Con l'arresto di Goran Hadžić, avvenuto mercoledì 20 luglio alle ore 8.24 a Fruška Gora, in Vojvodina, si chiude il capitolo della collaborazione tra la Serbia e il Tribunale internazionale dell'Aja per i crimini in ex Jugoslavia. Con l'arresto dell'ultimo dei latitanti cade anche l'ostacolo maggiore per il cammino della Serbia verso l'Ue. Ora Belgrado aspetta che Bruxelles dia il via libera per lo status di paese candidato. Un commento
Goran Hadžić era l’ultimo dei latitanti ricercati dal Tribunale internazionale dell’Aja per i crimini nella ex Jugoslavia (TPI), l’ultimo dei 161 accusati da questo tribunale e il 46simo consegnato dalla Serbia. Con Hadžić si chiude il capitolo della ricerca dei criminali di grosso calibro, il TPI dell’Aja può così pianificare una data plausibile per la chiusura definitiva.Il Tribunale deve chiudere nel 2014 ma proseguirà il lavoro in forma ridotta (il cosiddetto "meccanismo giudiziale residuale") fino alle sentenze definitive di tutti gli accusati arrestati recentemente, poi passerà alla storia come un grande esperimento di giustizia internazionale sui crimini di guerra, il primo in Europa dopo la Seconda guerra mondiale. I casi e le sentenze entreranno nella giurisprudenza internazionale e molti ricercatori analizzeranno il lavoro di questa istituzione fondata nel maggio 1993 con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu n. 827.
Per la Serbia è un’ottima notizia, benché attesa. Dopo Karadžić (arrestato nel luglio 2008) e Mladić (arrestato il 26 maggio scorso) l’arresto e la conseguente estradizione all’Aja di Goran Hadžić erano solo questione di giorni. Difficile trovare in Serbia oggi qualcuno che si dica sorpreso della cattura dell’ex presidente della Repubblica serba di Krajina. Nonostante sia l’ultimo dei latitanti, Hadžić non è del rango di Karadžić o Mladić. Questi ultimi erano i veri “pesci grossi”, mentre Goran Hadžić può essere considerato un accusato di secondo ordine. Un amico che vive a Belgrado lo ha definito con molta ironia “la bonus track nel CD Karadžić e Mladić”.
Hadžić non è un nome noto al grande pubblico, anche se ha avuto un ruolo importante nel massacro di Vukovar, nella collaborazione con le Tigri di Arkan, con le formazione paramilitari che hanno ucciso e saccheggiato in Croazia. Per il grande pubblico la sua notorietà è dovuta più che altro al fatto che sia stato l’ultimo ostacolo della Serbia verso l’integrazione europea. Con Hadžić cade una delle più grosse condizionalità dell’Ue verso la Serbia, declinata nella piena collaborazione con il TPI dell’Aja.
Il presidente Tadić durante la conferenza stampa seguita all’arresto del latitante ha ribadito che la cattura è importante per la Serbia e per i suoi cittadini, per quelli di tutta la regione.
Non sono le pressioni europee che portano agli arresti, ha detto Tadić. Forse. Sta di fatto però che, senza la condizionalità dell’Ue, difficilmente si sarebbe arrivati all’arresto dei latitanti, così come è vero che senza la chiara volontà politica di Belgrado la Serbia sarebbe ancora molto lontana dalla chiusura del capitolo della collaborazione con il TPI.
Tolto uno dei maggiori ostacoli verso il cammino europeo, la Serbia ora attende che Bruxelles mantenga le promesse. Lo status di candidato e, se possibile, la data di avvio dei negoziati. Il tutto entro la fine dell’anno in corso.
Venti anni dopo l’inizio del conflitto nella ex Jugoslavia, la Serbia è cambiata, i suoi cittadini sono cambiati. Ed anche l’immagine della Serbia agli occhi dell’opinione pubblica mondiale sta cambiando. La strada verso l’Ue però è ancora lunga e piena di difficoltà, spetta alla Serbia adottare delle riforme sostanziali, non solo per accelerare il percorso europeo, ma soprattutto per migliorasi come stato moderno e democratico.
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