Vojislav Šešelj durante un comizio elettorale (© Djordje Mustur/Shutterstock)

Vojislav Šešelj (© Djordje Mustur/Shutterstock)

Due criminali di guerra - condannati in via definitiva - sperano di essere eletti parlamentari alla tornata del 21 giugno. Tra i candidati inoltre anche ricercati del Tpi e persone accusate di crimini commessi durante la guerra degli anni '90

10/06/2020 -  Milica Stojanović

(Pubblicato originariamente da Balkan Insight )

"Credo che il mio programma riguardi tutti i serbi. Non avrò problemi a cooperare in parlamento con coloro che vorranno difendere i serbi perseguitati", ha dichiarato l’aspirante parlamentare Dragan Vasiljković all’emittente serba TV Pink il 17 maggio.

Vasiljković è noto nei Balcani come ‘Capitano Dragan’, un criminale di guerra che è tornato in Serbia il 28 marzo dopo essere stato in carcere in Croazia per i crimini commessi nel 1991. 

Ora Vasiljković sta raccogliendo le firme per ottenere il supporto di cui ha bisogno per candidarsi alle prossime elezioni del 21 giugno. Se ci riuscirà, ci saranno due criminali di guerra candidati per la prossima legislatura.

Vasiljković non ha ancora un programma politico formalizzato, ma ha dichiarato che, se eletto, si occuperà della difesa dei “serbi perseguitati” in Croazia, Kosovo e Montenegro.

Ha dichiarato inoltre di essere favorevole a una scarcerazione anticipata per Milorad ‘Legija’ Ulemek e Zvezdan Jovanić, condannati per l’uccisione del Primo Ministro serbo Zoran Đinđić nel 2003. I due andrebbero liberati perché “sono eroi” che hanno combattuto in nome dei serbi.

L’altro criminale di guerra che ha annunciato la sua candidatura è il leader dell’ultranazionalista Partito radicale serbo, Vojislav Šešelj, condannato dal Meccanismo residuale del Tribunale penale internazionale per crimini di guerra contro i croati nel 1992. 

Šešelj è già un deputato serbo - sebbene la sua condanna avrebbe dovuto escluderlo dal parlamento - e si sta candidando di nuovo.

Jovana Kolarić, ricercatrice al Centro per il diritto umanitario, una ong di Belgrado che si occupa di crimini di guerra nella ex Jugoslavia, ha affermato che esiste una contraddizione tra la retorica del governo serbo incentrata sul futuro e la pratica di glorificazione di quanti hanno commesso crimini di guerra nel passato.

"‘Guardando al futuro’, la Serbia pubblica e promuove libri scritti da persone condannate per crimini di guerra, citando le loro esperienze come se fossero un esempio, e rendendo loro omaggio in diversi modi", afferma Kolarić.

Lo scorso anno, il ministero della Difesa serbo ha organizzato un evento per promuovere un libro che negava la responsabilità delle forze serbo-bosniache nel massacro di 71 civili a Tuzla, in Bosnia, nel 1995, e un secondo evento che pubblicizzava un libro dell’ex generale delle Forze Armate della Jugoslavia Nebojša Pavković, attualmente in carcere per i crimini commessi in Kosovo. 

‘Le sentenze per crimini di guerra non contano davvero

Dragan Vasiljković è stato dichiarato colpevole per i crimini di guerra commessi tra giugno e luglio 1991 alla fortezza di Knin nella Croazia orientale, dove poliziotti e militari croati in arresto vennero torturati, e per l’attacco ad una stazione di polizia nella città di Glina nel luglio 1991, che portò alla morte di un civile e di un giornalista. 

Vasiljković era emigrato in Australia quando aveva quattordici anni, ma rientrò in Jugoslavia prima dello scoppio della guerra in Croazia. Venne inviato nella Croazia orientale, nel territorio controllato dai ribelli serbo-croati, per essere il comandante di un centro di addestramento per un’unità speciale serba paramilitare. 

Divenne abbastanza noto da comparire in un fumetto di propaganda militare intitolato Knindže (fusione di Knin e Ninja); si candidò poi alle elezioni presidenziali serbe del 1992 alle quali, secondo la rivista Vreme, ottenne 28.010 voti.

Tuttavia, Kolarić ritiene che Vasiljković non possa diventare "un fattore politico significativo al di fuori di una coalizione con i partiti al governo".

Secondo Kolarić, inoltre, Vasiljković potrebbe essere visto come un punto debole dato che il suo ruolo durante la guerra sta per essere menzionato nella prossima sentenza del Tribunale dell’Aja relativa al processo agli ex comandanti dei servizi segreti serbi, Jovica Stanišić e Franko Simatović. "Credo che nessuno voglia attirare troppa attenzione su questa vicenda al momento". 

Šešelj, personaggio di spicco della destra serba dai primi anni ‘90, ha ottenuto di nuovo un seggio in Parlamento nel 2016, dopo che il Tribunale dell’Aja (ICTY) lo aveva esentato dal carcere nel corso del processo consentendogli di tornare in Serbia per curare un cancro. 

Nell’aprile 2018, il Meccanismo residuale lo condannò a dieci anni di carcere per aver incitato a commettere crimini tramite discorsi nazionalisti nel villaggio di Hrtkovci, in Serbia, nel 1992. Avendo tuttavia già trascorso degli anni in custodia, non dovette scontare la pena.

In base alla legislazione serba, se un parlamentare riceve una condanna superiore a sei mesi il suo mandato deve terminare. Ma l’Assemblea serba non ha mai applicato questa legge nei confronti di Šešelj.

Come argomenta Kolarić, il fatto che non sia stato interrotto il mandato di Šešelj "è un chiaro messaggio: lui è privilegiato in questa società, e le sentenze per crimini di guerra non sono importanti, né meritano attenzione". 

Da parlamentare, Šešelj ha avuto a disposizione "uno spazio pubblico per la relativizzazione e la negazione dei crimini di guerra… soprattutto del genocidio di Srebrenica", afferma Kolarić.

Il suo partito d’appartenenza, il Partito radicale serbo, partecipa alla coalizione di governo della municipalità di Belgrado di Stari Grad; questo gli ha consentito a febbraio di utilizzare il palazzo del municipio per promuovere un suo libro in cui nega che il massacro di Srebrenica sia stato un genocidio.

Le altre accuse agli ultranazionalisti

Altri due candidati del Partito radicale serbo sono ricercati dal Tribunale dell’Aja, mentre un terzo candidato è accusato di crimini di guerra commessi durante il conflitto in Kosovo.

Vjerica Radeta e Petar Jojić, due parlamentari del Partito radicale serbo, sono stati accusati dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia di oltraggio alla corte nel corso del processo a Šešelj. I due sono accusati di minacce, ricatti e corruzione ai danni dei testimoni per influenzare le loro testimonianze o per impedirgli del tutto di testimoniare.

Il tribunale aveva inizialmente trasmesso un mandato di arresto nel gennaio 2015, ma un anno dopo la Corte Suprema di Belgrado proibì la loro estradizione all’Aja per l’assenza di basi giuridiche. Da quel momento, il Tribunale dell’Aja ha sempre respinto la richiesta serba di processare i due ultranazionalisti a Belgrado.

Un altro parlamentare del Partito radicale serbo che si è candidato alle prossime elezioni è Božidar Delić, un ex generale delle Forze Armate della Jugoslavia, comandante della 549esima Brigata Motorizzata durante la guerra in Kosovo. Nel 2013 il Centro per il diritto umanitario ha pubblicato un dossier relativo agli attacchi su otto villaggi in Kosovo compiuti da parte di questa brigata tra marzo e aprile 1999, che hanno portato alla morte di 885 persone. 

La Procura serba ha dichiarato a Balkan Insight nel 2013 che ci sono state diverse indagini su Delić , ma che lui ha sempre negato di aver commesso crimini di guerra e non è mai stato incriminato.

Candidati sotto accusa

Nel dicembre dello scorso anno Aleksandar Šapić, ex pallanuotista, leader dell’Alleanza patriottica serba e presidente della municipalità di Novi Beograd, ha comunicato in una conferenza stampa i membri della sua lista alle prossime elezioni.

Šapić ha dichiarato: "Ogni persona dietro di me ha davanti a sé una carriera politica che merita grazie al suo passato". 

Uno di loro era Svetozar Andrić, attualmente il vice di Šapić alla municipalità di Novi Beograd. Durante la guerra in Bosnia Erzegovina, Andrić era il comandante della Brigata Birač dell’esercito serbo-bosniaco, per diventare poi capo di stato maggiore dei Drina Corps

Nel 2018 il Centro per il diritto umanitario ha presentato un esposto accusando Andrić di crimini di guerra. L’accusa era relativa al fatto che Andrić avesse "ordinato ‘l’espulsione’ della popolazione bosniaca dalla [città di] Zvornik" il 28 maggio 1992. 

"Qualche giorno dopo, il 31 maggio 1992, Andrić diede l’ordine di creare il campo di Sušica a Vlasenica. Il campo è esistito fino al 30 settembre 1992. In quei mesi i detenuti si trovavano in condizioni disumane - dormivano sul pavimento e ricevevano un pasto al giorno. Molti di loro venivano picchiati ogni giorno, e le donne venivano stuprate. Circa 160 persone vennero uccise", ha dichiarato il Centro per il diritto umanitario.

"Inoltre, tra maggio e giugno 1992 la brigata comandata da Svetozar Andrić perseguitò i bosniaci in più di venti villaggi della municipalità di Vlasenica. Nel marzo dell’anno seguente, alcuni membri della brigata della quale Andrić era comandante diedero fuoco al villaggio di Gobelje nella municipalità di Vlasenica", prosegue la dichiarazione.

Kolarić ha affermato che la Procura serba non ha risposto al Centro per il diritto umanitario, "quindi non possiamo sapere quali misure sono state prese".

Balkan Insight ha contattato Andrić per un commento, ma al momento della pubblicazione non ha ancora risposto.

Un altro potenziale candidato accusato per la sua condotta durante la guerra è Momir Stojanović, il leader dell’organizzazione Iskreno za Niš della terza città più grande della Serbia, Niš. Stojanović spera di potersi candidare con l’alleanza Narodni Blok, che si oppone all’entrata nella Nato, alla vendita di infrastrutture chiave a stranieri, al riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo e all’ingresso dei migranti nel paese. 

Stojanović è stato comandante delle truppe di Pristina durante la guerra in Kosovo. Ha già ricoperto la carica di parlamentare dal 2012 al 2016 con il Partito progressista serbo ed è stato a capo del comitato parlamentare per il controllo dei servizi segreti.

L’Interpol ha diramato nel 2015 un’allerta internazionale per arrestare lui e altri sedici uomini che la missione dell’Unione europea in Kosovo sospetta di essere responsabili per l’uccisione di civili albanesi nei villaggi di Meja e Korenica nell’aprile del 1999. 

Durante il processo all’Aja ai capi politici, militari e della polizia per i crimini commessi durante la guerra in Kosovo, un testimone fece il nome di Stojanović come uno degli organizzatori delle violenze di Meja e Korenica. Stojanović era presente e negò l’accusa.

La Procura serba ha dichiarato a Balkan Insight di aver indagato su Stojanović e gli altri per questi crimini, ma di aver sospeso le indagini per mancanza di prove.

La costante presenza di criminali di guerra e dei loro sostenitori sulla scena politica serba è stata criticata dalla Commissione europea nel rapporto dello scorso anno sui progressi compiuti dal paese per l’ingresso nell’Unione europea. 

"In molte occasioni le autorità statali hanno fornito spazi pubblici e hanno preso parte alla promozione di attività di criminali di guerra condannati dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Ciò non contribuisce alla creazione di un ambiente favorevole a un giudizio imparziale ed efficace dei casi di crimini di guerra", sostiene il rapporto.

La Commissione europea ha sottolineato inoltre che gli ufficiali serbi hanno ripetutamente impugnato le decisioni del tribunale; il rapporto afferma che la Serbia deve ancora fare molto per "superare l’eredità del passato". Eleggere criminali di guerra non renderà la Serbia più vicina a quell’obiettivo.


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