A distanza di due anni dall'ultimo presidente della repubblica, Milan Milutinović, consegnatosi all'Aja nel 2002 e le successive tre tornate elettorali fallite, finalmente la Serbia elegge il suo presidente: il leader del DS, Boris Tadić
Un risultato atteso quello di domenica in Serbia. Alle urne i cittadini di uno dei più numerosi paesi balcanici dovevano esprimersi al ballottaggio tra il candidato del Partito radicale serbo (SRS), Tomislav Nikolić e il candidato del Partito democratico (DS), Boris Tadić.
Secondo le percentuali definitive rese note dal CeSID, (Centro per le libere elezioni e la democrazia) con un'affluenza complessiva del 48.7%, Boris Tadić ha ottenuto 1.706.888 voti, pari al 53.7%, di contro il suo rivale Tomislav Nikolić il 45%, ossia 1.431.833 voti. Sempre secondo i dati di questo Istituto, Boris Tadić ha battuto Nikolić a Belgrado, 59.5% contro il 39.2% del leader dei radicali; nella Serbia centrale, 50.4% mentre Nikolić 48.1%; in Vojvodina, Tadić ha ottenuto il 55.7% di voti mentre Nikolić il 43.2%. L'unico luogo in cui il nuovo presidente ha perso rispetto al rivale è il Kosovo: Nikolić 71.9% mentre Tadić il 27.4%.
Nonostante la bassa affluenza alle urne, la Serbia opta per una scelta democratica. Fugata definitivamente la possibilità che sulla sedia presidenziale si potesse sedere il candidato dell'ultra destra Tomislav Nikolić, avanza ora la soddisfazione per la riconferma della strada intrapresa il 5 ottobre 2000, giorno della caduta di Slobodan Milošević, che proprio oggi festeggia i suoi tre anni di soggiorno nel carcere di Scheveningen.
L'amaro in bocca è rimasto al rivale di Tadić. Il leader dei radicali Tomislav Nikolić che, secondo quanto riporta B92, ha accusato i media della sua sconfitta, perché hanno apertamente appoggiato Tadić. Rivolgendosi direttamente a B92 Nikolić ha detto "Voi non potete tre giorni dal silenzio stampa per le elezioni fare una campagna a favore di Tadić, avete diviso la famiglia serba in questi tre giorni. Chiamate i giovani a votare! E non va bene perché non invitate i vecchi. Chi siete voi per dividere gli elettori? Come sapete chi deve andare a votare? Tutti devono votare". Il candidato sconfitto si è lamentato inoltre che Tadić ha vinto grazie ai voti delle minoranze.
Nella sua prima dichiarazione alla popolazione, il neo eletto presidente ha tenuto a dire che i cittadini della Serbia hanno confermato la strada intrapresa quattro anni fa sulla via delle riforme democratiche del Paese. Tadić ha confermato che, ora, la priorità verrà data al varo della nuova costituzione (quella in vigore è la stessa del periodo Milošević) e al difficile percorso verso l'Unione europea.
"È importante che io ricordi che questo Paese non rifugge dall'integrazione europea, non rifugge dalla sicurezza e integrazione regionale. La Partnership for peace e le differenti forme di integrazione della difesa e della politica non sono un destino di questo paese, ma il suo desiderio e dei suoi cittadini. Credo che queste elezioni abbiano confermato che non ci si allontana da un tale atteggiamento politico e da un tale futuro politico, ed infine che i cittadini di questo Paese sono per la maggioranza a favore di questo tipo di politica", ha dichiarato Tadić per B92.
Nonostante i poteri del presidente della repubblica siano piuttosto limitati, sicuramente la sua elezione offre una garanzia di maggiore stabilità per il Paese. La Serbia da anni ormai è in una crisi profonda, tanto politica che economica e sociale. Secondo diversi analisti, la vittoria del candidato dell'estrema destra avrebbe portato la Serbia ad un ulteriore isolamento internazionale.
Nei quindici giorni intercorsi tra il primo e il secondo turno elettorale tutti i partiti della coalizione di governo avevano espresso il loro appoggio al leader del Partito democratico, lasciando così poche chance al rivale Nikolić. Tuttavia diversi dubbi erano stati sollevati sulla possibilità che il nuovo presidente Tadić, appartenente ad un partito che non fa parte del governo, potesse rendere instabile il governo di minoranza del premier Koštunica.
"Le elezioni per il parlamento non sono affatto una priorità in questo momento e credo che sia fondamentale stabilizzare le istituzioni politiche, e questo sarà il mio compito. Penso al parlamento, al governo e alla istituzione del Presidente della Serbia. Dall'altra parte, la priorità è certamente la definizione delle nostra direzione di base per lo sviluppo e la definizione della direzione in cui va la Serbia", ha detto Tadić ai microfoni di B92.
Secondo il noto analista politico Vladimir Goati, Boris Tadić non farà "dondolare" il governo e non insisterà sulle elezioni anticipate, perché "la sua anticipatamente dichiarata tolleranza verso il governo gli ha portato un certo numero di voti di quelle persone che ne hanno abbastanza dell'instabilità" - e aggiunge il politologo di Belgrado - "credo che la vittoria di Tadić sia il passo più grosso compiuto dalla Serbia sulla via del ritorno alla sua geografia naturale. Oggi, siamo incomparabilmente più vicini alla Unione europea che ieri, bussiamo alla sua porta".
La soddisfazione dell'Unione europea è giunta attraverso le parole della portavoce dell'alto rappresentante per la politica estera dell'UE, Javier Solana. Raggiunta dall'agenzia Beta a Istanbul, Christina Galyak ha dichiarato che "L'Unione europea è decisa ad appoggiare molto chiaramente il processo di riforme in Serbia e il suo avvicinamento all'Europa. L'Europa dei 25 manterrà le sue promesse fatte ai candidati europeisti in Serbia e appoggerà questo processo".
Chi è Boris Tadić
Nato il 15 gennaio 1958 a Sarajevo. A Belgrado termina il ginnasio. Si laurea in psicologia clinica alla Facoltà di Filosofia e termina gli studi post laurea con un lavoro dal titolo "Sovversione nell'ambito della sessualità". Lavora come giornalista alla Radio Indeks 202, come psicologo all'ospedale "Laza Lazarević", poi diventa professore di psicologia al ginnasio di Belgrado. È stato psicologo clinico per l'esercito, ricercatore presso l'Istituto di psicologia di Belgrado, e nel 1997 fonda e diventa il direttore del Centro per lo sviluppo della democrazia. Fino al 2002 lavora al progetto per l'introduzione del sistema politico regionale per l'educazione nei paesi del sud est Europa. Dal 2003 è professore di politica e advertising alla Facoltà di arti drammatiche di Belgrado. Si occupa di politica da quando era studente, partecipando alla formazione della semi illegale Università aperta e nell'ambito di varie attività dell'allora opposizione, viene arrestato negli anni ottanta. Membro del Partito democratico (DS) dal 1990. Alla vicepresidenza del partito viene eletto due volte, nel 2000 e nel 2001.
Dopo l'omicidio del leader di partito e premier serbo Zoran Ðinđić, il 12 marzo 2003, Tadić guida la leadership del partito con altri tre vicepresidenti. Alle scorse elezioni per il partito, 22 febbraio 2004, viene eletto presidente, con 1.538 voti su un totale di 1.944. Per il suo rivale Zoran Živković votano solo 296 delegati. Nel periodo tra il marzo 2003 e l'aprile 2004 è stato ministro della difesa della Serbia e Montenegro. È stato membro di svariati organismi parlamentari della Serbia, della SRJ e della Serbia e Montenegro. Parla inglese e francese. È sposato con Tatjana Rodić, ingegnere civile, dalla quale ha avuto due figlie, Maša e Vanja.
(fonte B92)
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