Mentre Radovan Karadžić si presenta per la prima volta di fronte ai giudici dell'Aja, in Serbia non si placano le polemiche sulle responsabilità degli scontri seguiti alla manifestazione di Belgrado, organizzata dal partito radicale, a sostegno dell'ex leader serbo bosniaco
Radovan Karadžić è arrivato ieri all'Aja, ed oggi comparirà per la prima volta di fronte al consiglio del tribunale. La sua estradizione dalla Serbia, avvenuta nella notte tra martedì 29 e mercoledì 30 luglio, non è stata però indolore.
Nella serata che l'ha preceduta, le strade del centro di Belgrado sono state infatti ancora una volta il palcoscenico di scontri violenti, a margine della manifestazione convocata dal Partito Radicale Serbo per protestare contro l'arresto ed il trasferimento dell'ex leader serbo bosniaco al Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia, manifestazione supportata anche dagli altri partiti del blocco "nazionale", il Partito Democratico della Serbia dell'ex premier Vojislav Koštunica e il movimento Nuova Serbia di Velimir Ilić.
Gli incidenti sono iniziati verso la fine della manifestazione, mentre i leader politici dei partiti organizzatori si rivolgevano alle circa 10mila persone riunitesi intorno al palco montato nella centralissima Trg Republike.
Nel momento in cui i manifestanti avrebbero dovuto muoversi in corteo sul viale delle Terazije, un gruppo di dimostranti si è scontrato con la polizia. Da una parte c'è stato lancio di pietre, dall'altra lancio di lacrimogeni e alcune cariche. Gli scontri sono durati circa mezz'ora, nonostante il tentativo di alcuni dei leader radicali di calmare le acque.
Il bollettino definitivo parla di 82 feriti, nessuno dei quali grave, di cui 58 nelle fila delle forze di polizia e due giornalisti presenti sul luogo degli scontri.
Vi sono poi danni materiali che, secondo stime ancora parziali, raggiungono i tre milioni di dinari, conseguenza della distruzione di aiuole, semafori e cartelli stradali e del danneggiamento di una lunga serie di edicole e negozi del centro. Anche quattro auto della polizia sono state distrutte.
Il procuratore Slobodan Radovanović, ha annunciato in conferenza stampa che il suo ufficio sta lavorando per agire legalmente contro i protagonisti degli incidenti.
"Stiamo raccogliendo tutte le informazioni rilevanti all'identificazione di queste persone. In seguito prenderemo tutte le misure legali necessarie, dal fermo di polizia all'apertura di procedure d'accusa in tutti i casi in cui queste dovessero trovare fondamento", ha detto Radovanović.
Fino ad oggi, le persone fermate in relazione ai fatti di martedì sera sono 19, tra cui tre minorenni.
Più che i feriti e i danni materiali, a riscaldare l'atmosfera politica del dopo manifestazione sono state le accuse che i principali partiti politici si sono vicendevolmente rivolti riguardo alle responsabilità di quanto accaduto.
I commenti sulle responsabilità dei disordini hanno seguito il nuovo profilo della situazione politica serba.
Aleksandar Vučić, uno dei leader dei radicali che ha tentato di calmare le acque senza successo, ha parlato della presenza di "provocatori", riconoscendo però che "ci sono responsabili anche da parte dei manifestanti. C'era un gruppo di persone che non sentivano ragioni, e che erano venuti chiaramente solo per creare problemi".
Vučić ha poi accusato la polizia di aver esagerato nell'uso della forza, e ha dichiarato di essere stato colpito più volte dalla polizia, ringraziando poi polemicamente l'ex alleato ed ora ministro degli Interni Ivica Dačić.
"Ringrazio personalmente Dačić per le botte che ho preso, mi hanno colpito quattro volte con lo sfollagente. La polizia ha picchiato a destra e a manca senza fare alcuna distinzione". Vučić ha infine sporto denuncia contro i poliziotti che lo avrebbero malmenato.
Dačić ha però respinto fermamente ogni accusa, parlando di responsabilità esclusiva del gruppo di manifestanti che ha attaccato la polizia. "Si è reso necessario l'intervento delle forze dell'ordine solo nel momento in cui queste sono state attaccate", ha detto Dačić.
Lo stesso ministro si è poi pubblicamente scusato per quanto successo al reporter dell'agenzia Beta Miloš Djiorelievski, picchiato dalla polizia durante gli incidenti, nonostante avesse mostrato agli agenti la propria tessera da giornalista. Dačić ha assicurato che verrà fatta luce sull'incidente.
Riguardo al supposto uso non proporzionale della forza, il ministero degli Interni ha risposto con un comunicato in cui si mette l'accento su fatto che "è la prima volta dall'introduzione del multipartitismo, nel 1990, che il numero dei poliziotti feriti supera quello dei manifestanti".
L'attacco più deciso all'operato della polizia e del nuovo governo è arrivato dal vice presidente dei radicali Tomislav Nikolić, che ha messo in causa il presidente Boris Tadić quale principale responsabile degli incidenti.
"Accuso Tadić senza giri di parole. Quanto successo è stata un'operazione pianificata a tavolino dalla polizia per mettere a tacere, una volta per tutte, il partito radicale", ha detto Nikolić. Da parte dei radicali, è stata lanciata inoltre l'accusa che il gruppo di facinorosi attivi negli scontri sarebbe stato in realtà manovrato dalla polizia stessa.
La risposta è arrivata dal vice presidente del Partito Democratico, Dušan Petrović, che ha rispedito al mittente le accuse, indicando nel partito radicale, in quanto organizzatore della manifestazione, il principale responsabile degli incidenti.
Secondo Petrović gli scontri sono stati il risultato inevitabile del clima politico creato dai radicali nei giorni seguiti all'arresto di Karadžić, che è culminato negli insulti e nelle minacce dirette al presidente Tadić. "E' evidente, poi, che il servizio di sicurezza dei radicali, durante le manifestazione, non ha nemmeno tentato di calmare gli animi nel gruppo che ha dato vita agli scontri", ha aggiunto Petrović.
Anche il leader di Nuova Serbia, Velimir Ilić, ha parlato di operazione pianificata da parte della polizia. "Ancor prima che il meeting fosse finito, sui manifestanti sono piovuti i lacrimogeni. Questa azione è stata del tutto ingiustificata, visto che la manifestazione non era stata turbata da alcun incidente, ma solo un gruppetto è entrato in contatto con la polizia", ha detto Ilić, che poi si è detto convinto che lo scopo della polizia fosse "evitare il corteo, visto che i manifestanti avrebbero voluto raggiungere il Tribunale speciale".
Nenad Čanak, presidente della Lega dei Socialdemocratici della Vojvodina, ha dichiarato al quotidiano Danas che la manifestazione di martedì ha definitivamente dimostrato che il partito radicale sia in realtà una "organizzazione terroristica", impegnata nella difesa di terroristi.
"Già da otto anni insistiamo a piena voce che il Partito Radicale Serbo venga dichiarato fuori legge... Non ho da aggiungere, se non il fatto che abbiamo assistito all'ennesimo evento che conferma che questo sarebbe un atto necessario", ha detto ancora Čanak.
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