Il caso penale contro Marko Milosevic, figlio dell'ex presidente serbo, è paradigmatico del funzionamento del sistema giudiziario serbo, che secondo alcune fonti risulta essere ancora fortemente controllato dal potere politico di Belgrado. Un articolo di IWPR
Di Momir Ilic, Belgrado, 25 agosto 2005, IWPR (titolo originale: "Serbian Prosecutors Accused of Serving Politicians").
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Il crollo di un caso giudiziario penale contro il figlio dell'ex presidente serbo Slobodan Milosevic prova che il sistema giudiziario serbo rimane fermamente sotto il controllo di chi detiene il potere politico, dicono i critici. L'ufficio del procuratore distrettuale di Pozarevac, una città a 85 chilometri a sud da Belgrado, ha lasciato cadere le accuse di estorsione contro Marko Milosevic all'inizio di agosto. Il vice procuratore distrettuale Dimitar Krstev ha detto di aver abbandonato il caso perché la presunta vittima aveva cambiato la sua versione dei fatti.
Ma gli osservatori dicono che la decisione non è stata solo una svista professionale, ma anche la prova degli stretti legami esistenti tra magistrati inquirenti e politici.
A Balkan Crisis Report, BCR, è stato riferito da un'autorevole fonte del sistema giudiziario serbo che le accuse sono state accantonate dopo che Krstev è stato messo sotto pressione da parte del procuratore di Stato Slobodan Jankovic, che a un meeting a Belgrado gli ordinò di rilasciare Milosevic "nel superiore interesse dello Stato del governo".
"Per più di due ore furono esercitate pressioni su Krstev. In una stanza con l'aria condizionata, egli sudava profusamente, tentando di opporre qualche resistenza", ha detto la fonte.
Jankovic ha negato ogni insinuazione che le accuse contro Marko Milosevic fossero state lasciate cadere in conseguenza di pressioni politiche.
Anche Krstev ha negato di essersi trovato sotto qualsivoglia influenza politica, e ripete di avere abbandonato il caso dopo che il querelante, Zoran Milovanovic, si recò al suo ufficio e cambiò la sua storia, sostenendo di non avere più memoria di un episodio chiave, in cui secondo le accuse Milosevic lo aveva minacciato con una motosega perché gli rivelasse i nomi dei fondatori e finanziatori di Otpor, il movimento di opposizione a cui apparteneva.
I membri di Otpor hanno accusato Milovanovic di aver cambiato la sua versione dei fatti dietro pressioni dei politici. La madre del testimone ha recentemente scritto una lettera aperta in cui diceva: "Io non voglio entrare nell'elenco di quelle madri che hanno perso i loro figli", ma non ha specificato chi stesse minacciando suo figlio.
Marko Milosevic ha abbandonato il Paese nell'ottobre 2000, dopo il crollo del regime di suo padre, ed è stato condannato in contumacia a sei mesi di prigione dalla Corte Municipale di Pozarevac. Una corte di grado superiore ha in seguito respinto questa decisione e ha ordinato un nuovo processo.
Già precedentemente nel corso di quest'anno, col consenso di Jankovic, un tribunale ha ritirato un mandato internazionale d'arresto per la moglie di Slobodan Milosevic, Mirjana Markovic, alle prese con accuse relative a sue proprietà immobiliari a Belgrado. Da allora ha lasciato il Paese.
L'avvocato Slobodan Soskic di Belgrado sostiene che entrambi i casi, contro madre e figlio, riflettono fin troppo chiaramente l'attuale situazione del sistema giudiziario ed inquisitorio serbo.
"I magistrati inquirenti tendono le orecchie per capire cosa vogliono i politici, e prendono le loro decisioni di conseguenza. Ciò prova che non c'è continuità nel processo di risanamento del sistema giudiziario serbo, e anche che in quest'area c'è un grande bisogno di una riforma profonda ed organica", ha detto Soskic.
Criticando il giudizio e le motivazioni di Krstev, Soskic ha sostenuto che sarebbe dovuto competere alla corte decidere se lasciar cadere le accuse contro Milosevic: "Il procuratore avrebbe dovuto chiedere a Milovanovic di ripetere in udienza ciò che gli aveva detto, permettendo così alla corte di decidere a quale deposizione dare credito".
Il professore Momcilo Grubac, un'autorità in diritto penale che è stato il massimo artefice del Codice di Procedura Penale, che dovrebbe guidare le modalità del lavoro dei magistrati inquirenti, si è detto d'accordo che in entrambi i casi c'è stata un'ingerenza politica.
"Il ritiro delle imputazioni contro Marko Milosevic e la revoca del mandato d'arresto internazionale sono mutuamente collegati, e si potrebbe trarne la conclusione che le corti e le procure siano governati da un'unico punto centrale", ha detto.
Come Soskic, Grubac ha sostenuto che Krstev abbia agito erroneamente. Ha dichiarato che gli inquirenti non avrebbero dovuto ritirare le imputazioni penali in casi in cui un verdetto di colpevolezza era stato emesso, poi rovesciato e indetto un nuovo procedimento. "Mettere in giro una storia secondo cui Krstev ha lasciato cadere le accuse perché il querelante Milovanovic ha cambiato la sua deposizione è una scusa a buon mercato che può accontentare solo gli ignoranti", ha detto Grubac. "Il querelante può dire quello che vuole, ma i suoi desideri non hanno influenza sul caso. Il procuratore non è soggetto al querelante e deve agire secondo la legge".
La fonte, un magistrato serbo di alto livello, ha detto che i casi Milosevic e Markovic evidenziano la debolezza dell'attuale ordinamento gerarchico dei procuratori.
"I procuratori non hanno una reale indipendenza, perché essi sono evidentemente sotto il controllo della branca esecutiva del potere", ha detto la fonte. "Il ministro della Giustizia può sospendere il Procuratore di Stato serbo. Se egli ha un tale potere su di lui, allora può esercitare una autorità similare sull'intera organizzazione del sistema d'accusa"
I critici dicono che la natura gerarchica del sistema delle procure è anche tale da condurre all'abuso, dal momento che i procuratori di livello superiore godono di un potere virtualmente senza restrizioni sui propri subordinati. Si preoccupano anche del fatto che c'è poca speranza di un miglioramento, citando la più recente bozza della Strategia Nazionale per la Riforma Giudiziaria Serba, in cui l'ufficio del procuratore è descritto non come un organo indipendente, ma come parte dell'esecutivo collegata al sistema giudiziario.
"Noi siamo destinati a vedersi ripetere nuovamente casi come quelli di Mirjana Markovic e di Marko Milosevic, fino al momento in cui gli uffici dei procuratori saranno... separati da quel ramo dell'esecutivo che attualmente li controlla", ha concluso la fonte.
Momir Ilic è un giornalista del giornale Blic e un collaboratore regolare di BCR.
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