Romania alla finestra dell'Unione

Nel 2004 la Romania dovrà chiudere i capitoli negoziali ancora aperti se vuole aspirare ad entrare nell'Unione nel 2007. Ma le riforme procedono con lentezza e, nonostante il forte desiderio dei cittadini romeni di farne parte, l'UE resta ancora lontana.

13/01/2004 -  Mihaela Iordache Bucarest

La Romania si trova ancora per qualche anno in lista d'attesa in vista della futura integrazione nell'Unione Europea. Un'integrazione prevista per il 2007, molto voluta e quasi disperatamente sognata dal popolo romeno e considerata talvolta soluzione redentrice di tutte le difficoltà economiche che il Paese attraversa. In realtà la Romania continua a fare i conti con i suoi problemi economici che preoccupano in eguale misura Bucarest e Bruxelles.

Il più grande Paese dei Balcani, la Romania conta infatti 22 milioni di abitanti, riceve annualmente 685 milioni di euro per attuare le riforme necessarie all'integrazione. Queste ultime procedono però lentamente. La Commissione europea, nel suo ultimo rapporto sul Paese del novembre 2003, ha affermato che la struttura economica romena presenta ancora gravi lacune. La stessa Commissione ha poi raccomandato al governo di Bucarest di intraprendere un programma di riforme strutturali, di ridurre l'inflazione, di privatizzare ed infine di combattere la corruzione. Se la Romania continuerà e soprattutto accelererà le proprie riforme potrebbe ricevere nel 2004 lo status di economia di mercato funzionale senza la quale non riuscirebbe a chiudere i negoziati entro la fine dell'anno, condizione essenziale per la sua prevista adesione del 2007.
Quest'anno si annuncia difficile sin dall'inizio ed è stato proprio il primo ministro Adrian Nastase a sottolinearlo qualche giorno fa. Secondo Nastase "l'anno 2004 sarà un anno decisivo per il processo di integrazione della Romania in Europa e sarà un anno difficile che presuppone sacrifici, difficoltà e a volte anche sofferenze". Sacrifici, difficoltà e sofferenze stanno caratterizzando da un po' di tempo la vita dei cittadini romeni che dopo l'89 avevano nutrito grandi speranze che poi, anno dopo anno, non sono state confermate. Tutti i governi succedutisi dopo l'89 si sono proposti come principale obiettivo l'integrazione europea ma l'incoerenza e la mancanza di continuità nella conduzione dei progetti ha reso impossibile progressi significativi. Dal 2000 però la situazione è andata migliorando e qualcosa è iniziato a cambiare. Da allora la Romania sta registrando una continua crescita economica. L'anno scorso è stata del 5,2%. I principali indicatori economici potrebbero sembrare incoraggianti. L'inflazione era nel 2000 del 45,5% ed è scesa in tre anni al 14,1%. Per quest'anno il governo di Bucarest si è riproposto di ridurre l'indice dell'inflazione al 9%. Anche il tasso di disoccupazione è sceso dal 10,5 % del 2000 al 7,2% dell'anno scorso. Ciò non vuol dire che le condizioni di vita siano migliorate in modo evidente. L'economia può dare tranquillamente segni di miglioramento ma lo stipendio medio netto continua ad essere di 125 $ al mese. Secondo i dati emessi dall'Istituto Nazionale di Statistica, la maggior parte dei romeni spende lo stipendio per mangiare e per pagare le bollette.

La Romania di oggi è un Paese pieno di contrasti. Secondo alcuni luoghi comuni la Romania è povertà. Non è solo così, anche se per gran parte della popolazione questa è la realtà. In Romania molte persone hanno anche accumulato in questi anni di transizione ingenti ricchezze. La mancanza di una vera classe media fa sì però che le differenze siano talmente accentuate da divenir difficili da misurare. Lo stesso sviluppo economico della Romania è maculato, varia molto a seconda della città o regione che si prende in considerazione. Più di 10.000 aziende italiane sono presenti in Romania ma la stragrande maggioranza di loro si trova a Timisoara, concentrate quasi tutte nella zona ovest del Paese, o in Transilvania. Queste sono le zone più sviluppate economicamente. Spostandosi verso la campagna però i problemi economici si accentuano. L'agricoltura è meramente di sussistenza. Il 40% della popolazione attiva lavora nei campi anche se il contributo dell'agricoltura al PIL è solo del 17%. Mancano moderni mezzi agricoli e le proprietà sono frammentate. La legislazione attuale sostiene le grandi associazioni agricole senza però dare eguale sostegno ai singoli produttori.
L'Unione Europea ha stanziato l'anno scorso per la Romania tramite i programmi ISPA, SAPard e Phare, 600 milioni di dollari. Ma solo l'1% di questi fondi sono stati investiti in campo agricolo. Questo per due motivi: mancano progetti da finanziare e in agricoltura è stata sperimentata una grande inefficienza nell'utilizzare i fondi europei. L'agricoltura, assieme ad altri sette capitoli, è stata lasciata tra le ultime questioni da negoziare con l'Unione Europea. In attesa anche di riforme legislative per il settore agricolo, per quello zootecnico, ittico e forestale. Un punto forte nei negozianti con l'Unione Europea potrebbe essere rappresentato dall'agricoltura biologica. L'anno scorso la superficie coltivata a produzione biologica era di 57.200 ettari e si stima che nel 2004 arriverà a 75.500 ettari.

Nel 2004 il Governo di Bucarest dovrà concentrarsi per portare a termine i negoziati sugli ultimi otto capitoli dei 30 complessivi. Non sarà facile. Rimangono aperte questioni delicate quali ad esempio quelle sull'ambiente e sull'energia. Una lacuna nelle riforme si registra anche nel campo della giustizia e dell'amministrazione. Sulla giustizia pesano spesso accuse che riguardano l'ingerenza del potere politico. E rimane sempre aperta la piaga della corruzione. Per non dimenticare poi le questioni di politica estera, cruciali nel cammino della Romania verso l'Unione. Gli Stati Uniti hanno dato ancora sei mesi di tempo agli Stati che hanno firmato il trattato che conferisce l'immunità ai cittadini americani nei confronti della Corte penale internazionale per ratificare il testo dell'accordo. La Romania ha però ricevuto l'altolà da Bruxelles.
Un'altra sfida per il Paese dei Carpazi sarà senza dubbio l'adesione nel maggio dei 10 Paesi dell'Est Europa, che modificherà ulteriormente gli equilibri all'interno dell'Unione. Il 2004 sarà quindi decisivo per la chiusura dei negoziati. Le riforme dovranno continuare ad alta velocità, cosa per nulla scontata, anche considerando che il 2004 sarà per la Romania un anno elettorale ed ogni misura adottata esclusivamente per accontentare l'elettorato potrebbe compromettere il processo d'integrazione.

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