La storia della Serbia, la storia dei media serbi, la storia di un'amicizia e l'incredulità nell'apprendere la morte improvvisa di un amico. Antonela Riha in memoria dell'amico e collega Dušan Mašić, uno dei pilastri del giornalismo serbo
(Originariamente pubblicato sul settimanale Vreme , il 3 febbraio 2022)
Ho detto a Jovana: “Per favore, verifica!”. Daca dice: “È vero”. Davor chiede: “Sei sicura?”. Daša chiama stupita: “Perché tutti mi scrivono chiedendomi di Mašić?”. Miloš dice con una voce appena udibile: “Ci sentiamo più tardi”. Elena scrive: “Ditemi che non è vero”. Dragan chiama: “Cos’è accaduto? Qualcuno lo ha aggredito?”. Arriva un sms da Tamara: “Non ho parole”. Marko: “Un altro equivoco?”. Filip chiama: “Scrivi un ricordo, lo pubblicheremo su Vreme”.
Veran dice: “È vero”.
Sono trascorse alcune ore da quando ho appreso la notizia e, mentre sto scrivendo questo testo, ancora non riesco a crederci, so che tutti quelli che lo conoscono si sentono esattamente come me. Do un’occhiata ai social, i media riportano la notizia, la gente commenta, scrivendo belle parole. Non ci credo. Non è possibile.
Mašić ed io ci conosciamo da più di trent’anni. Lo chiamiamo tutti sempre per cognome: Mašić. Ha gli occhi celesti, a volte ti guarda in modo ambiguo, non sai se stia scherzando o si stia meravigliando di qualcosa. “Perché mi rivolgi uno sguardo così azzurro?”, gli chiedo. Ha un grande senso dell’umorismo, ma spesso è molto preoccupato. Non parla mai di ciò che lo tormenta. Indossa sempre camicie a quadri e una borsa a spalla. Da qualche anno porta una borsa a forma di radio vintage con tasti e altoparlanti.
La radio è il grande amore di Mašić. Sicuramente il suo secondo più grande amore dopo Mimi e Julia. Mašić incarna quella Radio B92 che molti ricordano con nostalgia. È stato anche corrispondente per Voice of America, ha partecipato alla creazione dell’Associazione dei media elettronici indipendenti della Serbia (ANEM), negli ultimi anni ha lavorato alla BBC e come consulente di alcuni media della regione. Ma è sempre stato, ed è rimasto B92.
Fantasticavamo, insieme, su come creare una nuova radio e, ovviamente, polemizzavamo perché con Mašić si polemizza sempre, lui ha sempre una visione delle cose tutta sua e cerca sempre di difenderla, e se non ci riesce ricomincia da capo, nulla può scoraggiarlo. È una di quelle persone che hanno convinzioni e idee chiare; un uomo metodico, meticoloso e totalmente dedito a ciò che fa.
I giovani non sanno come Mašić svolgesse il suo mestiere di giornalista negli anni Novanta. Negli ultimi anni ha lavorato alla BBC come consulente, ha girato tutto il mondo, mettendo in piedi emittenti radiofoniche dall’Africa al Pakistan. Dopo molti anni trascorsi a Londra è tornato a Belgrado, dove ha partecipato alla creazione del portale della BBC in lingua serba, collaborando, al contempo, con diversi media dell’intera regione, dal quotidiano sarajevese Oslobođenje al giornale Koha Ditore di Pristina. Non l’ho mai sentito lamentarsi di essere stanco o di non avere voglia di fare qualcosa. Amava i media, amava il giornalismo.
Spesso gli ho rimproverato il fatto di non essersi dedicato interamente al giornalismo, so che è uno dei più bravi nel fare interviste. All’epoca in cui a B92 conduceva la trasmissione “Intervju dana” [L’intervista del giorno] tutti noi della redazione ascoltavamo sempre le sue interviste. Era solito porre una domanda inaspettata in modo da stravolgere il corso della conversazione, lasciando l’interlocutore confuso e aprendo così un nuovo argomento, una nuova prospettiva. Sono pochi i giornalisti in grado di farlo, così come sono pochi quelli capaci di pensare in modo così veloce e lucido.
Uno dei più bei lavori che io abbia mai fatto nel corso della mia carriera giornalistica l’ho fatto insieme a Mašić: una serie di reportage realizzata alla vigila delle elezioni amministrative del 1996, girando tutta la Serbia a bordo di una Trabant azzurro cielo guidata da Mašić, sì proprio una Trabant color celeste. Fu una vera avventura, in tutti i sensi, un lavoro di cui, alla fine, entrambi eravamo fieri e lo ricordavamo spesso. In quel momento credevamo che fosse giunta la fine del regime di Milošević, tutti noi che all’epoca lavoravamo a B92 credevamo di svolgere un ruolo molto importante che sarebbe rimasto impresso nella storia, eravamo coraggiosi, odiavamo i compromessi, eravamo indistruttibili.
Mentre le bombe cadevano sulla Serbia, tutti noi di B92 ci ritrovammo disoccupati, per propria volontà, e il futuro non ci spaventava. Ci licenziammo, iniziando a fare progetti. Mentre cadevano le bombe fantasticavamo, insieme a Mašić, su cosa avremmo fatto dopo la caduta di quel regime malvagio, quando i media finalmente sarebbero stati liberi. Quando tutti saremmo stati liberi. Appena le sirene smisero di suonare creammo una nuova radio, su Internet, e Mašić fu caporedattore. Lavorare con Mašić è sempre stato impegnativo e divertente. A volte meno divertente, ma sempre impegnativo, un lavoro senza sosta.
Mašić è uno dei “nostri” che non poteva vivere senza Belgrado. Da Londra, dove viveva e lavorava dal 2002, seguiva quanto accadeva in Serbia, restando quotidianamente in contatto con amici e colleghi. Era sempre presente. Nel 2015 lanciò l’idea di accendere candele davanti al palazzo presidenziale a Belgrado per commemorare l’anniversario del genocidio di Srebrenica. Da Londra, dove viveva nel comfort, decise di venire a Belgrado, nonostante le minacce ricevute.
Alla fine si è trasferito definitivamente a Zvezdara, continuando a fare grandi progetti e a ideare nuove iniziative. Perché Mašić ha sempre avuto grandi progetti. Sicuramente non aveva alcuna intenzione di fermarsi, quindi: non ci credo.
Sto sfogliando un suo libro, “Talasanje Srbije” [La Serbia in onda], dedicato a Radio B92. È la testimonianza di un’epoca, un libro che parla della nostra radio, della tenacia, del coraggio, delle delusioni, delle paure, dei sogni. Vi trovano posto anche tutti quelli che ora fanno compagnia a Mašić sulle onde celesti. Si sono ritrovati e aspettano che arriviamo noi altri. Sono sicura che anche in questo momento Mašić ha in mente qualche progetto. So che ne discuteremo a lungo. Anche adesso, mentre scrivo queste righe, sto parlando con lui, è qui.
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