© Africa Studio/Shutterstock

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Un grande call-center a Belgrado, oltre cento persone che ogni giorno chiamano i cittadini per chiedere loro se alle imminenti elezioni intendano votare il Partito progressista serbo (SNS). Chi c'è dietro? È corruzione? Manipolazione elettorale? Un'inchiesta del Centro per il giornalismo investigativo della Serbia

(Originariamente pubblicato da CINS , il 29 novembre 2023)

In un grande call-center situato nei pressi del porto di Belgrado, lontano dai riflettori, lavorano oltre cento persone che ogni giorno chiamano i cittadini per chiedere loro se alle imminenti elezioni intendano votare il Partito progressista serbo (SNS). Dietro all’intera vicenda si cela un gruppo ben organizzato, il cui modus operandi solleva dubbi e interrogativi su una possibile compravendita di voti e sull’utilizzo di fondi nascosti. Una giornalista del Centro per il giornalismo investigativo della Serbia (CINS) per un breve periodo ha fatto parte di questo gruppo, assistendo di persona alle attività del call-center.

Tutto inizia con un messaggio.

Per poter lavorare nel call-center bisogna innanzitutto essere raccomandati. Quindi, la giornalista di CINS ha inviato un messaggio con il suo nome, cognome e numero di telefono. Il giorno successivo è stata inclusa in un gruppo WhatsApp denominato “CALL CENTAR 2023”, contraddistinto da un’icona raffigurante la bandiera serba.

A metà novembre il gruppo contava poco meno di trecentocinquanta membri. Il compito del gruppo era quello di organizzare il lavoro degli operatori che ogni giorno chiamavano i cittadini per sapere se intendevano votare il Partito progressista serbo (SNS). Non c’è mai stato alcuno scambio di messaggi tra i membri del gruppo. Gli unici a scrivere sono stati gli amministratori. Il primo messaggio è arrivato da un numero intestato a M&J Lady Hostese.

“Considerando che ci sono molti nuovi membri, inizierete a lavorare lunedì 20 novembre 2023”, recitava il messaggio, precisando che i turni di lavoro sarebbero stati comunicati in un secondo momento.

M&J Lady Hostese in realtà è un’agenzia di hostess e promoter. Secondo quanto riportato sul loro sito, è gestita dalle gemelle Milena e Jelena Marković. Le due sorelle sono proprietarie di diverse aziende con lo stesso nome, che però nel frattempo sono state cancellate dal sito o le loro attività sono state temporaneamente sospese.

L’agenzia da anni fornisce hostess per promozioni, eventi aziendali, fiere e spot televisivi. Sul sito però non vi è alcuna menzione del call-center dell’SNS.

Secondo una fonte di CINS ben informata, anche l’anno scorso le attività del call-center erano state organizzate nello stesso modo, attività a cui però non si fa alcun cenno nel rapporto dell’SNS sulle spese sostenute nel 2022 per la propaganda elettorale.

Sabato 18 novembre dal profilo M&J Lady Hostese è arrivato un altro messaggio.

“Pianificate con calma il calendario di lavoro, non bombardatemi subito di messaggi. Avete tutto il giorno per riflettere sul calendario”, si affermava nel messaggio, con la precisazione che il lavoro sarebbe stato organizzato su turni: settantatré persone per turno.

A quel punto è stata aperta una chat di gruppo ed è partita una valanga di messaggi. Le persone hanno iniziato a scrivere, indicando i giorni e i turni in cui volevano lavorare.

Poi la chat è stata chiusa e da quello stesso profilo è arrivato un nuovo messaggio: “Sto preparando il calendario dei turni”.

M&J Lady Agenzia di marketing - screenshot

M&J Lady Agenzia di marketing - screenshot

 

Ti assumiamo a condizione che…

Domenica 19 novembre alla giornalista di CINS è stato comunicato quali erano i suoi giorni e turni di lavoro. Doveva iniziare lunedì. I turni duravano quattro ore e mezzo: il primo dalle 10.00 alle 14.30 e il secondo dalle 15.30 alle 20.00.

Oltre al calendario dei turni, i membri del gruppo WhatsApp hanno ricevuto anche i numeri di telefono dei cosiddetti supervisori, incaricati di vigilare sugli operatori del call-center e di tenere il registro degli arrivi e delle pause. Ai membri del gruppo, tra i quali c’era anche la nostra giornalista, è stato detto che da loro ci si aspettava spirito di squadra e capacità di reagire in modo adeguato a eventuali rimproveri dei supervisori.

Ma non finiva qui.

Verso le 22.30 il telefono della giornalista di CINS ha squillato. Sullo schermo c’era scritto M&J Lady Hostese. Ignara del fatto di parlare con una giornalista, la donna dall’altra parte della cornetta spiegava le condizioni di lavoro. Tra queste ve n’era una che spiccava.

M&J Lady Hostese: Il 17 dicembre è il giorno delle elezioni, si vota. Tu puoi votare? Andrai a votare, giusto?

Giornalista di CINS: Beh, penso di sì. Non ci ho pensato molto, ma se sarò a Belgrado, e credo che ci sarò, andrò a votare.

M&J Lady Hostese: Noi assumiamo chi voterà il 17 dicembre, perché è un po’ assurdo elargire così tante paghe giornaliere e altre cose a chi non intende votare e non sostiene il nostro partito e il presidente. Questa è una piccola precondizione per ottenere il lavoro e tutto il resto. Poi il 17 dicembre la paga sarà molto più alta. Quando dico molto più alta, intendo altissima, perché con ogni probabilità si lavorerà tutto il giorno. Quel giorno avrete cibo, avrete tutto, di questo non ti devi preoccupare. Ma prima si vota, poi si va a lavorare. Capisci?

Inoltre, devi fotografare la scheda elettorale e inviare la foto solo a me. Nessuno lo deve sapere. Quella [foto] sarà letteralmente il tuo lasciapassare per quel giorno, per il lavoro. Capisci?

Giornalista di CINS: Cosa faremo quel giorno? Le solite cose?

M&J Lady Hostese: Farai le stesse cose, tutto uguale. Solo che quel giorno l’orario di lavoro sarà un po’ più lungo, per cui la paga sarà più alta, ci sarà cibo, caffè, tutto. Quel giorno lavoreranno circa trecento persone, quindi ci sarà tantissima gente. Per questo stiamo cercando di creare una squadra disposta a lavorare quel giorno. Capisci?

Giornalista di CINS: Ok. Mi interessa solo a quanto ammonta normalmente la paga giornaliera? E a quanto ammonterà quel giorno? Giusto per sapere, devo fare due conti.

M&J Lady Hostese: Per il turno dalle 10.00 alle 14.30 la retribuzione è di 3000 dinari [circa 25 euro]. Sono circa quattro ore e mezzo, giusto? Per il 17 dicembre invece non posso ancora rivelare la cifra, capisci? Ancora non mi consentono di farlo, ma sarà molto più alta, persino più che raddoppiata rispetto alla paga che prendi adesso.

Giornalista di CINS: Ok, ottimo. Va bene, ok.

M&J Lady Hostese: I soldi te li diamo direttamente in mano, ci salutiamo e non ci vediamo più fino alla prossima campagna.

La pratica di offrire un posto di lavoro in cambio di voto è colloquialmente nota come “compravendita di voti”. Dušan Vučićević, professore associato presso la Facoltà di Scienze Politiche di Belgrado, spiega a CINS che in realtà di tratta di una pratica corruttiva.

“Lei offre una ricompensa a chi voterà il Partito progressista serbo. Per questo reato è prevista una pena detentiva”, sottolinea il professor Vučićević.

Nel corso di quella conversazione telefonica alla nostra giornalista è stato fornito anche l’indirizzo del call-center in cui doveva recarsi il giorno successivo: via Dunavska snc, sede dell’azienda Prointer.

Nel call-center

Nel quartiere di Viline Vode, nei pressi del porto di Belgrado, si trova un grande fabbricato, simile ad un magazzino, che ospita anche gli uffici dell’azienda Prointer. È raggiungibile in auto o prendendo un autobus della linea urbana 44.

Per anni questa azienda veniva associata all’SNS e a Slaviša Kokez, ormai ex funzionario di suddetto partito, che fino a marzo 2021 ha ricoperto la carica di presidente della Federcalcio serba. Poi è caduto in disgrazia agli occhi del regime e dei tabloid filogovernativi che lo accusavano di aver guadagnato 640 milioni di euro grazie al traffico di stupefacenti. Dopo questa vicenda, Kokez è sparito dalla scena pubblica.

Dall’aspetto esteriore del fabbricato a Viline Vode non è possibile dedurre ciò che accade al suo interno. Vi si può accedere da almeno due ingressi. Al momento dell’arrivo della giornalista di CINS su una porta d’ingresso campeggiavano le scritte con i nomi delle aziende Prointer, Energosoft, Bg electronic service e Win-Win. L’altra porta, per la quale normalmente era richiesto un codice di accesso, era aperta. Alcune ragazze che aspettavano che iniziasse il loro turno hanno detto alla giornalista di entrare dalla seconda porta.

Il luogo del call centar/foto CINS

Il luogo del call centar/foto CINS

Varcato l’ingresso, la giornalista si è imbattuta in una scala che conduceva ad una stanza in cui c’era solo un tavolo. Su di esso c’erano liste di persone che lavoravano quel giorno. Dopo aver aggiunto il suo nome e cognome all’elenco, la nostra giornalista ha preso un bigliettino con un username che permetteva di accedere al sistema ed è entrata nella sala che ospitava il call-center.

In quel momento nella sala non c’era nessuno, solo tavoli con circa ottanta computer portatili e cuffie con microfono per parlare con i cittadini.

Il lavoro della maggior parte degli operatori del call-center consiste nel chiamare i cittadini, solo pochi hanno il compito di inserire i dati in un database e verificarli.

Una fonte interpellata da CINS ha spiegato di aver svolto entrambe le attività, precisando di aver inserito nel database i dati dei cittadini – tra i quali c’erano anche molti dipendenti delle aziende pubbliche – registrati come “voti capillari”. Questi voti vengono raccolti da soggetti esterni al call-center, perlopiù dipendenti pubblici, il cui compito è quello di intercettare una determinata “quota” di potenziali elettori.

Nel database c’erano già alcuni dati personali dei “voti capillari”, come il codice identificativo personale (JMBG), l’indirizzo di residenza e il seggio elettorale, quindi bisognava aggiungere solo un recapito telefonico e indicare se si trattava di un membro [dell’SNS], un sostenitore, etc. Poi quelle persone venivano contattate dagli operatori del call-center.

Secondo la fonte di CINS, in quella banca data ci sono i nomi di tutti noi, indipendentemente da chi votiamo. Durante la sua permanenza nel call-center, la giornalista di CINS ha visto diversi sacchi pieni di fogli di carta su cui erano elencati i nomi da inserire nel database. Alcuni sacchi erano chiaramente contrassegnati con la scritta “SNS”.

Ana Toskić Cvetinović dell’organizzazione Partneri Srbija , che si occupa della tutela della privacy e dei dati personali, spiega a CINS che le persone che gestiscono le banche dati dovrebbero ricevere una formazione adeguata in materia di trattamento dei dati sensibili.

“Se si tratta di un lavoratore dipendente, nel suo contratto di lavoro c’è scritto che deve garantire la riservatezza dei dati oppure ci sono alcune procedure interne che prevedono tale obbligo”.

La fonte contattata da CINS afferma di non aver mai ricevuto alcuna formazione in materia di privacy.

Ana Toskić Cvetinović sottolinea però che l’esistenza stessa di quella banca dati, soprattutto se contiene una copia del registro degli aventi diritto al voto, rappresenta un problema ancora più serio.

“Quel registro [degli aventi diritto] serve per organizzare le elezioni, non per la propaganda elettorale. Nessun partito può appropriarsi del registro degli elettori. […] Un partito può eventualmente creare un database dei suoi elettori sicuri, rispettando certi criteri e chiedendo il consenso delle persone i cui dati vengono trattati”, spiega Toskić Cvetinović.

Ad ogni modo, la maggiore parte degli operatori del call-center dell’SNS ha il compito di chiamare i cittadini. Stanno seduti davanti ad un laptop sul cui schermo campeggiano tre icone: due database – uno contiene i voti capillari e l’altro gli elettori sicuri – e l’applicazione Jitsi utilizzata per effettuare le chiamate.

La fonte di CINS spiega che, quando si tratta di chiamate, non c’è molto da pensare. Ogni operatore sullo schermo davanti a sé ha un copione da leggere. Poi a seconda della reazione della persona contattata, l’operatore fa un click su una delle risposte offerte, e quindi compaiono nuove frasi da pronunciare.

È vietato scattare foto non solo all’interno del call-center, ma anche davanti all’edificio. Non è consentito nemmeno pubblicare foto sui social durante il lavoro. Il cellulare va tenuto in borsa.

Tuttavia, la giornalista di CINS è riuscita a fare qualche foto.

Una decina di minuti prima dell’inizio del suo turno, il suo telefono ha squillato. Un’altra chiamata da M&J Lady Hostese. La donna dall’altra parte della cornetta ha detto alla giornalista che, per via di alcune modifiche apportate al calendario dei turni, quel giorno non doveva lavorare, rassicurandola però sul fatto che avrebbe ricevuto la paga giornaliera concordata. Ha detto anche che l’avrebbe richiamata più tardi.

Una ragazza seduta accanto alla nostra giornalista le ha detto: “Che fortunata!”.

Soldi in mano

Mentre la giornalista di CINS si trovava nel call-center, alcuni giovani aspettavano in fila davanti ad un locale in via Ilija Garašanin, nel centro storico di Belgrado. Il locale ospitava la sede dell’ong "Centro per l’educazione e lo sviluppo dei giovani" (CEROB). I membri di CEROB sono soliti vantarsi degli incontri e delle attività realizzate con le istituzioni statali. Per queste iniziative CEROB ha ricevuto svariati milioni di dinari partecipando a tutta una serie di bandi di finanziamento. L’organizzazione però non ha presentato alcun rapporto finanziario per il 2022.

Ognjen Kočević, segretario generale di CEROB, era salito alla ribalta della cronaca nel marzo 2019 quando l’opposizione aveva fatto irruzione nella sede della Radiotelevisione della Serbia (RTS). Un gruppo di studenti si era riunito davanti all’edificio della RTS per sostenere i dipendenti. Tra gli studenti presenti c’era anche Kočević.

“Se potessi, parlerei dei problemi che toccano direttamente i giovani. Lo stesso vale per i miei colleghi che chiedono più spazio nel servizio pubblico. Noi, che siamo il futuro di questo paese, dobbiamo fare i conti con un problema immenso, ossia con la fuga di cervelli”, aveva dichiarato Kočević durante la protesta davanti alla sede della RTS.

Sede dell'associazione Cerob dove avengono le paghe /foto CINS

Sede dell'associazione Cerob dove avengono le paghe /foto CINS

Tra i supervisori citati nel gruppo WhatsApp del call-center dell’SNS figurava anche il nome di Kočević, e quei giovani che aspettavano davanti alla sede di CEROB erano gli operatori del call-center. Nei messaggi che hanno ricevuto tramite il gruppo WhatsApp si precisava che sarebbero stati retribuiti con denaro contante da ritirare presso la sede di CEROB. Stando alle indicazioni fornite ai membri del gruppo, gli operatori del call-center non dovevano discutere tra di lavoro delle paghe giornaliere.

“Se qualcuno vi chiede come siate arrivate qui, citate il nome di Uroš. Se dovessero avere bisogno di qualsiasi ulteriore informazione, possono chiamare Uroš”, si affermava in uno dei messaggi.

La paga giornaliera ammontava a 3000 dinari. C’erano anche le cosiddette “paghe speciali” di 3500 dinari. Ogni settimana venivano elargiti oltre tre milioni di dinari. Lo conferma anche un messaggio inviato al gruppo WhatsApp del call-center da M&J Lady Hostese secondo cui il giorno del pagamento dovevano “distribuire 1120 paghe”. Il gruppo WhatsApp è stato creato nell’agosto di quest’anno.

La provenienza del denaro resta un’incognita.

Ricevuta la paga per la prima settimana, la nostra giornalista è stata nuovamente contattata dall’agenzia M&J Lady Hostese.

“Cara, ce l’hai un minuto?”, ha chiesto la donna, aggiungendo che c’è stato un po’ di “caos” nel call-center.

“Il capo mi ha detto che questa settimana non assumeremo nuove persone, capisci?”.

La donna ha poi detto alla giornalista che l’avrebbe richiamata se ci fosse stato bisogno di nuove persone, rassicurandola sul versamento della paga per quel giorno.

“Ti farò sapere dove venire a prenderla oppure ti farò un bonifico”.

Quella è stata la prima volta che la donna ha menzionato uno strumento di pagamento diverso dai contanti. Alla fine la donna ha offerto alla giornalista un lavoro presso la sua agenzia di hostess, spiegando che le hostess guadagnano molto di più.

Il giorno di paga

Il lunedì successivo, giorno di paga, la giornalista di CINS si è recata nella sede di CEROB. Il suo nome figurava su una lista di 334 persone.

Una volta entrata, volgendo lo sguardo a destra, la giornalista ha visto una scala che portava ad una galleria. Lassù, in un lungo corridoio, le persone che la settimana precedente hanno lavorato nel call-center aspettavano in fila. In fondo al corridoio, seduti ad un tavolo, c’erano Milena Marković dell’agenzia M&J Lady Hostese e un membro di CEROB. Milena verificava i nomi delle persone inserite nella lista, quante ore hanno lavorato, se dovevano ricevere paghe normali o speciali. Il membro di CEROB invece consegnava i soldi.

Milena: Ciao cara.

Giornalista di CINS: Ciao, sono Ivana Milosavljević.

Milena: Quanti giorni hai lavorato?

Giornalista di CINS: Uno, quel lunedì.

Milena: Dimmi, sei stata inserita nel gruppo per il 17 [dicembre]?

Giornalista di CINS: No.

Milena: Di dove sei?

Giornalista di CINS: Sono di Knjaževac, ma vivo a Belgrado.

Milena: Sei residente a Belgrado?

Giornalista di CINS: Sì, sì.

Milena: Residente?

Giornalista di CINS: Sì, sì.

Milena: Ottimo, brava.

Rappresentante di CEROB: Un giorno, giusto?

Giornalista di CINS: Sì.

Milena: Va bene, Ivana. Dimmi, puoi lavorare il 17 dicembre?

Giornalista di CINS: Posso, sì.

Milena: Ivana Milosavljević (contrassegna il nome), la paga è di novemila [dinari], deve votare prima di venire al lavoro (le suona il telefono, parla spiegando che sta distribuendo le paghe…). Va bene, allora la paga è di novemila, devi fotografare il voto prima di venire al lavoro e inviarmi la foto. È una sorta di garanzia, così sapremo che sei dei nostri, che sei leale, che riceverai quei novemila (ride). Aspetta per favore che ti inserisco nel gruppo. Come ti chiami?

Giornalista di CINS: Ivana Milosavljević.

Milena: Sai, non vorrei mica che si presentasse certa gente…

A quel punto Milena ha inserito la nostra giornalista in un nuovo gruppo WhatsApp, dandole il benvenuto.

“Allora benvenuta nel club 17.12”.

Anche il nuovo gruppo è stato contrassegnato con un’icona raffigurante la bandiera serba, solo che questa volta alla parola “CALL” è stata aggiunta una data ben precisa: 17/12, domenica. Al momento della pubblicazione di questo articolo il gruppo contava 315 membri.


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