Benché lo avesse desiderato, Giovanni Paolo II non fu mai invitato ufficialmente a Belgrado. Nel corso degli anni, però, ci sono stati dei progressivi avvicinamenti tra le due chiese, ed oggi l'ortodossia serba lo ricorda come il Papa dell'ecumenismo
La notizia della morte di Papa Giovanni Paolo II ha avuto una larga eco sui media della Serbia e Montenegro. Nei giorni scorsi tutte le aperture dei giornali sono state dominate dalla notizia della morte del Pontefice. Le televisioni si sono occupate del Papa con vari servizi speciali e documentari.
I cattolici della Serbia e Montenegro sono in lutto. Nella cattedrale cattolica di Belgrado, il 3 aprile scorso, si è tenuta una veglia di preghiera, e anche in Montenegro sono state celebrate messe in molte chiese, in particolare sulla costa settentrionale dove è presente una numerosa comunità cattolica.
Ricordiamo che la comunità cattolica in Serbia e Montenegro costituisce il 4% della popolazione, mentre la maggioranza della popolazione è di religione ortodossa (65%).
Cordoglio e rispetto per il Papa è stato espresso anche dai leader religiosi della Chiesa ortodossa serba (SPC). Il patriarca della SPC Pavle ha inviato un telegramma al Vaticano nel quale ha espresso "le più sentite condoglianze" a nome proprio e del suo sinodo. Il patriarca Pavle è anche andato alla nunziatura apostolica di Belgrado per firmare il registro delle condoglianze. Il registro è stato inaugurato, il 4 aprile scorso, dai messaggi del presidente serbo Boris Tadic e dal ministro degli esteri Vuk Draskovic.
Contemporaneamente, è stato annunciata la partecipazione del presidente dell'Unione Serbia e Montenegro Svetozar Marovic e del ministro degli esteri Vuk Draskovic, del presidente serbo Boris Tadic e di quello montenegrino Filip Vujanovic ai funerali di papa Giovanni Paolo II.
Il quotidiano belgradese "Danas", nell'edizione del 4 aprile scorso, si sofferma sui ricordi del ministro Draskovic, quando fu ricevuto da Papa Giovanni Paolo II nel settembre del 2004 a Castel Gandolfo. Durante l'incontro il Papa aveva parlato dell'ecumenismo che mira all'unità della Chiesa, ma non all'uniformità della Chiesa, spiegando che l'obiettivo dell'unità può essere raggiunto soltanto attraverso uno scambio reciproco. Il Papa aveva ripetuto la sua, ormai nota, posizione che l'Europa deve respirare con entrambi i polmoni, sia quelli dell'Est che quelli dell'Ovest, riferendosi alle Chiese orientali ed alle Chiese occidentali.
Se da un lato il Papa ha cercato di riavviare il dialogo con le Chiese ortodosse ed ha visitato alcuni paesi ortodossi tra cui la Grecia, l'Ucraina e la Bulgaria, non è mai stato invitato a visitare il più grande paese ortodosso: la Russia.
Draskovic ricorda che il Papa ebbe modo di sostenere che dopo mille anni di separazione l'incontro tra Oriente e Occidente non è semplice, ma entrambe le parti dovrebbero impegnarsi verso lo scopo dell'unità nella diversità. Nel suo pontificato, Giovani Paolo II aveva anche espresso il desiderio di visitare Belgrado e la Serbia e Montenegro.
Il ministro Draskovic rammenta ancora che già nel 1995 il Papa aveva mostrato la sua volontà di visitare Belgrado, per pregare nella chiesa ortodossa e per rivolgere un appello alle Nazioni Unite affinché abolissero le sanzioni imposte al Paese. Ciononostante non fu mai invitato ufficialmente, ne allora né negli anni che seguirono.
Durante la sanguinosa guerra nei Balcani, negli anni novanta, le forze ultranazionalistiche serbe accusavano il Papa ed il Vaticano per la responsabilità negli eventi bellici nell'ex Jugoslavia. All'epoca il riconoscimento della Croazia da parte del Vaticano fu fortemente criticato, perché i Croati erano ancora visti come feroci nemici. Tuttavia, nonostante le accuse, il Papa aveva sempre mostrato una comprensione per il popolo serbo sotto il regime di Milosevic.
Il Pontefice ha sempre mostrato una disponibilità al dialogo e per il perdono, un atteggiamento chiesto anche ai popoli dei Balcani. Papa Wojtyla aveva parlato molto della necessità della riconciliazione e del perdono, ed aveva aiutato a capire che, nonostante le esperienze belliche, non c'è alternativa al vivere insieme,.
A distanza di 15 anni i rapporti con i vicini si sono normalizzati. Con il cambio del regime in Serbia e Montenegro è cambiato anche il rapporto col Papa e col Vaticano. I rapporti fra la Chiesa cattolica e il Patriarcato serbo sono in fase di miglioramento: meno di un anno fa, una delegazione della curia ortodossa aveva visitato il Vaticano.
Oggi, tutti i leader politici del Paese stanno esprimendo cordoglio al Vaticano, mettendo in primo piano la forza morale del Pontefice di Roma e ricordando l'importanza del perdono, che il Papa aveva sempre richiesto dagli altri, ma che allo stesso tempo aveva sempre offerto a tutti.
Vale la pena concludere con le parole di Stanislav Hocevar, arcivescovo di Belgrado, in un messaggio che tende ad avvicinare le due chiese: "Tutti dicono: il nostro Papa. Sì è anche il nostro! Il Papa ha visitato il nostro Paese con il suo spirito, con il suo interesse, con il suo amore per noi. Grazie, Pietro dei nostri giorni, per lo spirito ecumenico".
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