La Federazione europea della stampa ha dialogato con Nadezhda Azhgikhina, direttrice del Centro PEN di Mosca, già vicepresidente della Federazione europea dei giornalisti dal 2013 al 2019, sul ruolo dei media nel conflitto in corso in Ucraina
(Originariamente pubblicato da Europan Federation of Journalists , il 2 marzo 2022)
Mentre la guerra in Ucraina continua a intensificarsi, abbiamo parlato con la giornalista russa Nadezhda Azhgikhina, direttrice del Centro PEN di Mosca, già vicepresidente della Federazione europea dei giornalisti dal 2013 al 2019. Azhgikhina ha alle spalle una lunga carriera da giornalista, è una strenua sostenitrice della libertà dei media, nonché scrittrice particolarmente attenta alle questioni legate ai diritti umani, all’uguaglianza di genere, al giornalismo e alla cultura contemporanea. Ha tenuto corsi presso l’Università statale di Mosca, la Columbia University di New York, l’Università di Tampere (Finlandia), l’Università di Södertörn (Svezia), la London School of Economics e l’Università di Harvard. Dal 2014 al 2016 è stata coordinatrice del Dialogo tra associazioni dei giornalisti ucraini e russi svoltosi sotto l’egida dell’Osce.
Da giornalista attenta ai valori etici, come vede l’attuale situazione legata alla guerra in Ucraina. Qual è l’impatto del conflitto sui giornalisti e sui media da entrambe le parti del confine?
È un vero disastro. In Russia e, da quello che ho capito, anche in Ucraina, nessuno si aspettava che si arrivasse a questa situazione. La gente pensava che si trattasse solo di competizioni e minacce. La retorica aggressiva era però talmente onnipresente da incutere timore. I giornalisti hanno contribuito molto all’escalation, essendo stati spinti dai loro caporedattori ad utilizzare un linguaggio sempre più aggressivo. Non c’era più quasi alcuno spazio per una vera analisi e un’informazione equilibrata, tutti riportavano opinioni anziché fatti, spesso senza corroborarle da alcuna prova concreta, un chiaro esempio di un panorama mediatico caratterizzato da post-verità. Non vi è dubbio che il Covid-19 e le sue conseguenze, lo stress permanente e la crisi hanno inciso notevolmente sulla situazione. In Russia, e soprattutto in Ucraina, i media parlavano di un possibile conflitto, considerandolo uno scenario probabile, e la maggior parte dei media ha partecipato alla diffusione dell’agenda politica mainstream. In entrambi i paesi, le voci contrarie alle tendenze belligeranti del potere venivano represse.
Tutto è iniziato molto tempo fa. A partire dal 2014, i media e i giornalisti russi che hanno espresso il loro sostegno agli ucraini, mettendo in discussione la posizione ufficiale del governo russo sulla Crimea e sul Donbass, sono stati vittime di censura e repressione, trovandosi spesso costretti ad affrontare processi penali. Secondo alcuni avvocati esperti in diritto dell’informazione, negli ultimi anni in Russia sono state approvate oltre trenta iniziative e norme giuridiche volte a restringere ulteriormente lo spazio mediatico e la libertà di espressione. Molti media e giornalisti sono stati inclusi nelle liste degli “agenti stranieri”, alcuni media sono stati messi al bando e gli account di molti blogger e utenti di Internet sono stati bloccati.
Va notato che queste misure restrittive messe in atto in Russia sono state adottate ispirandosi alle sanzioni che l’Occidente ha imposto ai media statali russi, in primis Russia Today e Sputnik. Subito dopo la decisione degli Stati Uniti di includere l’emittente Russia Today nella lista degli agenti stranieri, in Russia sono iniziati duri attacchi ai giornalisti indipendenti. Ogni nuova sanzione introdotta in Europa contro un media statale russo ha portato al verificarsi, in Russia, di nuovi attacchi contro i media indipendenti e contro le organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Questo vale anche per la recente sospensione delle trasmissioni di RT e Sputnik in Europa.
Quindi, a breve potremmo assistere alla totale soppressione dei media indipendenti in Russia, soprattutto considerando queste nuove sanzioni economiche senza precedenti. Le sanzioni contro i politici e gli oligarchi russi non hanno mai funzionato, hanno solo spinto le persone comuni a schierarsi col potere, suscitando nuove persecuzioni, accuse e intimidazioni nei confronti delle voci indipendenti in Russia con l’approvazione dell’opinione pubblica. In Ucraina, i media in lingua russa e quelli che hanno espresso una qualche forma di simpatia per la Russia per anni sono stati sottoposti a dure restrizioni, alcuni sono stati persino chiusi. In entrambi i paesi, la comunità dei giornalisti è diventata polarizzata. I primi a risentire di questa situazione sono stati i principi etici e professionali.
Mi preme sottolineare un altro aspetto preoccupante che ha inciso negativamente sulla protezione del giornalismo come bene pubblico, ossia la crisi della professione giornalistica in Occidente e le tendenze messe in atto dai media occidentali sull’onda del cosiddetto Russiagate. I russi erano diventati “tossici” per natura, nessuno aveva mai fornito alcun argomento a sostegno di tale tesi, eppure i giornalisti avevano cavalcato questa tendenza, soprattutto quelli americani. Tale atteggiamento ha suscitato una sensazione di forte frustrazione in tutti quei liberali e giornalisti russi che per decenni hanno guardato agli Stati Uniti e ai media occidentali distintisi per professionalità come ad un modello da seguire. Oggi, mentre prosegue “l’operazione speciale” in Ucraina (questa è la definizione ufficiale utilizzata dai media russi perché vi è il divieto di usare le parole “guerra” e “invasione”), ci si è quasi completamente dimenticati dei principi etici. La propaganda diffusa dai canali televisivi non ha nulla a che vedere con l’etica né tanto meno con il giornalismo essendo impregnata di aggressività.
In Russia i giornalisti sono divisi [sulla questione ucraina], e anche quelli che sono contro la guerra hanno opinioni contrastanti. Alcuni ritengono che l’Ucraina sia uno stato santo, guidato da persone sante, e chiunque non sia d’accordo con loro viene attaccato. Altri invece appoggiano l’operazione speciale. D’altra parte, alcuni giornalisti ucraini accusano indiscriminatamente tutti i russi. Alcuni colleghi invocano ulteriori sanzioni e persino un intervento militare contro la Russia. È un disastro assoluto.
Lei aveva partecipato al dialogo tra le associazioni dei giornalisti russi e ucraini lanciato nel 2014 dall’Osce, un dialogo contrassegnato da una forte enfasi posta sull’idea che i giornalisti non devono mai diventare soldati in una guerra d’informazione. Ci si è già dimenticati di queste raccomandazioni?
Sono stata felice di partecipare a questo dialogo per quattro anni e sono contenta che siamo riusciti ad affrontare alcune questioni professionali ed etiche, a pubblicare una serie di manuali, realizzare alcuni film e instaurare un vero dialogo. Il nostro progetto si chiamava “Two Countries, One Profession” [Due paesi, una professione], una vera iniziativa dal basso e sono fiera di averne preso parte. Il primo incontro si era tenuto nella primavera del 2014 negli uffici della Federazione europea dei giornalisti (EFJ) e della Federazione internazionale dei giornalisti (IFJ) a Bruxelles, dove avevamo iniziato a discutere certe questioni etiche e il Consiglio della stampa russo e quello ucraino avevano adottato una serie di decisioni congiunte. Siamo anche riusciti a far scagionare otto persone, e questo è il risultato più importante del progetto. Queste persone hanno poi affermato – affermazioni riportate in alcuni libri e film – che sono sopravvissute grazie al nostro appello congiunto per chiedere la loro scarcerazione. Questo tipo di collaborazione è molto importante ed efficace. Sono contenta che siamo ancora in contatto con i nostri colleghi ucraini. Credo che ad un certo punto il dialogo ripartirà. Purtroppo, il dialogo si è arenato nel 2018. In futuro avremo bisogno di un vero dialogo tra persone e giornalisti.
Ritiene che oggi sia possibile riaprire il dialogo tra le associazioni dei giornalisti russi e ucraini per discutere di questioni legate ai valori professionali?
Prima o poi il dialogo ripartirà, ne sono sicura. La strada da percorrere potrebbe rivelarsi molto lunga, ma è una questione molto importante.
Come le associazioni dei giornalisti europei e le due principali federazioni dei giornalisti, EFJ e IFJ, possono sostenere i giornalisti indipendenti in Ucraina e in Russia?
Innanzitutto, possono mettersi in contatto con le associazioni di categoria e i giornalisti indipendenti per verificare la veridicità delle informazioni di cui dispongono, per monitorare la situazione dei diritti dei giornalisti e della libertà di espressione, e per esprimere solidarietà. Dovrebbero informare l’opinione pubblica occidentale sulla situazione [in Ucraina], così da poter avviare iniziative di solidarietà. Dovrebbero astenersi da qualsiasi forma di discriminazione nei confronti dei giornalisti. Credo che la decisione delle autorità dell’UE di bloccare i media statali russi sia completamente sbagliata, perché porterà a ulteriori discriminazioni verso i giornalisti e al dilagare di aggressività e propaganda ovunque nel mondo.
Mentre stavo rispondendo alle sue domande ho ricevuto due notizie. La prima, riferitami da alcuni colleghi, riguardante un’iniziativa legislativa avanzata dal parlamento russo per introdurre un emendamento alla legge sulla disinformazione che vieti la diffusione di informazioni false relative alle operazioni militari [russe]. La pena prevista è della reclusione fino a 15 anni. La seconda notizia: una mia ex studente che aveva partecipato ad un concorso per una borsa di studio in Europa, ottenendo il punteggio più alto, ha ricevuto un messaggio in cui l’università le diceva di non poter ospitarla perché proviene dalla Russia. È molto, molto triste.
E non finisce qui. Qualcuno ha persino suggerito che tutti i russi dovrebbero essere esclusi dagli organismi internazionali. Questa idea è basata sulla stessa logica su cui poggiano le sanzioni che stanno già distruggendo la società civile russa e possono portare alla sua totale scomparsa. Per le voci e i giornalisti indipendenti in Russia, queste sanzioni sono paragonabili alla pena di morte. È importante tenere a mente che tutti i giornalisti onesti – russi, ucraini, francesi o tedeschi che siano – hanno lo stesso sangue e condividono gli stessi valori.
Spero che i giornalisti europei riescano ad astenersi da qualsiasi forma di discriminazione e a compiere uno sforzo congiunto per migliorare la comunicazione tra tutti i professionisti dell’informazione impegnati in difesa dei principi etici e professionali e della pace. Credo nella solidarietà tra i giornalisti di tutti i paesi, nella nostra dedizione al nostro dovere professionale e al bene. La Federazione europea dei giornalisti è molto impegnata su questo fronte e può fare ancora molto per superare questi momenti bui e tristi, per promuovere i nostri valori professionali. È una questione importante per i giornalisti, ma anche per il pubblico. Non possiamo permettere che in Europa venga creata una nuova cortina di ferro.
Se l’UE dovesse decidere di non concedere più i visti d’ingresso ai cittadini russi, i giornalisti russi dovrebbero comunque poter ottenere il visto per partecipare a dibattiti e incontri professionali.
Alcuni giornalisti che oggi si trovano costretti a seguire il conflitto non hanno ricevuto una specifica formazione e non sono adeguatamente preparati. Quale messaggio invierebbe ai giornalisti che seguono la guerra in Ucraina?
Ripeterò le raccomandazioni dei miei colleghi che lavorano per alcuni media russi e internazionali che seguono il conflitto. Cercate di dire la verità, di riportare i fatti a cui avete assistito, di verificare accuratamente ogni informazione, di distanziarsi dalle vostre emozioni e di non arrecare danno a nessuno svolgendo il vostro lavoro. Prima di intraprendere viaggi pericolosi consultatevi con i colleghi che hanno più esperienza, con esperti e terapisti. Ad ogni modo, non riportate le informazioni della cui veridicità non siete sicuri. Purtroppo, non sono molti i giornalisti indipendenti presenti sul campo, la maggior parte dei media riporta le stesse notizie diffuse dalle grandi agenzie di stampa. Sforzatevi di trovare fonti indipendenti, verificate più volte tutte le informazioni delicate o scioccanti consultando varie fonti. Secondo alcune organizzazioni internazionali dei giornalisti, come Ethical Journalism Network, oggi il fact-checking è l’aspetto più importante del lavoro giornalistico. Ricordatevi che il giornalismo è (idealmente) un bene pubblico, dobbiamo mantenere vivo questo ideale.
Tutti i nostri approfondimenti nel dossier "Ucraina: la guerra in Europa"
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