I più pessimisti temono che il percorso verso l'Europa possa essere congelato. La maggioranza si limita invece a sperare che la data d'adesione all'UE rimanga programmata per il 1 gennaio e non venga posticipata di un anno. In queste settimane la Romania sta guardando a Bruxelles con sguardo preoccupato

09/06/2005 -  Mihaela Iordache

Per i paesi candidati all'Unione Europea la bocciatura francese e olandese del referendum sulla costituzione europea ha assunto prima di tutto il significato di un pericolo potenziale circa l'allargamento.

"La malinconia dell'allargamento", così Olli Rehn, commissario europeo sull'allargamento ha descritto la situazione creatasi in seguito al voto negativo di due dei Paesi fondatori dell'Unione Europea. Molti dei cittadini dei 25 Paesi membri sembrano ritenere che l'Unione sia abbastanza grande con i suoi 450 milioni di abitanti.

Tra le motivazioni che hanno portato al No dell'elettorato francese e olandese si è quindi inserita anche la paura per futuri allargamenti dell'Unione. Secondo l'Istituto francese per i sondaggi dell' opinione pubblica, CSA, il 14% dei francesi che hanno detto "Non" alla costituzione europea il motivo principale sarebbe legato alla prospettiva circa l'adesione della Turchia. Non solo. Lo stesso istituto rileva che quasi il 48% dei francesi sarebbe contro l'adesione della Romania all'UE, mentre il 49% sarebbe a favore dell'entrata della Bulgaria.

In Olanda, l'Istituto Maurice de Honde, ha sottolineato come il 40% degli olandesi che hanno detto "Ne" in pratica si oppongono ad altri allargamenti dell'UE. Inoltre gli olandesi temono che il trattato della costituzione europea possa aprire all'adesione della prima nazione mussulmana, la Turchia.

Il ministro degli esteri polacco, Adam Rotfeld, ha dichiarato che "la nuova crisi che tocca l'Unione Europea rende ancora più difficili gli sforzi che riguardano l'adesione degli altri Paesi".

Anche da Bucarest si guarda ad un'Unione Europea come ad un malato con la febbre alta. La Romania che da oltre dieci anni sta negoziando, aspettando e sperando, ora - quando è quanto mai vicina al successo - teme il peggio. Teme in particolare che l'adesione possa essere rimandata.

Nessuno ha invece il coraggio di mettere in conto un possibile annullamento dell'adesione anche se vi è chi ipotizza la possibilità di un "congelamento" dell'allargamento a causa dei problemi interni dell'UE. Sono ovviamente i più scettici a pensarla così, ma sembra che il loro numero sia destinato a crescere.

Nel trattato di adesione è prevista inoltre una clausola che prevede che l'adesione può essere rinviata di una anno (quindi al primo gennaio 2007) se tutte le riforme richieste non verranno implementate. Anche questo possibile rinvio è percepito in Romania come grave dal punto di vista politico, sociale ed economico. Secondo le autorità romene rimandare di un anno l'adesione implica la perdita di almeno 1,16 milioni di euro, fondi che la Romania dovrebbe ricevere dall'UE nel 2007.

Le nuove tensioni in seno all'Unione riguardano anche il budget europeo sul lungo termine. Perché l'allargamento costa ora e costerà anche dopo, quando i Paesi considerati in difficoltà continueranno a ricevere aiuti da Bruxelles.

La preoccupazione di Bucarest e Sofia circa le prospettive d'adesione nel 2007 hanno costretto i rappresentanti della Commissione Europea e del Parlamento di Strasburgo a calmare gli spiriti, ribadendo che l'allargamento continuerà così com'era previsto. Nonostante le assicurazioni ricevute, le autorità romene non si sono però rasserenate.

Il premier romeno Calin Popescu Tariceanu ha tenuto a ribadire che le autorità romene rispetteranno "gli impegni assunti. Desideriamo mantenere il calendario dell'adesione affinché la Romania diventi parte dell'Unione il primo gennaio del 2007". Ma Jonathan Scheele, il responsabile della delegazione della Commissione europea a Bucarest continua ad avvertire sul rischio che venga attivata la clausola di salvaguardia se la Romania non compirà in tempo utile le riforme previste.

I problemi maggiori riguardano la corruzione, la proprietà intellettuale, la concorrenza, la sicurezza delle frontiere, nonché la giustizia e l'ambiente. Quasi stanchi di parlare solo di insuccessi alcuni analisti notano che comunque "sarebbe ingenuo credere che l'integrazione dipenda solo dai romeni e di come essi fanno i loro compiti".

E proprio perché ha capito bene come stanno le cose, il Primo ministro romeno ha fatto la settimana scorsa una visita lampo a Berlino per incontrare il possibile futuro cancelliere della Germania, Angela Merkel, leader dei democratici-cristiani tedeschi.Gli stessi che hanno ripetuto in diverse occasioni che la Romania non è preparata a far parte dell'UE nel 2007.

Intanto il commissario per l'allargamento Olli Rehn ha reso noto di aver pronto un avvertimento a Bucarest e Sofia a causa "delle difficoltà evidenti circa le riforme nei due Paesi". Un avvertimento tradotto da Olli Rehn con la metafora del "cartellino giallo". Ma le autorità romene tremano davanti allo spettro del cartellino rosso.

Intanto c'è da continuare con le riforme ed aspettare. Ad ottobre uscirà un nuovo rapporto sul Paese in base al quale l'adesione può o meno essere rinviata di un anno. I Paesi candidati aspettano con il fiato sospeso anche il summit del 16-17 giugno dei leader europei a Bruxelles.

Analizzeranno non solo il voto negativo dei francesi e olandesi o il congelamento del voto in Inghilterra, ma forse anche un aspetto correlato: l'allargamento. Alle porte dell'UE aspettano ancora molti Paesi, desiderosi un giorno di farne parte. Se per la Romania e la Bulgaria, qualcosa di certo c'è, per Paesi come la Croazia, la Serbia, la Bosnia-Erzegovina, la Macedonia, l'Albania, la Moldova, l'Ucraina, la Georgia o la Turchia, la strada sembra ancora lunga ed incerta. Tutti questi Paesi vogliono entrare nell'UE perché si considerano parte dell'Europa. A molti euro-scettici un allargamento così vasto fa paura.

"Dobbiamo ammettere che l'Europa non fa più sognare la gente", ha dichiarato di recente il premier lussemburghese, Jean Claude Juncker, attuale presidente del Consiglio dell'Unione Europea. Juncker aveva chiesto ai suoi colleghi europei di spiegare meglio ai propri cittadini i vantaggi di un' Europa unita, i vantaggi della moneta unica e dell'allargamento. Per il momento questi non sembrano essere stati percepiti tali dagli elettori francesi e olandesi.


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