All'interno dell'UE è in corso un dibattito sulla possibilità di far ripartire i negoziati per la firma dell'Accordo di associazione e stabilizzazione con la Serbia. I membri dell'UE rimangono divisi sul da farsi
Che la Serbia sia in un momento difficile sembra ormai noto a tutti, compresi i ministri degli Esteri dei paesi dell'UE. In questi giorni si è dibattuto a lungo in seno all'UE se far ripartire i negoziati per l'Accordo di associazione e stabilizzazione (SAA) con la Serbia oppure aspettare la tanto attesa collaborazione con il Tribunale dell'Aja, di cui il passo più significativo sarebbe la consegna del super latitante Ratko Mladic accusato di gravi crimini di guerra.
I negoziati per il SAA tra la Serbia e l'UE sono stati congelati nel maggio di quest'anno, dopo le promesse disattese di piena collaborazione con il TPI dell'Aja e la mancata cattura di Mladic. E oggi la Serbia rimane l'unico paese dell'area a non aver sottoscritto tale accordo.
Belgrado si trova in un momento delicato. Da un lato c'è l'annosa questione del Kosovo che si avvia verso una preliminare soluzione. In gioco c'è lo status della provincia a maggioranza albanese, dove quest'ultima chiede l'indipendenza mentre dall'alta parte Belgrado propone solo l'autonomia, benché "sostanziale". Dall'altro lato ci sono le imminenti elezioni politiche, fissate per il 21 gennaio prossimo, banco di prova per vedere quale sarà l'assetto politico del paese nel prossimo futuro.
Fatti recenti lasciano pensare che la comunità internazionale stia riconsiderando l'importanza regionale della più popolosa delle ex repubbliche jugoslave. Il recente invito della NATO rivolto alla Serbia per l'ingresso nella Partnership for Peace, precondizione per poter accedere al programma NATO, ha ridato speranze alle leadership locali riguardo la ripresa dell'integrazione euro-atlantica. Una sorta di iniezione di fiducia che potrebbe soffiare nelle vele dei partiti democratici in lizza per la formazione del nuovo esecutivo serbo.
Segnali di comprensione sembrano giungere anche da Bruxelles. I capi della diplomazia dell'UE hanno salutato con favore lo sforzo della Serbia, "nel rinforzare la capacità dell'amministrazione dello stato e nella stabilità macroeconomica". Tuttavia all'interno dell'UE le posizioni su Belgrado rimangono divise. Da un lato paesi come l'Italia, l'Ungheria, la Slovenia, la Spagna e la Slovacchia spingono per il riavvio dei negoziati anche prima delle elezioni politiche e quindi a prescindere dalla cattura del superlatitante. Dall'altro emergono le ferme posizioni di Francia, Gran Bretagna, Germania e Olanda le quali insistono sull'imprescindibilità della piena collaborazione con L'Aja e quindi sostengono la non necessità di ammorbidire la posizione dell'UE rispetto al percorso di avvicinamento della Serbia.
Italia e Ungheria, con l'aiuto degli Usa, ritengono che le pressioni della comunità internazionale non abbiano dato i dovuti risultati. Questi paesi sono inclini a credere che se la Serbia firmasse l'Accordo di associazione e stabilizzazione con l'Unione europea si rinforzerebbero le forze democratiche del paese e si aumenterebbe il grado di collaborazione riguardo la giustizia internazionale, oltre che a fugare la possibilità di un successo elettorale degli ultranazionalisti serbi alle prossime elezioni.
L'impressione è che la diplomazia italiana di recente si sia data parecchio da fare per sostenere Belgrado. Massimo D'Alema in una recente visita nella capitale serba, in occasione dell'inaugurazione del nuovo Palazzo Italia, ha espresso il suo pieno appoggio alla Serbia. Da notare è che nell'ambito di questa visita il ministro degli Esteri italiano ha firmato un accordo coi rappresentanti serbi per la cancellazione (o meglio la diminuzione) del debito nel quadro del Club di Parigi per una cifra di 96 milioni di euro (circa il 54% in meno quindi). La riprogrammazione del debito tra l'Italia e la Serbia prevede che i restanti 79 milioni di euro vengano restituiti entro il 2041.
Dal canto suo pure il presidente del Consiglio Romano Prodi ha ripetutamente speso parole di supporto per la Serbia. Tanto che il premier italiano intende mettere sul tavolo del prossimo Consiglio europeo di Bruxelles anche la questione dei rapporti con Serbia, Macedonia e Kosovo con l'obiettivo di "spingere sulla strada dell'integrazione europea".
Tuttavia, nonostante il premier italiano abbia inviato una lettera al membri dell'UE suggerendo di far ripartire i negoziati con la Serbia anche se quest'ultima non ha realizzato una piena collaborazione con il Tribunale dell'Aja, è difficile pensare che l'UE decida di seguire il suggerimento italiano al prossimo summit dei capi di stato previsto per il 14 e 15 dicembre prossimi.
"La proposta italiana senza appoggio dell'UE" titola il quotidiano belgradese "Danas" (13 dicembre), "La UE divisa in tre blocchi" il quotidiano "Politika", mentre B92 scrive "L'UE senza accordo sulla Serbia". Stando alle diverse fonti appare quindi più probabile che un accordo in seno all'UE sul riavvio dei negoziati con la Serbia possa essere raggiunto il 22 gennaio, alla prossima seduta del Consiglio dei ministri dell'UE, cioè dopo le elezioni serbe, quando verrà formato un nuovo governo dal quale - come ha avuto modo di dire l'ex ministro degli Esteri serbo Goran Svilanovic - "ci si aspetta un governo decisivo, che finalmente abbia una visione omogenea sia sulla collaborazione con il Tribunale dell'Aja che per quanto riguarda la continuazione dei negoziati sul Kosovo. Un governo che, anche quando non sarà unanimemente d'accordo, sia costruttivo".
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