La Romania ha speso oltre un miliardo di euro per gli standard di sicurezza richiesti per aderire alla zona Schengen. Per Bruxelles però non è ancora sufficiente, Romania e Bulgaria non entreranno in Schengen col primo gennaio 2014

21/11/2013 -  Daniela Mogavero

L’affaire Schengen sta diventando sempre più una patata bollente in Romania. Il continuo dilazionare da parte UE la data di ingresso del paese nello spazio di libera circolazione potrebbe danneggiare sia la fiducia nell’Europa che le finanze romene, da poco ritornate sul giusto binario dopo anni di crisi nera.

Dal 2007 ad oggi, infatti, il bilancio dei fondi spesi e allocati per raggiungere gli standard di sicurezza alle frontiere romene, le più esterne dell’UE ad est, hanno superato il miliardo di euro (tra stanziamenti europei e nazionali). Un recente “ni” di Bruxelles ad un prossimo ingresso - arrivato per voce del presidente della Commissione Barroso - ha fatto scattare la molla e a Bucarest le polemiche tra il sempre presente presidente Traian Băsescu e il premier Victor Ponta non sono mancate.

Niente Schengen per il gennaio 2014

José Manuel Barroso ha dichiarato la settimana scorsa ad una tv francese che la Romania (e la compagna di avventure, la Bulgaria) non entreranno in Schengen dal primo gennaio 2014 e non ha voluto dare una “data precisa” per l’adesione. “La posizione della Commissione europea non è cambiata. Sosteniamo l’ingresso della Romania e della Bulgaria, però dobbiamo essere realisti: la decisione finale viene presa da tutti gli stati membri all’unanimità e, come sapete, ancora non è stato possibile raggiungere un voto univoco. Questo è il motivo per cui non posso dare una data precisa”, ha detto Barroso sottolineando che in molti paesi membri dell’UE la possibilità di aprire lo spazio di libera circolazione a Romania e Bulgaria è stato usato dalle “forze estremiste” come strumento di propaganda.

Data la situazione, la Romania si augura che il semestre di presidenza affidato all’Italia, proprio nel 2014, possa cambiare le sorti dell’adesione a Schengen. A confermare che Bucarest vede nell’Italia la sponda per poter fare un passo avanti, l’ambasciatore di Romania in Italia, Dana Constantinescu. "L'Italia ha sostenuto costantemente e pubblicamente la nostra adesione a Schengen ed ha approvato il modo in cui la Romania ha soddisfatto tutti i criteri", ha spiegato Constantinescu nella sua prima intervista alla stampa italiana, rilasciata a TMNews. "Come stato membro fondatore dell'UE l'Italia rappresenta senza dubbio uno dei paesi europei su cui contiamo per l'adozione quanto prima possibile della decisione sull'adesione a Schengen", ha concluso.

Basta l'Italia?

Ma l’Italia non potrà fare tutto da sola. La decisione dovrà essere presa all’unanimità e peserà, oltre alle posizioni “personali” (quelle di Francia, Germania, Finlandia e Olanda nei mesi si sono alternate, ma sono state sempre per il no), anche il nuovo rapporto sulla giustizia, vero tallone d’Achille della Romania.

E' su questo punto che si è consumato l’attacco di Băsescu a Ponta, reo, a dire del capo di stato, di “mentire” ai romeni. "Penso che dovremmo leggere in senso positivo la dichiarazione del presidente Barroso – ha esordito Băsescu - il presidente della Commissione europea non ha detto che la Romania non entrerà nell'area Schengen nel 2014, ma ha detto che la Romania e la Bulgaria non entreranno a partire dall’1 gennaio 2014". L'ingresso di Bucarest però "è legato fortemente al risultato del rapporto della Commissione sulla giustizia secondo il ‘Mechanism for Cooperation and Verification’. Nel 2012 il dibattito è stato rinviato a causa del colpo di stato dell'estate – ha spiegato il presidente alludendo in maniera assai critica all’impeachment - poi fallito - promosso nei suoi confronti da Ponta e dal suo partito - sicuramente Ponta avrà qualcosa da ridire, ma la prossima richiesta di adesione a Schengen può essere fatta soltanto se la valutazione dell’UE sarà positiva”.

Il lavoro nel settore giudiziario è stato fatto, in questi anni, ha ammesso Băsescu, ma “ci sono problemi politici molto gravi: il governo ha al suo interno persone con processi a carico, sono stati eletti parlamentari prima che finissero davanti al procuratore e tutto quello che riguarda la guida della Direzione nazionale anticorruzione non è chiaro. Problemi che sono legati alla volontà politica di Ponta e Crin Antonescu (capo del partito Liberale): le loro azioni impediscono alla Romania di entrare in Schengen: non mentano all’infinito”.

Frontiere

“Rafforzare i controlli ai confini esterni, la capacità di sorveglianza e di protezione dal crimine transfrontaliero. Aumentare la capacità di raccolta dei dati e ampliare l’accesso alle informazioni”. Questi due dei compiti assegnati alla Romania al momento della prima richiesta di accesso a Schengen.

Compiti per cui il “Multiannual Investments Single Plan” ha stanziato risorse europee e nazionali con l’obiettivo (fissato inizialmente al 2010) di aderire allo spazio di libera circolazione. Investimenti nelle infrastrutture di controllo alle frontiere, formazione della polizia doganale, nuovi sistemi informatici integrati con quelli europei (Schengen Information System SIS 2), hardware e software, equipaggiamento e sostegno alle spese logistiche e di personale. Per tutto questo, secondo l’accordo di adesione 2007-2009, la Romania ha ricevuto, soltanto per i fondi Schengen Facility 559,8 milioni di euro.

In un’intervista dell’aprile 2011, l’allora ministro dell’Interno Traian Igas aveva spiegato: “Gestiamo una delle frontiere più vaste con 2.070 chilometri di estensione, e una delle più difficili, condizione che è una sfida per noi. Per esempio attraverso Schengen Facility, sono stati stanziati per dei progetti destinati alla sicurezza delle frontiere più di 200 milioni di euro, 120 circa dai fondi Phare, 70 dal bilancio statale e 440 milioni attraverso una linea di credito esterna per i contratti con l'Eads. A questi vanno aggiunti i 60 milioni di euro che la Romania ha ricevuto dal Fondo per le frontiere esterne nel triennio 2010-2013. Gli sforzi sono significativi e ce la stiamo mettendo tutta perché vogliamo contribuire a garantire un clima di sicurezza e stabilità per i cittadini europei”.

Ma a due anni da questa dichiarazione, con spese che superano il miliardo di euro, in Romania qualcuno sta perdendo la pazienza e le speranze. Il ministro degli Esteri Titus Corlatean ha dichiarato: “Se qualsiasi cosa facciamo, indipendentemente da quanto rispettiamo i criteri e da quanti soldi spendiamo, non è mai abbastanza, allora permettetemi di dire che non siamo più interessati. Siamo stati fino ad ora fuori da Schengen. Quando ci inviteranno ad entrare, ne saremo contenti”.


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