Durante il Consiglio europeo dello scorso febbraio la Romania aveva momentaneamente bloccato l'assegnazione dello status di paese candidato UE per la Serbia. Un gesto inatteso che ha riportato l'attenzione sulle minoranze romene e valacche in Serbia, dislocate tra la Vojvodina e la Valle del Timoc
Nelle ultime settimane si è tornato a parlare insistentemente di minoranze nel sud est Europa. L'occasione è stata la presa di posizione della Romania che si è opposta, salvo poi riconsiderare la propria posizione, alla concessione alla Serbia dello status di candidato all'ingresso nell'UE.
Un colpo basso solo in parte prevedibile, dal momento che le relazioni fra i due Paesi si sono storicamente basate sul sostegno diplomatico reciproco che ha portato la Romania, tra le altre cose, a non riconoscere l’indipendenza del Kosovo e a sponsorizzare con vigore negli anni scorsi l’entrata del vicino nell’UE.
Ai negoziati del Consiglio per Affari Generali dell'Unione europea del 28 e 29 febbraio scorso, però, le cose non sono andate come ci si aspettava. Il botta e risposta tra Bucarest e Belgrado nella due giorni di Bruxelles è stato piuttosto spigoloso.
La Romania ha infatti posto il problema delle sue minoranze in Serbia per voce del suo ministro per gli Affari Europei, Leonard Orban: "La nostra interpretazione è molto chiara, ci sono dei problemi seri per quanto riguarda i diritti delle minoranze in Serbia per i quali noi chiediamo il massimo rispetto secondo le norme previste dall’Europa”.
Secca la risposta del presidente serbo, Boris Tadić: "Ogni cittadino della Serbia può dichiarare l'appartenenza ad una certa etnia in conformità con i suoi sentimenti ed è complicato trovare adesso una soluzione specifica, solo per questo caso".
La questione dei diritti delle minoranze rumene in Serbia è già stata in realtà sollevata altre volte in passato, ad esempio nel novembre scorso, durante una visita del Presidente rumeno Băsescu a Belgrado.
Ad ogni modo successivamente alle rimostranze rumene, i due Paesi hanno firmato un protocollo sulle minoranze che prevede la "non ingerenza dello Stato serbo nel diritto dei rumeni di definire la propria identità" ed altre disposizioni che riguardano elementi "standard" in materia di diritti delle minoranze, tra gli altri la libertà etnica, religiosa e il diritto di parlare in rumeno in pubblico
I numeri della minoranza
Le minoranze rumene presenti in Serbia sono concentrate in due aree geografiche precise, in Vojvodina, nord del Paese e più a sud, nella Valle del Timoc.
Entrambe le zone sono al confine con la Romania. A nord si confina con il Banato rumeno, la cui capitale Timişoara dista solo pochi chilometri dalla Serbia, e a sud con l’Oltenia in un’area che include anche il nord della Bulgaria (dove peraltro, nei dintorni di Vidin, Bulgaria, si concentra un’altra minoranza rumena).
I primi dati statistici legati ai rumeni di Serbia risalgono pressapoco alla metà del XIX secolo e sono relativi ad un territorio allora legato alla corona asburgica. Nel 1866, secondo quanto riportato dal “Verlag des Bibliographiscen Instituts, Leipzig und Wien”, tra il 1885-1892 nella regione di Timoc (dunque in Serbia ma anche in Bulgaria) si registravano ben 250mila romeni.
Una presenza piuttosto importante dunque, confermata immediatamente dopo la fine della Seconda guerra mondiale e, più recentemente, dal censimento svolto in Serbia nel 2001 quando vengono censiti sul territorio serbo circa 90mila cittadini la cui madrelingua è il rumeno.
I rumeni della Vojvodina
Di questi circa 35.000 risiedono attualmente in Vojvodina. Quando, nel 2000 la regione, con la caduta di Milošević, ha ripreso la sua strada verso una maggiore autonomia (che era stata concessa nel 1974 e revocata durante l'era Milošević) la lingua rumena ha ricevuto lo status di lingua ufficiale, assieme alle lingue ungherese, slovacca e rutena come si precisa nell’articolo 6 dello statuto della Provincia autonoma della Vojvodina.
La Provincia autonoma della Vojvodina si preoccupa di assicurare le condizioni affinché anche l’educazione avvenga conforme alle lingue delle rispettive nazionalità. A partire dal 2006 anche la lingua rumena è stata introdotta nelle scuole di stato della Vojvodina. Oltre a questo la minoranza rumena beneficia di trasmissioni TV e radio in rumeno e del riconoscimento della Chiesa ortodossa rumena.
I rumeni della Valle del Timoc
Sostanzialmente diversa è invece la situazione della minoranza della Valle del Timoc (regione a volte chiamata anche Tribalia, nome proveniente dai Tribali, un ramo dei Daci che si stabilì nel nord-ovest della Bulgaria di oggi).
Qui la situazione è più complessa. La comunità locale di lingua rumena – che si identifica con il termine “Valacchi” - non ha mai goduto del riconoscimento come minoranza e quindi di nessun diritto peculiare. In più, vi è una forte divisione interna tra chi sente il legame con la Romania e chi invece spinge per un riconoscimento della minoranza dei valacchi di per se stessa. Sullo sfondo un braccio di ferro tra la Chiesa ortodossa serba e quella rumena.
In ogni caso i valacchi costituiscono la maggioranza in più di 150 villaggi della Serbia orientale.
Nelle settimane scorse la Romania per la prima volta da quando è in Europa ha assunto il ruolo del giudice piuttosto che quello dell’imputato, e la sua posizione è sintetizzata dalle parole rilasciate nei giorni scorsi dal vice-ministro degli Esteri rumeno, Eugen Tomac: “La Serbia attuale non comprende che le minoranze non posso più essere negate o trattate superficialmente come succedeva durante il periodo della dittatura totalitaria o prima di Milošević”.
Il patto tra i due Paesi comunque è stato siglato. Resta da capire quanta autonomia effettivamente concederà la Serbia ai valacchi della Valle del Timoc e quanto unita rimarrà questa comunità.
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