Operaio della Zastava - foto di Gughi Fassino

Nel settembre scorso l'accordo tra la Serbia e la Fiat. Grandi speranze per rilanciare la Zastava. Ora la crisi economica globale, che sta colpendo fortemente il settore dell'auto, rischia di rimettere tutto in discussione

19/12/2008 -  Aleksandra Mijalković Belgrado

La grande aspettativa, che tra i lavoratori della Zastava di Kragujevac era stata suscitata dall'annunciato ritorno del loro più importante partner strategico, l'italiana Fiat, si è completamente smorzata. Le prospettive di sviluppo della industria automobilistica serba, fortemente sostenute dai politici locali, sono ora molto più incerte. Dagli stabilimenti di Torino infatti è arrivata la notizia che circa 48.000 lavoratori sono stati mandati in cassa integrazione per un mese.

La crisi economica ha fortemente colpito le case automobilistiche di tutto il mondo, e non poteva arrivare in un momento peggiore per i lavoratori di Kragujevac. A novembre è stata infatti fermata la produzione delle automobili Zastava, mentre la nuova azienda, "Fiat automobili Serbia", non è ancora partita. L'unica cosa certa è che 1.269 lavoratori della Zastava automobili (su un totale di circa 3.800) che hanno accettato il programma sociale del governo da questi giorni inizieranno a ricevere denaro garantito per questo scopo dal bilancio della Serbia (complessivamente si tratta di circa 450 milioni di dinari). Ma cosa sarà degli altri lavoratori?

Secondo l'accordo tra il governo serbo e la Fiat nella nuova compagnia dovrebbero essere impiegati 2.433 lavoratori entro la fine del 2011, dei quali i primi mille avrebbero dovuto iniziare a lavorare già nel dicembre 2008. L'accordo prevede che i lavoratori della Zastava che non accettano il programma sociale, e che non verranno assunti dalla nuova fabbrica, riceveranno ugualmente il loro stipendio per tutto il 2009, anche se non lavoreranno. Questi, richiamandosi al Protocollo sull'aiuto all'impiego, firmato ieri tra il sindacato della Zastava e i rappresentati della città di Kragujevac, avranno la precedenza sugli altri disoccupati quando presenteranno la richiesta di lavoro nelle piccole e medie aziende che dovrebbero nascere come indotto della presenza della Fiat. Secondo le prime stime, di questa forma di aiuto beneficeranno in particolare i quadri della Zastava in possesso di un'alta formazione.

Promesse e paure

Già adesso è evidente che per quest'anno a Kragujevac, come era stato invece promesso, non si creeranno nuovi posti di lavoro. Il 18 dicembre il segretario del ministero dell'Economia e dello Sviluppo regionale, Nebojša Ćirić, ha però annunciato che dai colloqui tra i rappresentanti della Fiat (guidati dal presidente del Consiglio di amministrazione della neoformata azienda mista Giovanni de Filippis) e i rappresentanti dei sindacati è emerso che entro la fine dell'anno sarà nota l'organizzazione della struttura della nuova azienda e che alla metà di gennaio verrà avviata la selezione dei primi 1000 lavoratori.

Secondo Ćirić inoltre la Fiat è seriamente impegnata in questo progetto e il contratto tra il complesso automobilistico italiano e lo stato serbo non sarà minacciato dalla crisi economica mondiale. Le nuove circostanze del mercato mondiale, aggiunge Ćirić, hanno portato in primo piano le automobili economiche e a basso consumo, proprio quelle che dovrebbero essere prodotte a Kraguejvac a partire dal 2010. Pertanto la Fiat pensa già di allargare la produzione di questi piccoli veicoli nel suo stabilimento della Polonia, e, come afferma il rappresentante del ministero dell'Economia, esiste la possibilità che in Serbia vengano prodotti determinati componenti per questi veicoli, ed anche i motori.

Il presidente del Sindacato indipendente della Zastava, Zoran Mihajlović ha però espresso ai giornalisti il timore che la Fiat non sarà in grado di rispettare gli impegni assunti con l'accordo, in particolare quello di pagare entro marzo 2009 tutti i 200 milioni di euro di investimento di base nell'azienda comune. Mihajlović è particolarmente preoccupato dalla dichiarazione del presidente del gruppo Fiat, Sergio Marchionne, secondo il quale la sua compagnia deve trovare un forte "partner strategico" per poter superare la crisi mondiale del settore automobilistico, e che il 2009 sarà "l'anno peggiore della sua vita".

Russi o italiani?

Nonostante questo, i funzionari serbi restano dell'idea che il contratto con la Fiat, firmato lo scorso 29 settembre, non sarà rimandato né verrà messo in discussione, e chi più si è impegnato in questo affare, il vice premier e ministro dell'Economia e dello Sviluppo regionale, Mlađan Dinkić (questa settimana di nuovo eletto come presidente del partito G17 plus), cerca di convincere l'opinione pubblica che l'investimento comune nella Zastava di Kraguejvac, del valore di 950 milioni di euro, non solo è il maggior investimento mai realizzato in Serbia, ma anche il più grande sostegno all'export serbo dell'ultimo periodo. Dinkić, per corroborare la sua posizione, nei giorni scorsi ha fatto richiamo alla dichiarazione del vicepresidente della Fiat Alfredo Altavilla, secondo il quale i piani per la Zastava verranno di sicuro realizzati (a dire il vero non è stato in grado di dire con maggiore precisazione quali piani e quando).

Tuttavia, Nenad Popović, oppositore politico di Dinkić e presidente del Consiglio economico del Partito democratico della Serbia (DSS), lo ha accusato pubblicamente di "insuccesso", ritenendo che la Fiat non verrà a Kragujevac, che la produzione alla Zastava, è stata fermata senza motivo su richiesta del partner italiano, il quale, in effetti, non ha alcuna intenzione di versare il già ridotto investimento di base per poter far partire la nuova azienda comune, né tanto meno avrebbe intenzione di avviare una nuova produzione e creare "decine di migliaia di posti di lavoro".

Secondo Popović, l'intero affare con la compagnia di Torino è stato solo parte "della campagna elettorale", e il conto sarà pagato sia dai lavoratori di Kragujevac che dalle casse dello stato, e tutto ciò senza alcuna garanzia che la Fiat rispetti la sua parte di obblighi.

Come esempio di "buon affare", di contro a questo "cattivo" stipulato con gli italiani, il DSS avanza il cosiddetto accordo sul gas con i russi, contro il quale (ovviamente) si è pronunciato il G17 plus. Purtroppo, mentre i politici si "beccano", i cittadini serbi perdono la fiducia sia nei partner "orientali" che in quelli "occidentali", e soprattutto nei propri politici.


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