Un’analisi condotta da CINS mostra che in Serbia gli effetti dei cambiamenti climatici stanno diventando sempre più evidenti, mettendo a rischio la salute e il reddito dei cittadini, mentre lo stato fa poco per combattere il cambiamento climatico
(Originariamente pubblicato da CINS, il 26 ottobre 2020)
Il livello del fiume Obnica è talmente basso che Milivoj Mitrović spesso riesce ad attraversare il fiume con un trattore. Una giornalista del Centro per il giornalismo investigativo della Serbia (CINS) ha attraversato il fiume Obnica a piedi indossando stivali di gomma. Milivoj Mitrović ha un terreno agricolo situato nelle immediate vicinanze del fiume, nella zona più fertile del villaggio di Pričević, nei pressi di Valjevo.
Mitrović è nato nel villaggio di Pričević e vuole rimanervi. Per molti anni il suo terreno di 8300 mq gli garantiva una quantità di mais e di fieno sufficiente per nutrire il bestiame.
Tuttavia, gli ultimi anni hanno portato a Mitrović solo problemi. Nel 2012 e 2013 ha dovuto affrontare le conseguenze della siccità, mentre nel 2014 ha subito danni enormi a causa delle forti alluvioni [che quell’anno hanno colpito molti paesi dei Balcani]. Da allora – come spiega Mitrović – ogni anno il fiume Obnica straripa, causando gravi danni.
Nel giugno di quest’anno, in oltre 30 comuni in Serbia è stato dichiarato lo stato di emergenza a causa delle alluvioni. L’acqua entrava nei cortili e nelle case. In poche ore un’abbondante pioggia ha trasformato il fiume Obnica in un torrente impetuoso che si portava via tutto. I terreni situati nei pressi del fiume, che sono i più fertili della zona, hanno subito i danni maggiori, compreso il terreno di Milivoj Mitrović che è stato quasi completamente devastato. Ora Mitrović è costretto a comprare il mais e il fieno per nutrire il bestiame.
Mitrović è inoltre preoccupato perché non si sa ancora se lo stato risarcirà i danni arrecati al suo terreno e ai terreni dei suoi vicini e se provvederà alla ricostruzione delle strade distrutte e alla costruzione di una diga per prevenire nuove inondazioni.
“I contadini sono gli ultimi per lo stato, e tutto il resto. Tutti godono di certi vantaggi, solo l’agricoltura è [un’attività] a cielo aperto: grandinate, siccità, piogge, alluvioni”, lamenta Mitrović.
Molti scienziati ritengono che l’aumento della frequenza dei fenomeni naturali estremi – come forti piogge, inondazioni, siccità, assenza di neve, ondate di calore e di freddo, incendi – sia conseguenza dei cambiamenti climatici. Un’analisi condotta da CINS dimostra che in Serbia gli effetti dei cambiamenti climatici stanno diventando sempre più evidenti, mettendo a rischio la salute e il reddito dei cittadini, mentre lo stato fa poco per combattere il cambiamento climatico.
Molte famiglie hanno perso la casa, i terreni agricoli, e persino i loro cari a causa dei cambiamenti climatici. Quanto alle stime dei danni economici, il ministro dell’Ambiente Goran Trivan ha dichiarato che tra il 2000 e il 2015 la Serbia ha subito perdite per oltre 5 miliardi di euro per eventi climatici estremi.
Intervenendo alla conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici tenutasi a Bonn nel 2017, Trivan ha affermato che in Serbia le alluvioni sono la seconda causa di gravi devastazioni. I dati raccolti dal Centro di ricerca sull’epidemiologia dei disastri (CRED) dimostrano che in Serbia negli ultimi trent’anni le inondazioni sono state le catastrofi più frequenti, evidenziando un trend di crescita: negli ultimi dieci anni il numero delle grandi inondazioni è aumentato di circa il 22% rispetto al decennio precedente. I cittadini di quasi tutte le regioni della Serbia hanno subito danni a causa delle alluvioni, ma le zone maggiormente colpite sono state quelle centrali e occidentali.
Come spiega Nataša Dragić, docente e medico specialista in igiene presso l’Istituto di salute pubblica della Vojvodina, oltre al rischio di lesioni e di annegamento, il contatto diretto con l’acqua durante le alluvioni può causare shock, ipotermia e arresto cardiaco. Le alluvioni possono causare anche la contaminazione dell’acqua potabile.
“In queste situazioni si verifica la contaminazione, cioè l’inquinamento dell’acqua potabile […] Il contatto diretto con questa acqua provoca infezioni da ferite, processi infiammatori che interessano la pelle, congiuntivite, infezioni otorinolaringoiatriche”, precisa Nataša Dragić, aggiungendo che le alluvioni possono provocare anche lo stress psicologico ed emotivo, aumentando il rischio di disturbi psico-sociali.
Milivoj Mitrović e i suoi compaesani sono consapevoli che continueranno a subire danni per via dei cambiamenti climatici, ma – come affermano – il villaggio è tutto quello che hanno.
Siccità, un assassino silenzioso
Negli ultimi vent’anni in Serbia si sono verificati numerosi episodi di siccità che – secondo Vladimir Đurđević, professore presso la Facoltà di Fisica di Belgrado – sono destinati ad aumentare.
Ana Vuković Vimić, meteorologa e professoressa presso la Facoltà di Agraria di Belgrado, spiega che, pur trattandosi di un fenomeno che non investe l’intero paese, gli episodi di siccità sono molto intensi e provocano gravi danni a livello locale.
“Un’alluvione la possiamo vedere e sappiamo cos’è, mentre la siccità è come un assassino silenzioso”, afferma Vuković Vimić.
Gli effetti dei cambiamenti climatici sono percepibili anche nel settore ortofrutticolo e in quello vitivinicolo.
Ivana Branković, che vive nel villaggio di Paklje, situato a una decina di chilometri dal villaggio di Pričević, lamenta la mancanza di pioggia. Ivana coltiva lamponi e, pur essendo contenta del fatto nella loro zona non si verifichino più le alluvioni, grazie a una diga costruita nei pressi nel villaggio, dice che spesso non piove a sufficienza e la pioggia è fondamentale per la coltivazione di lamponi.
“Nei mesi di marzo e aprile dovrebbe piovere perché in quel periodo cominciano a crescere le foglie, poi avviene la fioritura e la crescita dei frutti. Quindi, le piante hanno bisogno di acqua. A giugno, durante la raccolta dei lamponi, dovrebbe piovere almeno una volta, ci vuole una forte pioggia in grado di bagnare bene il suolo. Poi in autunno sarebbe ottimo se piovesse ogni 7-10 giorni per la varietà autunnale”, spiega Ivana Branković.
La mancanza di acqua può compromettere la qualità dei frutti, che risultano più piccoli e meno succosi, portando di conseguenza a una diminuzione del prezzo di vendita. Ivana Branković riesce a sopperire in una certa misura alla scarsità di precipitazioni raccogliendo acqua piovana per annaffiare i lamponi.
Un altro problema consiste nel fatto che gli inverni sono spesso miti, ed è proprio per questo negli ultimi due anni Ivana Branković ha raccolto una quantità di lamponi minore di quella attesa.
“La neve è importante perché copre la pianta, cioè lo stelo, che così sta al caldo e non rischia di gelare. In assenza di neve, la brina distrugge lo stelo […] Circa il 20-30% delle coltivazioni di lamponi è andato distrutto [nel 2019] a causa di un inverno mite, e questo dimostra quanto il clima sia cambiato”, afferma Branković.
Temperature estreme nel XXI secolo
La professoressa Ana Vuković Vimić spiega che l’aumento della temperatura rappresenta una delle principali minacce per la frutticoltura. Nonostante non comportino gravi rischi per la salute umana, i periodi di caldo durante l’inverno incidono sullo sviluppo delle piante perenni.
“Quando fa molto caldo la pianta entra in fase vegetativa, poi arriva il freddo, con temperature sotto lo zero, e questo provoca i maggiori danni [alle piante]”, afferma Vuković Vimić.
Poi ci sono anche le ondate di calore durante l’estate, un fenomeno che le piante, così come tutti gli altri esseri viventi, faticano a sopportare.
Tra gennaio e settembre 2020 in Serbia sono state registrate quattro ondate di calore, cioè i periodi i cui la temperatura minima è stata molto o estremamente alta per più di cinque giorni. Dall’inizio del 2013 alla fine di settembre 2020 in Serbia si sono verificate 49 ondate di calore, un numero di tre volte superiore a quello delle ondate di freddo registrate nello stesso periodo.
Stando alle parole di Nataša Dragić, le ondate di calore possono causare un indebolimento del muscolo cardiaco.
“[Durante le ondate di calore] alcune persone possono avvertire un battito cardiaco accelerato, cioè la tachicardia, a causa di una notevole perdita di elettroliti. Il corpo, per raffreddarsi, produce una quantità maggiore di sudore e, di conseguenza, perde liquidi. Se questi liquidi non vengono reintegrati può verificarsi la disidratazione […] è un fenomeno che si presenta tipicamente a seguito di un’esposizione costante a temperature elevate per più giorni consecutivi”, spiega Nataša Dragić.
In queste situazioni possono manifestarsi anche le vertigini, la stanchezza, l’ipertensione e un calo dell’attenzione. Le categorie più a rischio sono i bambini, gli anziani, le persone affette da patologie respiratorie, quelle affette da diabete, ma anche le persone che trascorrono molto tempo all’aria aperta, come certe categorie di lavoratori, gli atleti, etc.
I dati dell’Istituto idrometeorologico della Serbia dimostrano che, nel periodo compreso tra il 1951 e il 2019, 13 dei 15 anni più caldi si sono verificati dopo il 2000. Gli ultimi sette anni sono stati più caldi della norma, con un aumento estremo della temperatura registrato in tutte le città dove si effettuano le misurazioni.
In Serbia il 2019 è stato l’anno più caldo dal 1951.
Secondo il professor Vladimir Đurđević, la situazione in Serbia è destinata a peggiorare, ma un’eventuale implementazione dell’Accordo di Parigi contribuirebbe ad arginare gli effetti del cambiamento climatico.
“Quanto all’affermazione secondo cui le ondate di calore sarebbero destinate a diventare sempre più frequenti […] possiamo aspettarci un raddoppio della frequenza delle ondate di calore se l’Accordo di Parigi non dovesse essere implementato”, spiega Vladimir Đurđević.
L’Accordo di Parigi è stato sottoscritto da 197 paesi con lo scopo di contenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C rispetto all’epoca preindustriale. La temperatura globale è già aumentata di quasi un grado rispetto ai livelli preindustriali, e per prevenire un ulteriore riscaldamento gli stati dovrebbero adottare e implementare tutta una serie di nuove misure.
La Serbia non ha ancora adottato alcuni provvedimenti chiave per prevenire le alluvioni e ridurre i danni che provocano alla salute umana. A breve dovrebbe essere approvata una legge sui cambiamenti climatici, il cui testo però è stato fortemente criticato dalla società civile. Inoltre, alcuni recenti provvedimenti riguardanti il settore energetico sono in forte contrasto con i principi della lotta ai cambiamenti climatici, principi che la Serbia si è impegnata a rispettare.
L’approvazione della legge sui cambiamenti climatici viene rinviata ormai da più di due anni. La proposta di legge è pronta, ma alcune organizzazioni non governative ritengono che non sia conforme alla politica dell’UE in materia di clima, ovvero che non contribuirà in maniera adeguata a combattere il cambiamento climatico.
“Il problema è che la legge non prevede una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra”, spiega Mirjana Jovanović dell’organizzazione Beogradska otvorena škola (Belgrade Open School), membro della Coalizione 27 [una coalizione che riunisce diverse organizzazioni non governative, nata nel 2014 allo scopo di monitorare e contribuire al processo di allineamento della legislazione serba in materia di ambiente e clima a quella dell’Unione europea].
Discorso simile vale anche per la strategia nazionale sul cambiamento climatico e il relativo piano d’azione. I rappresentanti della Coalizione 27, che hanno avuto la possibilità di prendere visione del documento, affermano che il piano per la riduzione delle emissioni di gas serra è poco ambizioso, mentre il settore energetico godrebbe di una posizione privilegiato.
“Per il settore energetico è stata elaborata un’analisi di conformità alla legislazione dell’UE […] Nella bozza di strategia c’è questo paragone – cioè si affronta la questione se la direttiva UE sia stata recepita, se la normativa [nazionale] sia stata allineata [a quella comunitaria], se siano stati adottati tutti i provvedimenti necessari – ma non vi è alcuna risposta esplicita al dilemma se tutto questo aumenterà o ridurrà le emissioni”, spiegano dalla Coalizione 27.
Mirjana Jovanović, dal canto suo, afferma che è stata effettuata anche un’analisi dell’impatto dei nuovi provvedimenti relativi al settore agricolo, quello dei rifiuti e quello forestale sulle emissioni di sostanze inquinanti.
Secondo il professor Đurđević, ci vuole solo determinazione per mettere in pratica l’Accordo di Parigi perché ci sono già tutte le tecnologie necessarie per effettuare una transizione verso le energie rinnovabili. Đurđević aggiunge inoltre che durante l’elaborazione di varie strategie e piani d’azione, come ad esempio quelli relativi alle infrastrutture, il governo serbo dovrebbe tenere a mente il fatto che il clima continuerà a cambiare.
Il ministero delle Miniere e dell’Energia non ha ritenuto opportuno rispondere alla domanda dei giornalisti di CINS sul perché la Serbia stia ancora investendo nelle centrali a carbone se questo è in contrasto con la politica in materia di lotta ai cambiamenti climatici e quale sia il piano del governo serbo per la riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti nell’atmosfera.
Non abbiamo ricevuto alcuna risposta nemmeno dal ministero della Tutela dell’ambiente, interpellato in merito alla mancata approvazione della legge sui cambiamenti climatici.
Nella sua ultima relazione sui progressi compiuti dalla Serbia nel processo di adesione, la Commissione europea ha affermato che in Serbia non c’è un consenso politico sulla necessità di agire urgentemente per contrastare i cambiamenti climatici, invitando il governo serbo a procedere all’implementazione dell’Accordo di Parigi.
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