cartoni alle finestre, una stufa, due materassi e, intorno, numerosi barattoli di medicinali. Appesi al muro un mestolo di plastica, immagini di santi, un paio di forbici e un orologio. Un fornello alimentato da una bombola a gas fa da cucina. Fuori, un’auto arrugginita, vecchi rottami e una bicicletta che Valentin usa per andare a fare la spesa. E il bagno? Non esiste. 

Come Valentin e Mirela, quasi altri tre milioni di romeni non hanno un bagno in casa. Secondo i dati Eurostat più recenti , relativi al 2023, in Romania una persona su sei (15% della popolazione) vive ancora senza un bagno collegato alla rete idrica e fognaria. Sebbene il dato sia in calo rispetto al 2020 (23%) e dimezzato rispetto al 2017 (30%), la situazione rimane allarmante. “In queste famiglie vivono molti bambini e anziani, sono zone estremamente povere. È il caso di Tonciu, un villaggio nella regione di Mureș, in Transilvania”, racconta una persona che lavora nel settore sanitario ma che preferisce restare anonima.

Il problema riguarda anche le scuole. In questo anno scolastico, iniziato il 9 settembre, sono settanta le scuole in Romania con “bagni inadeguati”, come dichiarato dalla ministra dell'Istruzione Ligia Deca. In molti casi, si tratta di una semplice cabina di legno con latrina nel cortile dell’istituto.

Nonostante i notevoli passi in avanti effettuati negli ultimi anni, anche in Bulgaria (10% per cento), Lettonia (6%) e Lituania (5%) centinaia di migliaia di persone vivono ancora senza un bagno in casa. Durante la pandemia da Covid-19, mentre molti europei facevano scorta di carta igienica, l’1,8 per cento della popolazione dell’Ue, circa otto milioni di persone, non aveva accesso a un bagno con scarico.

Povertà e piccole gioie

La storia di Valentin e Mirela è una di quelle vicende quasi invisibili, ai margini della società. Valentin era occupato come meccanico e guardiano, ma dopo il secondo infarto è stato riconоsciuto inabile al lavoro. Mirela soffre di problemi mentali. Sono stati sfrattati dall’appartamento dove vivevano in affitto quando è stato messo in vendita.

Dice che hanno una figlia, “che è stata portata via dai servizi sociali”. Ricevono circa 1.780 Lei al mese ciascuno (circa 350 euro) dallo Stato romeno, con cui si pagano le medicine, l’elettricità e il cibo. Quando si sente depresso, Valentin ascolta musica classica sul suo telefono: “mi calma la mente”, spiega sorridendo, “soprattutto Clayderman, Chopin e Hector Berlioz”. Tracce di un'educazione giovanile che è sfumata. Per Mirela, “la mia unica gioia sono i gattini”. Ne hanno otto, più cinque cuccioli.

© Lola García-Ajofrín/El Confidencial

Secondo Sarika Saluja, direttrice della World Toilet Organization (WTO), “il problema del risanamento resta critico in paesi come Romania, Bulgaria e Lituania”, a causa di “disuguaglianze socio-economiche, infrastrutture inadeguate e isolamento delle aree rurali.” Aggiunge: “La Romania è rimasta indietro a causa della mancanza di investimenti nelle infrastrutture e nei servizi pubblici rurali”.

Secondo l’Istituto nazionale di statistica romeno, nel 2022 solo il 59% della popolazione del paese era collegata a un sistema di raccolta delle acque reflue; le altre persone dovrebbero provvedere da sé a collegarsi alla rete. “È gente a cui spesso mancano pure il cibo, l’acqua o l’elettricità: come possono mai pensare di ristrutturare il bagno?”, si chiede Gina Neacșu dell’associazione Fabrica de Daruri, che assiste i bambini delle famiglie in difficoltà in Romania. 

Migliori condizioni igieniche

Una direttiva europea impone che negli insediamenti con più di duemila abitanti almeno il 98 per cento delle acque reflue venga trattato tramite sistemi centralizzati. Le latrine nel cortile sono un ambiente fertile per i batteri: aumentano il rischio di infezioni alle vie urinarie e i disagi nella gestione dell’igiene mestruale, e più in generale i pericoli per la salute pubblica, avverte Sarika Saluja.

Nel 2017 la Commissione europea ha sollecitato la Lituania a eliminare le latrine esterne alle abitazioni e a migliorare la gestione delle acque reflue. Da allora “stiamo lavorando con i comuni e le aziende e fornendo finanziamenti”, spiega Irmantas Valūnas, consulente del Ministero dell'Ambiente lituano, citando le decine di milioni di fondi Ue che sono stati destinati alla costruzione o ammodernamento delle infrastrutture. Sono stati effettivamente realizzati dei progressi significativi: se nel 2017 il 12% delle abitazioni lituane non aveva un bagno con scarico, oggi la percentuale è scesa al 5%. 

Le ragioni dell’annosa carenza di infrastrutture adeguate sono molteplici, spiega Agne Kazlauskiene, consulente per l'ambiente e l'energia dell'associazione dei comuni lituani. Lo sviluppo delle reti fognarie e idriche è “un processo complesso” che “non è realizzabile ovunque e per chiunque lo richieda; il progetto va centralizzato e sviluppato in base alla densità demografica, alle infrastrutture e alle riforme”.

A questo si aggiunge la riluttanza di alcune persone ad accettare il cambiamento. "Anche quando vengono installate tubazioni vicino a loro, non tutti sono disposti a collegarsi alla rete pubblica", aggiunge Kazlauskiene. 

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Un problema di razzismo

Secondo i dati Eurostat, nel 2020 lo 0,4% della popolazione spagnola non aveva accesso a un bagno con scarico. Unicef stima che il 3,4% degli spagnoli e il 6,2% dei minori – ovvero più di mezzo milione di bambini – soffra di “grave deprivazione abitativa”, una condizione che include problemi come il sovraffollamento, le infiltrazioni, la mancanza di luce e l’assenza di un bagno interno. 

Cristina de la Serna Sandoval della Fundación Secretariado Gitano dice al El Confidencial che, data la percentuale ridotta, questi gruppi rimangono invisibili – ma “proprio perché sono pochi si tratta di problemi risolvibili economicamente dallo Stato”. Per De la Serna, "i dati rivelano un razzismo strutturale": dalle indagini svolte in 26 baraccopoli spagnole risulta che il 77% dei loro abitanti è rom e il 13% arabo. “La metà di loro ha meno di 16 anni”, aggiunge De la Serna. 

Anche secondo la direttrice della WTO Sarika Saluja, “manca la volontà politica di investire nel risanamento”. Esistono modelli positivi in giro per il mondo a cui sarebbe possibile ispirarsi, che per esempio sfruttano sistemi di finanziamento innovativi, come la microfinanza e la concessione di sussidi, insieme all’educazione delle persone sull’importanza della manutenzione delle strutture che vengono costruite. Saluja cita l'esempio dell'India, dove nell’ambito del progetto "Swachh Bharat" (India pulita) lo Stato ha costruito 90 milioni di servizi igienici in soli cinque anni.

Alla realizzazione di questo articolo hanno contribuito Ana Somavilla (El Confidencial, Spagna), Alexandra Nistor e David Bularca (Hotnews, Romania) e Justė Ancevičiūtė (Delfi, Lituania).

 

Questo articolo è stato prodotto nell'ambito di PULSE, un'iniziativa europea coordinata da OBCT che sostiene le collaborazioni giornalistiche transnazionali.


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