Quello della stampa belgradese sembra essere un tentativo di fare di un film onesto e commovente, "Grbavica" di Jasmila Zbanic, premiato con l'Orso d'oro a Berlino, oggetto per lo scontro politico. Ma l'opera di Jasmila Zbanic è innanzi tutto un piccolo film intimista

11/04/2006 -  Anonymous User

Di Ivan Jevi, Vreme, 9 marzo 2006; traduzione di Jasna Andjelic per Le Courrier des Balkans, 27 marzo 2006 (titolo originale: "Grbavica : polémiques serbes sur un film de l'après-guerre bosniaque") e di Carlo Dall'Asta per Osservatorio sui Balcani

Poco dopo l'attribuzione a Berlino dell'Orso d'oro, gli organizzatori del Fest (Festival del cinema di Belgrado) hanno fatto arrivare a Belgrado il film bosniaco "Grbavica" di Jasmila Zbanic. Una proiezione speciale ha avuto luogo nella grande sala del centro Sava. Il film era stato accompagnato da una grande pubblicità fin dal momento in cui la regista aveva detto sul palcoscenico del festival di Berlino: «Io spero di far ricordare che undici anni dopo la fine della guerra i criminali di guerra Ratko Mladic e Radovan Karadzic sono ancora in libertà. Essi hanno organizzato lo stupro di 20 mila donne in Bosnia, hanno ucciso 100 mila persone e ne hanno deportate un milione. Tutto ciò si è svolto in Europa, ma nessuno ancora sembra ritenere opportuno il loro arresto».

In seguito l'attrice serba Mira Karanovic, che interpreta il ruolo principale in "Grbavica", è stata più volte attaccata dalla stampa e più volte difesa, tra gli altri, da una trasmissione della televisione Pink. Sembra che queste difese siano state anche peggiori degli attacchi. Il regista Goran Paskaljevic è stato aggredito fisicamente in un caffé in quanto «maggior traditore del popolo serbo» perché aveva votato per questo film. In realtà egli a Berlino faceva parte di una giuria del tutto differente e non ha niente a che fare col premio di Jasmila.

La prima belgradese di "Grbavica" non si è svolta senza incidenti. Alcuni rappresentanti dell'organizzazione giovanile del Partito radicale serbo, che ostentavano magliette con le foto di Vojislav Seselj, Ratko Mladic e Radovan Karadzic, hanno accompagnato le prime scene del film con fischi e grida come «Serbia!». Una ragazza del gruppo ha tentato di rivolgersi agli spettatori ma il servizio d'ordine gli ha tolto il microfono. Il pubblico in sala ha accolto con sollievo la partenza dei giovani radicali.

Dopo la proiezione la regista e una parte della troupe, tra cui l'attrice principale, hanno salutato il pubblico. Mira Karanovic ha raccolto il maggior numero di applausi. Jasmila ha poi voluto approfittare dell'occasione per ribadire il suo messaggio politico, ma con parole più misurate rispetto a quelle di Berlino : «Vi ringrazio di essere venuti. Ci tengo a dirvi che io spero che la proiezione di "Grbavica" a Belgrado segni la fine di un ciclo e l'inizio di un periodo nuovo. Il lavoro sul soggetto è iniziato qui».
È del tutto legittimo che un autore approfitti dell'attenzione del pubblico per esprimere le sue posizioni politiche. È ugualmente legittimo che tali posizioni non piacciano a tutti, siano essi gli attivisti giovanili di un partito politico o dei giornalisti. Ciò nonostante, bisogna distinguere chiaramente il messaggio che il regista propone nelle sue apparizioni pubbliche e il messaggio del suo film. Il giornale Srpski nacional nel suo oscuro articolo «Accuse a causa di Grbavica» dà le seguenti informazioni: «Il film "Grbavica" di Jasmila Zbanic, premiato al Festival cinematografico di Berlino, che parla dello stupro e dell'uccisione, compiuti dai Serbi, di 20.000 donne musulmane, ha turbato il pubblico serbo». Tutto ciò è completamente falso. Non è questo il soggetto del film. Il giornale fa il tipico errore di confondere il messaggio politico del regista col contenuto del film. La seconda informazione falsa apparsa durante la promozione sui media di "Grbavica" concerne la classificazione del film come film di guerra. Non è vero. L'azione si svolge 15 o 16 anni dopo la guerra. Infine, non si tratta di propaganda politica mirata a dipingere i serbi come criminali. In realtà, non vi si mostrano né serbi né cetnici, e i loro misfatti sono solamente menzionati. Dopo avere elencato tutte le false interpretazioni del film, noi, che l'abbiamo visto nella grande sala del centro Sava, possiamo dunque commentarlo.

In tutta onestà, "Grbavica" non merita l'Orso d'oro. La decisione di conferire questo premio non si è basata su ragioni puramente estetiche. Similmente all'Oscar bosniaco ottenuto qualche anno fa da Danis Tanovi, l'Orso bosniaco di Jasmila Zbanic è stato ottenuto solo grazie alla considerazione del contesto sociale e storico del film, alla compassione verso gli sventurati che ne sono i protagonisti. Il film è caratterizzato da un eccellente lavoro da parte degli attori e da una buona produzione, ma è evidente che l'operato del regista non è niente di straordinario.

Dire che il film non merita il premio è una cosa, sostenere che sia un fiasco è tutt'altra cosa. Si tratta di un dramma onesto, la cui qualità principale è l'assenza di pretenziosità - il film non promette nulla che non possa mantenere. Dal punto di vista estetico, e da quello del soggetto, ricorda i film drammatici girati nell'ex Jugoslavia durante gli anni '70 e '80 e trasmessi in televisione. L'eroina Esma e sua figlia mettono a confronto, ciascuna a suo modo, le loro esperienze della guerra. Per la madre la guerra racchiude un oscuro segreto, che essa preferisce dimenticare per continuare a vivere. Per la figlia la guerra rappresenta un vuoto, una ricerca delle proprie origini e della propria identità.

I nuovi film di Wim Wenders e di Jim Jarmush che abbiamo potuto vedere al Fest trattano del problema della ricerca dell'identità attraverso la ricostruzione dei rapporti familiari. La vera qualità di "Grbavica" è quella di non utilizzare il tema della guerra come un terreno di dibattito politico, ma come un punto di rottura, fonte di una emozione universalmente riconoscibile, che l'uomo moderno deve seppellire per ritrovare il proprio "sé". Lo stupro non è menzionato che in una commovente scena in cui la madre rivela la verità alla figlia. Due dei momenti più belli del film sono la scena in cui una donna canta un'antica "sevdalinka" in un centro di terapia di gruppo, mentre la camera scorre sui volti impassibili delle altre donne, e il secondo è la città di Sarajevo. L'amore dei personaggi e della regista per questa città trasformano Sarajevo nella protagonista del film. Si ha l'impressione che Grbavica non sia potuta accadere in nessun altro posto se non a Sarajevo, col suo destino segnato, con le sue cicatrici visibili ed invisibili.

Altrettanto notevoli sono alcune sequenze «home video» come anche degli estratti televisivi di prima e dopo la guerra, e degli estratti da processi di uomini politici, a Belgrado e all'Aja.

Contrariamente agli sforzi della regista, dei giornalisti, delle organizzazioni politiche e perfino della giuria di Berlino, "Grbavica" non è un racconto che si presti ad entrare in un gioco politico. È un piccolo film intimista su dei destini umani, che merita il tempo dello spettatore e il prezzo del biglietto del cinema. Questo è il suo solo significato.


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