La Commissaria Ue Ylva Johansson e il Direttore esecutivo di Frontex Hans Leijtens © Alexandros Michailidis/Shutterstock

La Commissaria Ue Ylva Johansson e il Direttore esecutivo di Frontex Hans Leijtens © Alexandros Michailidis/Shutterstock

Nonostante le denunce di cattiva gestione dei flussi migratori e di violazioni dei diritti umani in Serbia, a fine giugno la Commissione europea ha siglato un nuovo accordo con Belgrado per rafforzare la cooperazione nel controllo delle migrazioni

18/07/2024 -  Massimo Guglietta

Lo scorso 25 giugno la Commissione europea ha firmato un accordo con la Serbia per facilitare la cooperazione operativa tra Belgrado e l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex).

L'accordo, come si afferma in un comunicato diffuso dalla Commissione europea, “permetterà a Frontex di effettuare operazioni congiunte e dispiegare il corpo permanente della guardia di frontiera e costiera su tutto il territorio della Serbia, compresi i suoi confini con i paesi non appartenenti all’UE”.

Il nuovo accordo si basa su un’iniziativa di cooperazione operativa, lanciata nel 2021, nell’ambito della quale 111 agenti di Frontex sono stati schierati sul territorio serbo, vicino ai confini con Ungheria e Bulgaria. Se il precedente accordo consentiva all’agenzia europea di effettuare operazioni soltanto lungo i confini tra Serbia e stati membri dell’UE (Ungheria, Bulgaria, Croazia, Romania), con la nuova intesa la partnership è stata rafforzata, prevedendo la possibilità per Frontex di sostenere le guardie di frontiera serbe nel pattugliamento dei confini con Bosnia Erzegovina, Macedonia del Nord e Montenegro, ma anche nel controllo del confine con il Kosovo, che la Serbia non riconosce come stato sovrano.

Ylva Johansson, Commissaria europea per gli Affari Interni, ha confermato le novità previste dal nuovo accordo, affermando che “sotto la guida delle autorità serbe, sempre su loro iniziativa, Frontex d’ora in poi potrà sostenere le guardie di frontiera e forze dell’ordine serbe anche lungo i confini con la Bosnia Erzegovina e la Macedonia del Nord”.

A firmare l’accordo a nome della Serba è stato Ivica Dačić, ministro dell’Interno, il quale ha precisato che “ogni poliziotto dell’UE che si unirà alla polizia di frontiera serba contribuirà a fornire un’ampia risposta alle sfide della lotta all’immigrazione irregolare”.

Affinché l’accordo possa essere messo in pratica, è necessario che venga approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’UE, e poi ratificato dal parlamento di Belgrado.

La situazione in Serbia

Grazie alla sua posizione geografica e il fatto di confinare con alcuni stati membri dell’UE, la Serbia è stata a lungo il principale paese di transito sulla rotta dei Balcani occidentali. Tuttavia, una serie di misure di sicurezza, sempre più rigide, introdotte negli ultimi anni con l’intento di deviare e rallentare i migranti, ha stravolto le dinamiche delle rotte migratorie. Secondo Frontex , “parte della pressione si è spostata dalle frontiere serbe al confine tra UE e Bosnia Erzegovina, dove nei primi undici mesi del 2023 il numero di attraversamenti illegali è aumentato di circa l’80% rispetto allo stesso periodo del 2022”.

Stando ai dati diffusi dal Commissariato serbo per i rifugiati e le migrazioni, nei primi quattro mesi di quest’anno il numero di migranti in Serbia è diminuito del 73% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Un calo che coincide con lo sfascio del sistema di gestione delle migrazioni in Serbia.

Dei sedici centri di accoglienza per migranti e richiedenti asilo presenti sul territorio serbo, cinque strutture, situate vicino ai confini con l’Ungheria e la Croazia, sono attualmente chiuse. Inoltre, gli sfratti dai centri a causa del sovraffollamento sono diventati una prassi comune e almeno un centro ha smesso di prendere in carico nuove richieste di asilo. Border Violence Monitoring Network sostiene che le dinamiche di cui sopra siano frutto di “evidenti sforzi dello stato [serbo] per limitare lo spostamento dei migranti a sud della capitale [Belgrado], al contempo ostacolando l’accesso all’asilo”.

La polizia di frontiera serba – che dovrebbe essere rafforzata grazie alla collaborazione con Frontex – è stata accusata di respingere con violenza i migranti che tentano di entrare in Serbia. Queste pratiche violente sono emerse anche da una serie di inchieste condotte da BVMN.

A febbraio un gruppo di circa 40-50 migranti è stato costretto a lasciare il centro di accoglienza di Obrenovac, per poi essere respinto verso la Bulgaria. A maggio un giovane marocchino ha raccontato di come alcuni agenti serbi abbiano picchiato tre giovani migranti e distrutto i loro cellulari, per poi costringerli a lasciare la Serbia. È emerso anche un video che mostra un gruppo di migranti costretti a spogliarsi prima di essere respinti dalla Serbia verso la Macedonia del Nord. Simili testimonianze arrivano anche dalla Romania.

Nel frattempo, le autorità serbe hanno aperto nuovi punti di controllo vicino ai confini con Bosnia Erzegovina, Ungheria, Bulgaria e Macedonia del Nord. All’inizio di maggio, gli agenti di Frontex (tedeschi e italiani) sono stati avvistati nel nord della Serbia.

Una recente inchiesta di EUobserver ha rivelato un altro aspetto problematico. I migranti che attraversano la rotta balcanica – a causa dell’eccessiva prescrizione di farmaci, solitudine e mancanza di strutture sanitarie adeguate – rischiano di sviluppare una dipendenza da farmaci utilizzati per trattare epilessia, ansia e attacchi di panico.

Come ha raccontato un attivista, “anche quando qualcuno lamenta mal di testa o insonnia, i medici rispondono somministrandogli immediatamente forti antidepressivi e ansiolitici”. In Serbia l’assistenza sanitaria è considerata inadeguata anche per via del sovraffollamento e della carenza di medici e servizi.

Esternalizzazione della gestione delle frontiere europee

L’accordo tra Serbia e Frontex – l’ultimo in ordine di tempo firmato nell’ambito del Piano d'azione per la cooperazione con i Balcani occidentali in materia migratoria – si inscrive in una lunga serie di accordi siglati tra UE e paesi terzi allo scopo di rafforzare le frontiere esterne d’Europa.

Nel maggio 2024, dopo il via libera del Parlamento europeo, il Consiglio dell’UE ha approvato il Patto sulla migrazione e l'asilo , stabilendo nuove norme per la gestione delle migrazioni e per un sistema comune europeo di asilo. Il Patto pone l’enfasi sulla cooperazione con i paesi di origine e di transito dei migranti, con particolare attenzione ai Balcani. Lo scopo, secondo BVMN , è quello di “facilitare le operazioni di rimpatrio verso i cosiddetti ‘paesi terzi sicuri’ e di rafforzare l’esternalizzazione del controllo delle frontiere al di fuori dell’UE”.

Questa particolare attenzione rivolta ai Balcani è ulteriormente rafforzata dal summenzionato Piano d’azione che mira a sostenere gli stati membri esposti a pressioni migratorie lungo la rotta balcanica. L’obiettivo del piano – come si legge in un comunicato diffuso dalla Commissione europea – è quello di rafforzare il controllo delle frontiere, garantire procedure di asilo rapide, combattere il traffico di migranti e “intensificare la cooperazione con i partner dei Balcani occidentali in materia di migrazione e gestione delle frontiere”.

Sulla scorta di questi piani, l’UE ha rafforzato i partenariati nella regione, firmando nuovi accordi di cooperazione nella gestione delle frontiere tra Frontex e Moldavia (2022), Macedonia del Nord (2023), Montenegro (2023) e Albania (2024). Tuttavia, le inchieste di BIRN e Solomon hanno dimostrato che, similmente a quanto accade in Serbia, gli agenti di Frontex, pur essendone al corrente, ignorano i respingimenti in Albania e Bulgaria.

Gli accordi di cui sopra e il rafforzamento delle misure di sicurezza hanno contribuito a ridurre del 71% il numero di attraversamenti irregolari delle frontiere nei Balcani occidentali nei primi cinque mesi di quest’anno.

La rotta balcanica

Nonostante questo recente calo, la rotta dei Balcani da decenni ormai è uno dei percorsi più battuti e pericolosi verso l’Europa. Stando ai dati pubblicati da Frontex, solo nel 2023 sono stati registrati quasi 100.000 attraversamenti irregolari delle frontiere nei Balcani occidentali.

Pur essendo difficile da accertare, il numero esatto di morti lungo la rotta balcanica è molto sottostimato: la piattaforma Missing Migrants dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni riporta che dal 2014 ad oggi 377 persone sono scomparse nel tentativo di attraversare i Balcani. Al culmine della crisi migratoria del 2015, la rotta balcanica, secondo Frontex , è stata attraversata da 764mila migranti in viaggio verso l’Europa.

Anche se la rotta balcanica continua ad essere percorsa da chi cerca di raggiungere l’Europa, i recenti accordi, come quello con la Serbia, rivelano i tentativi dell’UE di controllare i flussi migratori e, in ultima analisi, di fermare i migranti lontano dai confini degli stati membri.

 

Questo articolo è stato prodotto nell'ambito diMigraVoice: Migrant Voices Matter in the European Media”, progetto editoriale realizzato con il contributo dell'Unione Europea. Le posizioni contenute in questo testo sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni dell'Unione europea


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