Stato d'emergenza anche per la Romania a causa del coronavirus. I romeni preoccupati della capacità del sistema sanitario locale, memori del grave caso dell'incendio della discoteca Colectiv, quando molti giovani morirono di infezioni contratte in ospedale
La Romania non è sfuggita alla diffusione del nuovo coronavirus; attualmente i contagiati sono 168, di cui nove già guariti, secondo quanto si apprende dai dati rilasciati dal ministero della Salute. È verosimile che il numero subisca un brusco aumento nei prossimi giorni, considerando l’esodo dei romeni della diaspora tornati soprattutto dal nord Italia nella scorsa settimana, creando situazioni di caos e disordine alla frontiera romeno-magiara.
Proprio in virtù della probabile crescita dei contagi nelle prossime ore, il presidente della Repubblica Klaus Iohannis ha dichiarato sabato lo stato d’emergenza nazionale, che è iniziato ufficialmente l'altro ieri, lunedì 16; sono vietate le manifestazioni pubbliche, la libertà di movimento è ridotta all’indispensabile e il ministro dell’Interno acquisirà poteri supplementari nella gestione della crisi. Scuole e università sono già state chiuse, e tutte le manifestazioni sportive sono sospese.
Nelle scorse ore la crisi epidemiologica si è intrecciata a doppio filo a quella politica: prima che Iohannis dichiarasse lo stato d’emergenza il secondo governo guidato da Ludovic Orban aveva appena giurato insediandosi nuovamente con pieni poteri a Palatul Victoria. Sebbene fosse stato sfiduciato più di un mese fa, la difficile situazione sanitaria ha spinto il presidente a rinominare Orban, chiudendo la fase di incertezza che si protraeva dall’inizio del mese di febbraio. Il nuovo esecutivo ha ricevuto persino i voti del partito social-democratico (PSD).
Il premier tra l'altro si trova già da una settimana in isolamento dopo essere venuto a contatto con un parlamentare del partito liberale rivelatosi poi positivo. Il primo tampone a cui è stato sottoposto ha escluso il contagio.
La Romania è preparata per una tale emergenza?
Ciò che davvero preoccupa i romeni è la reazione del sistema sanitario di fronte ad un possibile (e per nulla improbabile) aumento dei casi di coronavirus. Sono ancora fresche nella memoria le immagini dell’autunno 2015, quando molti dei giovani rimasti coinvolti nell’incendio del club Colectiv sono poi deceduti a causa di infezioni contratte in ospedale.
In Romania sono operativi 11 istituti e reparti dedicati esclusivamente al trattamento delle malattie infettive. Il quotidiano online Libertatea.ro nelle ultime due settimane ha condotto un’inchiesta con l’obiettivo di verificare la quantità di abbigliamento medico apposito disponibile (tute protettive, mascherine), e il grado di preparazione di fronte ad un’emergenza di tale portata. I giornalisti si sono scontrati con il muro del silenzio: solo 5 strutture su 11 hanno rilasciato dati sullo stato dei rifornimenti. Il quadro è variegato, ma non certo roseo. A Brașov si dispone soltanto di 10 tute protettive e 4,5 kg di disinfettante; a Cluj le tute sono 183, che basterebbero soltanto per cinque ricoverati, mentre i responsabili dell’ospedale per le malattie infettive di Baia Mare hanno dichiarato di disporre di materiale sufficiente soltanto a coprire due settimane di emergenza. Secondo il virologo Adrian Marinescu, per un paziente affetto da coronavirus ricoverato in ospedale senza complicazioni bisogna fornire al reparto almeno sei tute protettive al giorno.
La struttura meglio equipaggiata per far fronte alla crisi è l’istituto per le malattie infettive Victor Babeș di Timișoara, dove esiste un reparto apposito dedicato esclusivamente ai malati di coronavirus.
I tecnici del ministero della Salute hanno affermato che il sistema sanitario nazionale dispone di abbastanza posti letto da poter gestire uno scenario con 10.000 contagi. Nonostante le rassicurazioni, restano ancora molti i punti di domanda sulla reale prontezza delle strutture sanitarie.
La reazione della popolazione e lo spettro della corruzione
Negli ultimi giorni le strade di Bucarest, solitamente caotiche e disordinate, si sono notevolmente svuotate. La gente teme la diffusione del contagio, e a nulla sono valse le rassicurazioni di Iohannis sulla continuità degli approvvigionamenti alimentari e farmaceutici. Supermercati e farmacie sono state prese d’assalto, e adesso anche in Romania è diventato pressoché impossibile trovare mascherine.
Molti osservatori temono inoltre che l’emergenza possa trasformarsi in un’occasione di guadagni illeciti; nelle prossime ore verranno acquistate dal governo apparecchiature e materiale medico, senza gara d’appalto, al fine di velocizzare i tempi e si teme che questo possa favorire il diffondersi di pratiche poco trasparenti. Un medico di Baia Mare è già sotto indagine della Direzione Nazionale Anticorruzione per aver promesso ad una ditta la fornitura esclusiva dei famosi tamponi per il riconoscimento del virus previo pagamento di una tangente.
Le conseguenze economiche di una diffusione simile nei numeri a quella italiana sarebbero devastanti per un paese come la Romania, che solo qualche settimana fa è ufficialmente diventato osservato speciale della Commissione europea a causa del deficit eccessivo. L’80% delle imprese nazionali ha in media tre dipendenti, il 95% sono micro-imprese; secondo il giornalista Iancu Guda, potrebbero resistere non più di tre mesi ad un blocco totale dell’economia causato dal coronavirus.
In ogni caso, il sistema bancario romeno è stabile abbastanza da poter fornire aiuto in un momento di emergenza; la Banca Centrale Romena - come sottolinea in un editoriale Cristian Hostiuc, direttore di Ziarul Financiar - manterrà la stabilità del cambio leu/euro e garantirà la liquidità necessarie alle banche per non dover aumentare i tassi di interesse.
Si tratta ancora di previsioni e ipotesi drastiche, che potrebbero purtroppo diventare realtà nel giro di pochi giorni.
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