Ieri in Romania si è dimesso il premier Victor Ponta. Da mesi sotto pressione, non ha retto all'indignazione della piazza per la tragedia avvenuta in un pub di Bucarest dove il non rispetto delle norme di sicurezza ha causato 32 morti
Terremoto politico in Romania dopo che il premier socialdemocratico Victor Ponta ha dato ieri le dimissioni a seguito delle manifestazioni avvenute martedì sera a Bucarest. Nella capitale infatti 25mila persone sono scese in strada – a molti rumeni hanno ricordato i giorni della rivoluzione del 1989 - per chiedere le dimissioni del premier. A tre giorni di distanza dal rogo della discoteca “Colectiv” nel centro della capitale - dove sono morte 32 persone e 90 si trovano ancora in condizioni molto critiche negli ospedali -, nessuno si era ancora assunto la responsabilità politica di quanto avvenuto
La tragedia è stata causata da fuochi artificiali che hanno incendiato un isolamento fonico del soffitto in polistirolo. Evidente fin da subito il mancato rispetto di norme minime di sicurezza dovuto, secondo quanto denunciato da manifestanti e analisti, a mancati controlli legati a pratiche corruttive. A farne le spese i giovani della capitale. “La corruzione uccide”, “Ci avete bruciati vivi”, si leggeva sugli striscioni esposti dai manifestanti martedì sera.
Il presidente della Romania, Klaus Iohannis, era intervenuto immediatamente in seguito delle manifestazioni dichiarandosi “impressionato”: “E' una protesta di strada che nasce dal desiderio della gente di vedere rispettata la propria dignità. La gente si aspetta che qualcuno si assuma la responsabilità politica di quanto avvenuto. Il passo seguente deve essere fatto dai politici, che non possono ignorare questo sentimento di rivolta".
Dimissioni
La mattina successiva il primo ministro Victor Ponta – già sotto pressione per alcune indagini sul suo conto dove gli si contestano fatti di corruzione – ha gettato la spugna: “Sarebbe un errore ignorare la richiesta dei cittadini”. Con Ponta cade l'intero governo, compreso il ministro degli Interni Gabriel Oprea, altro politico di cui sono state chieste le dimissioni dopo la morte di un giovane poliziotto della sua scorta ufficiale, deceduto in un incidente causato da una buca mentre scortava il ministro nella capitale. Per i manifestanti anche Oprea sarebbe coinvolto in numerosi casi di corruzione e i media riportano che la magistratura avrebbe già aperto un dossier nei suoi confronti per abuso d'ufficio.
Indignazione
La strage del Colectiv ha scatenato un sentimento di protesta e indignazione da anni presente nella società romena. Lo sottolinea il giornalista Cristian Tudor Popescu, in un suo commento per la tv Digi24: "Quello che vediamo in strada è una rivolta morale, una rivoluzione morale. La gente si organizza spontaneamente e proprio in questo consiste la loro forza. Quello che è accaduto al Colectiv è una tragedia in cui è coinvolto l'intero popolo romeno.”
Dal canto suo lo scrittore Mircea Cărtărescu scrive su Facebook: "L'uomo che ha fatto il male maggiore alla Romania negli ultimi anni, Victor Ponta, ha dato le sue dimissioni. Il sistema resta invece in piedi. Seguiranno giorni decisivi. Il parlamento dev'essere sciolto e devono seguire elezioni anticipati. Resettiamo il sistema".
Anche il noto blogger-giornalista Vlad Petreanu avverte che le "dimissioni di Ponta non sono risolutive, ma potrebbero rappresentare un buon inizio. Ora dipende da noi tutti costruire, negli anni che verranno, un'alternativa, tramite la partecipazione, tramite un appoggio attivo, tramite il voto intelligente".
Su"Adevarul" Vlad Epurescu non usa mezzi termini: "Siamo stufi di voi, stufi di imposture, di stupidità, di incompetenza, di furti, di vigliaccherie. Si, ci siamo proprio stufati di voi tutti". La nota politologa Alina Mungiu Pippidi, impegnata in molti progetti che riguardano la società civile, scrive dell'esigenza di introdurre subito misure di emergenza capaci di depoliticizzare il settore pubblico e di favorire un ritorno alla meritocrazia. Inoltre, continua, gli organi di sicurezza devono occuparsi, appunto, di sicurezza e non di repressione.
La voce della società civile
Negli ultimi anni la società civile si è fatta sempre più sentire in Romania. Nel febbraio del 2012 fu dopo 20 giorni di proteste della gente - scesa in piazza nonostante le temperature sotto zero - che si dimise il premier di centro-destra Emil Boc. Nel 2013 poi aveva avuto larga eco nell'intero paese – e anche all'estero - il movimento Occupy Rosia Montana, per la tutela dell'ambiente e del patrimonio storico-artistico della Romania.
Victor Ponta era divenuto primo ministro per la prima volta ad inizio del 2012, per poi stravincere le politiche del dicembre dello stesso anno, andando però clamorosamente a perdere quelle presidenziali, nel novembre 2014: 45,49% per lui contro il 54,5% di Klaus Iohannis.
Intanto i manifestanti non si sono accontentati delle dimissioni del premier e ieri oltre 30mila persone sono nuovamente scese in piazza nella capitale, oltre a centinaia in altre città: 200 ad esempio a Parigi. “Credo nella Romania”, “Voglio una Romania in cui desidero vivere”, “Romania pulita, la corruzione uccide”, “I nonni in guerra, i genitori nella Rivoluzione, noi cerchiamo un'altra soluzione”, alcuni degli striscioni. In molti – ai media locali – hanno affermato di non voler essere beffati dalle dimissioni e che non vogliono più un governo formato da politici ma da tecnici.
La maggior parte dei manifestanti sono giovani. Su Facebook sono circolate alcune regole base da rispettare nelle manifestazioni: una di questa è quella di non provocare la polizia, anzi di chiedere alle forze dell'ordine di far allontanare qualsiasi persona violenta. Perché – si scrive - ci possono essere infiltrati, agitatori, manipolatori.
Nella manifestazione di ieri la gente si è recata davanti al palazzo Cotroceni, sede della presidenza del paese. Hanno chiesto a Iohannis di accettare solo un governo di tecnici. Si sono poi spostati davanti al palazzo del Patriarcato Ortodosso Romeno chiedendo le dimissioni anche del patriarca Daniel: perché la chiesa non è stata dall’inizio vicino né alle vittime, né ai sopravvissuti della tragedia avvenuta nel Club Colectiv.
Intanto l’agenzia di stampa Mediafax titola: ”Il mandato di Ponta è iniziato ed è finito nello stesso modo: sotto la pressione della piazza”. Tocca ora al presidente Klaus Iohannis trovare una soluzione alla crisi che rischia di destabilizzare il paese.
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