Al primo turno delle presidenziali in Serbia in testa il candidato dei Radicali Tomislav Nikolic, 39.4%, contro il 35.4% del presidente uscente Boris Tadic. Saranno loro a sfidarsi al ballottaggio. Le reazioni sul campo raccolte dal nostro inviato

21/01/2008 -  Francesco Martino Belgrado

Tutto, o quasi, secondo le previsioni. Il primo turno delle elezioni presidenziali, tenute ieri in Serbia, disegna una nuova sfida tra l'attuale presidente, Boris Tadic, candidato del Partito Democratico (DS), e Tomislav Nikolic, leader del Partito Radicale Serbo (SRS). Adesso tutto verrà deciso al secondo turno, previsto per il prossimo 3 febbraio, in quello che, secondo molti analisti, sarà un vero referendum sul futuro europeo del paese, tenuto proprio mentre la questione dello status del Kosovo sembra vicina a una brusca accelerazione.

Come già accaduto nel 2004, Nikolic, secondo le proiezioni rese note ieri sera intorno alle ore 21, è risultato il candidato più votato al primo turno, stavolta col 39,4% dei voti, mentre Tadic, con il 35,4% si è di nuovo assestato in seconda posizione. L'attuale presidente però, grazie al suo maggior potenziale di attrazione sugli elettori degli altri candidati, spera chiaramente di poter ripetere il recupero che, nelle elezioni di quattro anni fa, gli permise di superare Nikolic e di vincere in modo piuttosto netto.

Tutti gli altri candidati, come ampiamente previsto, sono rimasti a distanza. Terzo il candidato di Nova Srbija, Velimir Ilic, appoggiato ufficialmente dal Partito Democratico Serbo (DSS) del premier Voijslav Kostunica che ha raggiunto il 7,6% dei voti. Milutin Mrkonjic, del Partito Socialista Serbo (SPS) ha ottenuto il 6%, mentre Cedomir Jovanovic, del Partito Liberal-Democratico (LDP) si è fermato al 5,6%. I candidati minori hanno ottenuto percentuali dallo 0,3 al 2,2%.

In linea generale, i risultati non si discostano molto dalle previsioni. Quello che invece ha sorpreso politici ed analisti, è stata l'alta affluenza alle urne, intorno al 61%, che risulta essere la più alta dal 2000, nonostante ieri si festeggiasse in Serbia la ricorrenza religiosa e familiare di "Jovanovdan", una delle più sentite nel paese. Sia Tadic che Nikolic sono riusciti a mobilitare fino in fondo le proprie basi elettorali, tanto che entrambi i candidati hanno ricevuto circa 500mila voti in più rispetto a quelli ottenuti dai propri partiti nelle elezioni parlamentari di un anno fa.

I primi commenti sono arrivati subito dopo l'annuncio delle proiezioni. "Abbiamo costruito le basi per la vittoria al secondo turno, e non siamo mai stati tanto vicini ad un possibile cambiamento", ha dichiarato Nikolic nella sede dei radicali, a Zemun, complimentandosi poi con gli altri candidati "per il fair-play", e confermando così la propria scelta di un vocabolario politico molto più moderato rispetto al passato. "Voglio unire la Serbia", ha detto ancora Nikolic, promettendo che da parte sua, nelle prossime settimane, non si udiranno attacchi e accuse violente verso nessuno.

"Andiamo al secondo turno con ottimismo, convinti della vittoria. Oggi si è giocato il primo tempo, ma i giochi continuano" ha replicato Tadic dal centro dirigenziale di Usce, a Novi Beograd, dove i democratici hanno organizzato la propria serata elettorale. "Mi aspetto che tutti coloro che non sono andati a votare oggi, decideranno di farlo tra due settimane, per mostrare la loro fiducia nella strada europea della Serbia".

Da parte democratica, si insiste sul significato di importante spartiacque rappresentato da queste elezioni. "Come previsto, ci sarà un secondo turno, tra due candidati che non potrebbero essere più diversi, soprattutto per quanto riguarda la scelta europea della Serbia", ha dichiarato ad Osservatorio Vuk Jeremic, ministro degli Esteri nell'attuale governo. "Credo che per i cittadini serbi il secondo turno rappresenterà un vero referendum sul futuro del paese nell'Ue, e io credo che faranno la scelta giusta".

"Queste elezioni sono molto importanti. La vittoria di Nikolic rappresenterebbe un grande problema per lo sviluppo democratico del nostro paese", ci ha detto Branka Prpa, moglie del giornalista Slavko Curuvija, direttore del quotidiano Dnevni Telegraph, ucciso in un agguato durante i bombardamenti della Nato, nel 1999, in uno dei tanti ed irrisolti "omicidi di stato" del regime di Milosevic.

Tra le file dei democratici, in vista del secondo turno viene data la massima importanza alla firma dell'Accordo di Associazione e Stabilizzazione della Serbia all'Ue, decisione che potrebbe essere presa da Bruxelles il prossimo 28 gennaio, proprio a cavallo del ballottaggio. "Nelle prossime due settimane, faremo tutto il possibile per mobilitare chi crede in una Serbia aperta ed europea. Spero, al tempo stesso, che l'Italia ed i nostri amici europei faranno la loro parte, sottoscrivendo l'Accordo il 28 gennaio", ha dichiarato ai nostri microfoni Bozidar Djelic, vice premier nell'attuale esecutivo. "Sarebbe il segno più chiaro che in Europa ci aspettano a braccia aperte, che siamo i benvenuti".

Per i radicali, invece, descrivere le elezioni come un referendum sull'Europa è fuorviante, e fa parte della strategia politica dei propri oppositori. "Penso si tratti di un chiaro tentativo di confondere gli elettori serbi, per far loro credere che il voto a Tomislav Nikolic sia pericoloso per la Serbia", ha dichiarato ad Osservatorio Dragan Todorovic, vice presidente del partito. "Io credo, però, che i cittadini non si siano fatti fuorviare da questo chiaro tentativo di Europa e Stati Uniti di dare una mano a Tadic", ha aggiunto Todorovic, ribadendo la posizione del partito secondo cui la Serbia è interessata all'Europa solo nel caso in cui l'Unione sia pronta ad accettare il paese nella propria piena integrità territoriale, Kosovo incluso.

Ed è proprio la questione kosovara l'altro punto caldo di queste elezioni presidenziali. Se Jeremic è convinto che il Kosovo non sia al momento in cima ai pensieri degli elettori, e non sarà decisivo per il risultato finale, Djelic ha dichiarato che "il Kosovo è centrale, e se la comunità avesse ascoltato le proposte, davvero flessibili, fatte dalle forze democratiche serbe per la possibile soluzione della questione, oggi Nikolic non avrebbe raggiunto un risultato tanto importante".

Per i radicali, la posizione sul Kosovo è chiara. "Per noi è fondamentale la forte e chiara posizione presa dalla Russia: nessuna decisione sul futuro del Kosovo può essere presa al di fuori del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite", ha sottolineato ancora Todorovic.

Adesso si aprono i giochi per il secondo turno. Né i democratici né i radicali parlano di intese con le altre forze dello spettro politico serbo. "Non credo che l'appoggio di altri partiti sarà decisivo, quello che sarà decisivo è la scelta degli elettori tra due figure che rappresentano due scelte diametralmente opposte", ha detto Jeremic, che poi ha aggiunto: "Sarà una gara al fotofinish, ma sono convinto che alla fine il presidente Tadic risulterà ancora una volta vittorioso".

Sicuro della vittoria finale si è dichiarato anche Todorovic, nonostante Nikolic sia già stato battuto da Tadic al ballottaggio, quattro anni fa. "Allora eravamo in un momento politico diverso. Adesso l'attuale regime è al potere da ben otto anni, e niente è cambiato: nessuno crede più alle loro promesse. Spero che la sconfitta di oggi demoralizzerà gli elettori di Tadic. Questa volta la vittoria sarà nostra".


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