In luglio un provvedimento d'urgenza. E la maggioranza parlamentare in Serbia ha adottato alcuni emendamenti alla legge sulla radiodiffusione. Molte le voci critiche, dalle organizzazioni internazionali, alle associazioni di categoria allo stesso Presidente serbo Tadic
In Serbia da tempo ormai regna una certa confusione in merito alla legge sulla radiodiffusione. E mentre le opinioni sulla famosa distribuzione delle frequenze nazionali e sul ruolo dell'Agenzia per la radiodiffusione sono ancora molto discordanti, si è aperto un nuovo fronte in merito alla riforma della legge sulla radiodiffusione. La riforma è necessaria per definire più chiaramente le competenze dell'Agenzia e per regolare altre questioni cruciali per questo settore.
Tra Parlamento e Presidente della Repubblica è iniziato un vero e proprio tira e molla quando nel mese di luglio in sede parlamentare sono stati adottati una serie di emendamenti all'esistente legge sulla radio diffusione, dopo di che essa, secondo la procedura prevista, è stata inoltrata al gabinetto del Presidente per essere contro-firmata.
La maggioranza parlamentare si è trovata spiacevolmente sorpresa quando al posto della sua "benedizione", il Presidente serbo Boris Tadic ha restituito la legge affinché venisse rivista, motivando la sua decisione col fatto che molti emendamenti sono in contrasto con gli standard prescritti da questo settore. Tadic ha sfruttato la possibilità, prevista dalla legge, di rifiutare di firmare la legge proposta, sicché ne ha automaticamente rimandato la sua entrata in vigore. Secondo il regolamento, il Parlamento ha il dovere di rivedere di nuovo la legge proposta, e dopo la decisione inoltrarla di nuovo al Presidente per la firma. Il Presidente ha suggerito che non venga adottato nessun emendamento alla legge attuale.
Se il Parlamento decidesse però di non dar retta a Tadic e approvasse la legge senza modificarne il testo, il Presidente della Repubblica in teoria è obbligato ad approvare il decreto che per farla entrare in vigore. Ancora non è del tutto chiaro cosa potrebbe accadere se il Presidente si rifiutasse di firmare anche per la seconda volta. Secondo quanto riportato dall'emittente B92, nemmeno la Costituzione determina in modo preciso quale procedura seguire, tranne il fatto che lascia la possibilità di inoltrare un richiamo al Presidente per la violazione della Costituzione e ciò va fatto su iniziativa di 84 deputati.
Critiche alle modifiche della legge in questione sono giunte non solo dal Presidente della Serbia, ma anche da esperti del settore, dal Consiglio d'Europa, dalla missione OSCE a Belgrado e infine dalla Commissione europea. Tutti questi soggetti concordano nella valutazione che i cambiamenti, adottati dal Parlamento, mediante procedimento d'urgenza il 19 luglio scorso, sono problematici sia in senso procedurale che contenutistico.
Gli emendamenti sono stati fatti senza una pubblica discussione e senza consultare esperti, il che presenta una prassi insoddisfacente per una delle leggi più importanti del Paese. Dall'altra parte, i cambiamenti adottati in molte aspetti modificano il carattere della legge precedente, e prima di tutto viene rimproverato che durante la proposta degli emendamenti non è stato consultato il competente ministero della Cultura che, come è stato detto, ha preparato un'intera serie di proposte per migliorare il quadro legislativo di questo settore.
Secondo le parole del ministro per la Cultura, Dragan Kojadinovic, questi procedimenti danneggiano i media, i quali non devono essere oggetto di giochi politici ma devono rimanere indipendenti nel loro lavoro. Kojadinovic nella dichiarazione riportata dall'agenzia Beta ha definito l'intero caso "scandaloso", aggiungendo che è incomprensibile che in Parlamento appaia qualcuno con delle proposte di modifica della legge sulla radio diffusione eludendo il ministero che già da alcuni mesi sta preparando le modifiche".
Il ministro della Cultura ha aggiunto che la legge esistente è solida perché rispetta gli standard europei, ed ha sottolineato che la proposta del suo ministero per i cambiamenti della legge sarà discussa pubblicamente nel mese di settembre.
Con le nuove disposizioni è previsto un prolungamento del termine per la trasmissione dei programmi dal momento della distribuzione delle frequenze da 60 a 90 giorni, il che, secondo le parole dei responsabili dei media, metterebbe in dubbio l'intero processo di distribuzione delle frequenze perché alcune stazioni non hanno partecipato al concorso proprio per l'impossibilità di iniziare a trasmettere i loro programmi entro 60 giorni. Inoltre, è stato previsto che le radio-stazioni paghino il cinque per cento di compenso per la trasmissione rispetto alla televisione, mentre la legge precedente prevedeva il venti per cento. La disposizione che ha ricevuto più critiche riguarda l'Agenzia per la radio diffusione (RRA) e a chi essa risponde. Gli emendamenti alla legge prevedono che il via libera sul piano finanziario dell'Agenzia, invece che dal Parlamento, venga dato dal Governo. E questo, si dice, implica il controllo diretto da parte di quest'ultimo e mette in discussione l'indipendenza di suddetto organismo. L'aumento del potere discrezionale, secondo l'opinione di esperti locali e stranieri, danneggerebbe l'autonomia dell'Agenzia per la radiodiffusione rispetto al potere esecutivo.
La cosa interessante è che i rappresentanti della RRA non hanno detto nulla a riguardo degli emendamenti adottati, e non si sono affiancati ad altri colleghi del settore dei media nella critica al diretto collegamento dell'Agenzia al Governo. A giudicare dalle reazioni che sono state sollevate fino ad ora, nelle nuove disposizioni i membri dell'Agenzia non vedono alcun tentativo di controllo e d'ingerenza da parte del potere esecutivo. Contemporaneamente alla RRA negli ultimi mesi si avvertono toni generalmente litigiosi, sia che essi siano indirizzati verso l'OSCE e le altre organizzazioni internazionali che hanno osato criticare i cambiamenti della legge o il lavoro dell'Agenzia, sia sul conto del ministro della Cultura per aver detto che "la RRA non può essere al di sopra della legge", sia per la polemica con l'ambasciatore tedesco a Belgrado Andreas Cobel riguardo i suoi attacchi contro l'Agenzia.
La missione dell'OSCE in Serbia è stata la prima a reagire alle modifiche della legge sulla radio diffusione indicando una serie di irregolarità, dalla procedura artificiosa, alla mancanza di qualsiasi dibattito, fino alle disposizioni contestate che riguardano la RRA. La missione dell'OSCE ha fatto appello al Presidente Tadic di non firmare la legge e ha invitato i deputati del parlamento e il Governo ad analizzare un'altra volta gli emendamenti.
Tuttavia a questo appello è mancata la reazione del Governo. I rappresentanti del governo soltanto dopo la comunicazione del Consiglio d'Europa e della Commissione europea hanno iniziato a parlare dell'importanza dell'organizzazione di ampie consultazioni sulla legge, dicendo di non essersi mai opposti a tale procedimento. La Commissione europea in una lettera indirizzata al Presidente del Parlamento della Serbia ha espresso preoccupazione per gli emendamenti adottati e ha sottolineato il bisogno di aprire un dibattito pubblico sulle disposizioni contestate, con la partecipazione obbligatoria di un pubblico esperto e delle organizzazioni del settore.
La Commissione europea inoltre ha sottolineato che questa legge è una delle leggi chiave per regolare l'immagine dei media nel paese e ha offerto un aiuto tecnico durante la fase delle consultazioni. Nelle reazioni a questa lettera, i rappresentanti della maggioranza parlamentare hanno detto di essere pronti ad accettare tutti i consigli costruttivi al fine di emanare una legge in accordo con gli standard europei.
Tuttavia, il rappresentante della NUNS (Associazione dei giornalisti indipendenti della Serbia) Djordje Vlajic, in una dichiarazione per B92, dice di non credere che il Parlamento cambierà gli emendamenti contestati e aggiunge: "Anche in questo settore esistono alcuni interessi. Non è ancora abbastanza chiaro, per poter dirlo esattamente, chi ci sia dietro tutto ciò e di chi siano gli interessi in questione, ma l'insieme di cambiamenti rafforza tanto la RRA che il suo Consiglio. E' lecito porsi la domanda su "chi controlla chi", e se questo modo di lavorare sia adeguato".
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