Vittima del suo successo, il festival Exit (7-10 luglio, Novi Sad) si è ingrandito e ristrutturato. Ma l'intento e il messaggio politico non sono morti. Bojan Boskovic, il suo direttore generale, milita sempre per la democrazia e la tolleranza
Intervista raccolta da Sava Stefanovic per "Danas, 11 giugno 2005; traduzione francese di Persa Aligrudic per Le Courrier des Balkans, 13 giugno 2005 (titolo originale: "Serbie: Exit ne doit pas perdre sa dimension politique")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
L'anno scorso in questo periodo a Novi Sad non si sapeva se Exit avrebbe avuto luogo, a causa dell'arresto di due dirigenti del festival: Dusan Kovacevic e Bojan Boskovic. In tutta Novi Sad si diceva all'epoca: "Non punterei molto su Exit".
Quest'anno, ad eccezione di qualche sommovimento seguito a dei cambiamenti in seno all'Associazione ed alla firma di un protocollo di collaborazione con la direzione municipale, regnano la pace ed il silenzio. Eppure, alcuni affermano che sia la calma prima della tempesta.
Bojan Boskovic, direttore generale di Exit, constata finalmente che l'importanza del festival è stata compresa: "Io spero sinceramente che tutti abbiano capito che quello che è successo l'anno scorso era assurdo e che i politici non possono farsi pubblicità in questa maniera. Io ora credo che sia chiaro per la gente come per i politici che tutti beneficiano del miglioramento di Exit. Quest'anno verranno migliaia di persone della regione, MTV conduce una enorme campagna pubblicitaria. Vi partecipano Angelina Jolie e Helena Kristiansen, come anche la BBC "Radio 1". È tutto davvero grandioso. C'è un consenso politico generale sul fatto che il posto della Serbia è in Europa. Numerosi partiti, che lo riconoscano o meno, devono cambiare la loro politica, ed è per questo che in questo momento ci lasciano tranquilli".
DANAS (D) : È giunto il tempo per Exit di perdere la sua dimensione politica?
BOJAN BOSKOVIC (B.B.) : Exit, come idea, è stato concepito dal movimento studentesco Otpor, all'epoca dei cortei per le strade del 1996. Il messaggio che veicola è molto chiaro. Quanto al ruolo politico di Exit, è certo che noi continueremo a fare in avvenire quello che abbiamo fatto fino ad oggi. Nel momento in cui noi pensiamo che qualche cosa non va bene e che bisogna reagire lo diremo, perché in fin dei conti è nostro dovere. In un Paese in cui la gente continua a non riconoscere i crimini di Srebrenica, in cui appena dieci anni fa si scatenava il nazionalismo, in cui regna ancora oggi la xenofobia, il nostro ruolo è quello di aprire la Serbia al mondo.
Attraverso questo festival, noi educhiamo i giovani, la futura forza della Serbia, alla multiculturalità, alla pace, alla fraternità e all'unità, in una parola ad una società moderna. Finché ci saranno in Serbia il nazionalismo e la xenofobia, Exit non deve perdere la sua dimensione politica. Quanto ai politici, io ho sempre voluto che si disinteressassero ad Exit. Noi abbiamo voluto dare con Exit un sostegno ai democratici e alle forze europeiste. Questo messaggio è dunque per sua natura molto politico.
D : Come avete preso le recentissime critiche dei vostri "amici politici" dovute alla vostra cooperazione con la direzione municipale di Novi Sad?
B.B : D'accordo, accettiamo la critica, ma rispondiamo con questa domanda: qual è l'alternativa? Noi siamo i soli ad aver fatto una campagna per le elezioni e guardate il numero di persone che sono andate a votare a Novi Sad e il loro numero nelle altre città. I radicali si sono portati a casa le elezioni, i voti sono stati contati, che altro fare? Io non ho obiezioni a che Exit continui a svolgersi a Novi Sad, anche se i radicali sono al potere. Exit è venuta fuori da Novi Sad, è una équipe di Novi Sad che ha lavorato su questo progetto, e continua tuttora a farlo. Non vedo alcuna ragione perché il festival sia spostato, a Belgrado o altrove, in funzione del cambio dei partiti politici al potere.
D : Vi si accusa di avere sempre qualcuno che vi sostiene?
B.B : Esiste in Serbia un forte complesso sul successo, quando le cose vanno bene: o si è rubato o qualcuno ha dato la sua raccomandazione. Exit ha dietro di sé l'immenso lavoro di un gran numero di persone. Tutto qui.
D : Ci sono stati anche dei cambiamenti nell'Associazione che hanno provocato reazioni nei media?
B.B. : È un argomento superato, non sono grandi cambiamenti. Exit ha dovuto ristrutturarsi perché il lavoro si è allargato, dato che noi lavoriamo a livello di organizzazione non governativa. Siamo arrivati ad un consenso per costituire un'organizzazione ultraprofessionale e reagire così alla concorrenza. Tutti quelli che erano presenti all'inizio sono ancora al loro posto. Ci vuole un po' di tempo perché noi prendiamo l'abitudine di lavorare e di riflettere in un modo più professionale.
D : Allora Exit diventa una società altamente professionale e lucrativa?
B.B : Io credo che ci vorrà diverso tempo perché ciò avvenga, per esempio quando noi potremo vendere un biglietto d'ingresso di Exit ad un prezzo realistico, tra le 100 e le 150 sterline, quando un giovane serbo potrà guidare la sua automobile, quando avrà un appartamento acquistato a credito e potrà viaggiare in Europa senza visto.
Comunque sia, la professionalizzazione si deve fare e noi non possiamo sfuggirvi perché non possiamo funzionare altrimenti. Attualmente siamo il solo festival, posso affermarlo, che è finanziato interamente dalla vendita dei biglietti, il che significa che se quest'anno piove non potremo finanziare la metà del festival. È tutta una questione di previsione e di intuito. È uso comune che un festival sia già in attivo con gli sponsor e che la vendita dei biglietti sia puro profitto, ma non è il nostro caso, noi viaggiamo sempre intorno al pareggio. Exit potrebbe facilmente svolgersi in modo stabile se accettasse certi compromessi. Per esempio, ogni anno noi rifiutiamo di essere sponsorizzati dalle grandi fabbriche di tabacco, dai produttori di alcolici, perché pensiamo che la promozione delle sigarette non sia un messaggio adatto ai giovani che vengono ad Exit.
D : Molti si chiedono chi sia il capo di Exit?
B.B : Non ci sono capi, c'è lo Stato di Exit. È uno Stato in miniatura composto da giovani istruiti, tolleranti e non xenofobi. Hanno una grande autonomia di azione nei loro settori. C'è una équipe ben organizzata.
D : Allora Bojan Boskovic è solo un "primus inter pares"?
B.B : No, io sono solo uno bravo a coordinare. Diciamo che io vedo Exit a metà strada tra una organizzazione non governativa e una società, in cui il settore incaricato della vendita dei biglietti e della promozione deve essere estremamente ben organizzato secondo i principi del capitalismo liberista. D'altra parte, nel settore sociale, noi dobbiamo essere una ONG pienamente funzionante. L'obiettivo di Exit non è quello di arricchire una ristretta cerchia di persone ma, quando inizierà a generare dei profitti, quello di ridistribuirli alla società. L'idea è quella di creare una fondazione Stato di Exit in cui la stessa Exit reinvesta i suoi profitti. Con gli sponsor, e questi fondi propri, noi ci sforzeremo di dirigere la società in modo migliore.
D : Il che vuole dire che Exit ha una missione di lunga durata?
B.B : Abbiamo una missione e cerchiamo di trasmetterla ai giovani. Il messaggio del festival è destinato ai giovani, prima di tutto in Serbia, poi nella regione e nel mondo. È per questo che dico che ci sono due obiettivi essenziali: il primo è che noi vogliamo cambiare la Serbia e il secondo è che noi vogliamo cambiare il modo in cui la Serbia è trattata nel mondo.
Qualche cifra:
Il programma di Exit è quest'anno di grande attualità perché numerosi gruppi che si esibiranno presenteranno dei nuovi album. Noi speriamo di lavorare a piena capacità, vale a dire da 30 a 35.000 persone ogni giorno. Fino ad ora 13.000 posti sono stati riservati in prevendita, e il nostro scopo è di distribuire in Serbia e Montenegro circa 15.000 biglietti per quattro giorni, e 5.000 nella regione. Il resto sarà distribuito in biglietti giornalieri, spiega Boskovic. Aggiunge che una attenzione maggiore sarà data ai posti dove prevede di installarsi con tutta la sua équipe.
Per quanto concerne il sostegno economico, l'amministrazione municipale di Novi Sad ha già accordato 13 milioni di dinari, la Pokrajina (la Provincia) anch'essa 13 milioni ed il Ministero delle Finanze 10 milioni.
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