Negli anni '60 e '70 erano arrivati per lavorare. Poi, in particolare dopo il '99, sono arrivati come rifugiati. Kragujevac è stata tra le mete principali delle migrazioni interne alla Jugoslavia nel secondo dopoguerra. La puntata finale del reportage OB sulla grande fabbrica e la sua città. Economia, società e sviluppo locale nelle transizioni
Reportage: Pianeta Zastava - I
Reportage: Pianeta Zastava - II
Reportage: Pianeta Zastava - III
Reportage: Pianeta Zastava - IV
Rifugiati
"Sloga", unione, è un'associazione che riunisce ben 500 imprenditori locali. La sua sede è in centro città. Nella sala riunioni un grande tavolo di legno scuro e sedie imbottite. L'aria che si respira è da organizzazione non governativa. L'atmosfera è informale, la sensazione che si faccia tutto con poche risorse.
E' qui che lavora Ljubisa Niksic. Giornalista, è nato in Kosovo e nel '99 si è trasferito in Bosnia e vi ha lavorato per varie radio e televisioni. Poi, due anni fa, è arrivato a Kragujevac. Prima ha lavorato per una tv del posto e poi è passato all'associazione degli imprenditori.
"E' una città dove mi sono sentito fin da subito accolto. Avevo qui parenti, come molti serbi originari del Kosovo. Ed allora mi sono trasferito".
Quasi il 10% della popolazione di Kragujevac è costituito da sfollati dal Kosovo e rifugiati originari di Bosnia e Croazia. Secondo le stime ufficiali sarebbero circa 14.000. Durante gli anni '90 si è verificato un vero e proprio spostamento di popolazione lungo un tracciato che era stato già definito dalle migrazioni economiche interne alla Jugoslavia negli anni '60 e '70. In molti infatti in quegli anni arrivarono per lavorare alla Zastava. Poi, a seguito dei drammatici anni '90 ed in particolare in seguito ai bombardamenti NATO del '99, sono arrivati a raggiungerli anche parenti, amici e conoscenti, alla ricerca di un appiglio qualsiasi per ricostruire la propria vita dopo essere stati obbligati a lasciare le proprie case. Prima ci si è mossi per lavoro e poi per la guerra, quando, di lavoro, non ne era rimasto per nessuno. Una situazione drammatica.
"Siamo sopravvissuti a quegli anni solo perché la Serbia dopotutto è un paese ricco, in molti hanno un orto, è stato possibile in qualche modo arrangiarsi" racconta Liljana Palibrk, dita allungate e decise, mani richiuse una sull'altra "il problema è che ancora oggi in molti non lavorano ed in generale qui a Kragujevac ci si aspetta che qualcuno venga da fuori e risolva i nostri problemi". Liljana a Kragujevac presiede l'Helisinki Comittee for Human Rights, organizzazione internazionale che si occupa di tutela dei diritti umani.
Per strada ci fermiamo a chiacchierare con la gente, chiediamo opinioni sulla Zastava. Siete di qui? "Beh si ... in realtà non proprio". Sono in molti a non essere nati a Kragujevac. Tra questi anche un ragazzo biondo, sguardo timido, che affitta piccole vetture elettriche in una delle piazze principali della città. Bambini, con piglio da piloti, sfiorano anziani concentrati nelle chiacchiere del pomeriggio, trasformando in circuito la zona pedonale. Anche lui non è di Kragujevac ed arriva dal sud della Serbia. Anche lui alla fine è finito ad occuparsi di auto. Ma il suo non è un inseguire un sogno jugoslavo ma un non affondare in quel che ne rimane.
Fića
L'ufficio dell'ingegnere Slavoljub Ristic ha un'ampia vetrata su di un'autofficina. Sulla parete dietro alla sua scrivania un poster, una Yugo decappottabile ed una modella in abiti succinti sul sedile posteriore. Lo slogan: al passo coi tempi.
Siamo nel settore "Zastava Yugo sport", un reparto corse ormai esautorato dalla storia e che pian piano non si è più occupato di auto sportive e go-kart, alcuni dei quali rimangono impolverati in un angolo dell'autofficina, ma dove si è ora dediti ad installare sui vari modelli Zastava impianti a gas.
"Quest'anno siamo stati premiati da un'associazione di giornalisti come i migliori rivenditori di automobili dell'intera Serbia" racconta Ristic che mantiene un piglio serioso nonostante la situazione nella quale lavora sia del tutto paradossale. Ci passa un grafico: nel 2004 questo reparto ha venduto 771 automobili.
Nel garage un grande poster ricorda che negli anni '80, in un rally negli Stati Uniti, una Yugo ha sconfitto marche ben più prestigiose tra le quali Saab e Mercedes. E' in inglese. Al culmine del suo successo, nel 1985, la Zastava è stata la prima azienda automobilistica dell'est Europa ad esportare negli Stati Uniti. 140.000 vetture vendute ed una fama ambigua: gli americani rimasero soprattutto sorpresi ed affezionati al modello che si chiamava "Yugo", tu vai, e nonostante questo proprio non andava.
L'atteggiamento di Ristic è l'esasperazione di un sentimento che si percepisce forte in città. Da una parte non si nega che la Zastava sia allo sbando, dall'altra la si vorrebbe ancora viva, ed in parte ci si comporta come se lo fosse.
Un legame limpido e sincero è quello invece che lega la gente ad alcuni modelli storici della Zastava. Soprattutto la Fića, versione jugoslava della FIAT 600. Tra questi vi è Milan, faccia simpatica, ancora qualche brufolo e gli occhi irrequieti dei vent'anni. La sua Fića ha un volante fatto di anelli di metallo saldati tra loro, alzacristalli elettrici e un subwoofer che occupa entrambi i sedili posteriori. Apre orgoglioso il bagagliaio. "Ho installato il motore di una Uno" sorride compiaciuto "in autostrada arrivo ai 160". Il suo sport preferito? Superare le auto con targa straniera, fermarsi un attimo al loro fianco per vedere le facce, e poi accelerare.
Al suo fianco Dragan, settant'anni, schiena dritta e un sorriso vitale. Anche lui, come Milan, fa parte di un gruppo di appassionati della Fića. Grandi cene assieme, gemellaggi con altri Paesi della ex Jugoslavia e scorribande per le vie della città. Ha tolto il sedile al fianco del guidatore, al suo posto attrezzi per la campagna ed una tanica di benzina. "Ho un'altra macchina ma questa è diversa", appoggia la mano sul rosso sbiadito della carrozzeria con la delicatezza dell'innamorato. "No, ne hanno prodotte solo 923.487", sospira malinconico. Per il milione non si è più in tempo, la Jugoslavia non c'è più.
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