Stevan Dojčinović, caporedattore di KRIK (foto Media centar Belgrado)

Stevan Dojčinović, caporedattore di KRIK (foto Medija Centar Beograd )

Le giornaliste e i giornalisti del portale investigativo KRIK sono sotto attacco. I tabloid di regime - per bloccarne le inchieste - li stanno rendendo bersagli nella guerra tra bande criminali che si sta verificando per le strade di Belgrado. "La situazione più pericolosa che abbiamo mai dovuto affrontare”, denuncia il direttore di KRIK Stevan Dojčinović

15/03/2021 -  Danijel Apro

(Originariamente pubblicato da Cenzolovka, il 10 marzo 2021)

“Fingono di essere minacciati: hanno disegnato un bersaglio sulla fronte di Danilo Vučić e ora si fingono ingenui”

“Che ipocriti! I giornalisti di KRIK sostengono che ‘qualcuno stia disegnando loro un bersaglio in fronte’, ma cosa accadrebbe se qualcuno affermasse che Belivuk aveva collaborato con Informer?”

“Scoperti! Ecco come Velja Nevolja passava a KRIK informazioni su Danilo”

“Gli ipocriti di KRIK: hanno messo ai giornalisti un bersaglio in fronte, e ora gridano istericamente di essere le vittime”.

Questi sono solo alcuni dei titoli con cui i tabloid vicini al regime Alo, Informer, Srpski Telegraf e Objektiv hanno cercato di intimidire e screditare i giornalisti della Rete di investigazione su crimini e corruzione (KRIK) dopo che KRIK ha pubblicato una serie di testi sui legami tra vertici dello stato e criminalità organizzata.

Attacchi per nulla sorprendenti

Anche la tv PINK, nel corso di un telegiornale, ha preso di mira i giornalisti di KRIK, come ha fatto anche il vicepresidente del Partito progressista serbo (SNS) Vladimir Orlić.

“I ‘media’ vicini ai tycoon e i loro complici, che non fanno altro che condurre una campagna denigratoria con i loro miseri tentativi di criminalizzare e diffamare una famiglia, ora gridano dalla fossa che hanno scavato a qualcun altro: ‘È pericoloso essere accusati di avere legami con i criminali!’ Ma davvero? Come mai?”, ha scritto Orlić sul suo account Twitter.

I giornalisti di KRIK sembrano essere lasciati a loro stessi, mentre – come affermano alcune persone ben informate – sulle strade di Belgrado è in una corso una guerra tra gruppi criminali.

“È chiaro che gli attacchi condotti attraverso i tabloid hanno a che fare con quello che abbiamo scritto su Veljko Belivuk e il suo gruppo. Su questo non vi è alcun dubbio”, spiega a Cenzolovka il caporedattore di KRIK Stevan Dojčinović.

“I primi testi su Belivuk li abbiamo pubblicati nel 2016, prima ancora che Belivuk diventasse leader di un clan. Sono ormai cinque anni che ci occupiamo di questo tema e nei nostri articoli siamo riusciti a dimostrare l’esistenza di un legame tra questo gruppo criminale e alcune persone vicine al governo e al presidente Aleksandar Vučić. Ciononostante, al momento nessuna di queste persone è sottoposta ad indagini”, afferma Dojčinović.

Stando alle sue parole, questa ennesima serie di attacchi è iniziata dopo una conferenza stampa del presidente Vučić tenutasi lo scorso 6 marzo. Nel corso della conferenza, trasmessa in diretta da tutte le emittenti televisive a copertura nazionale, Vučić, parlando di Belivuk, ha mostrato alcune fotografie di cadaveri, scene di sangue e altre immagini inquietanti.

“Il problema principale è che la leadership al potere sta cercando di limitare l’indagine e di impedire che le tracce portino ad alcuni esponenti di spicco del mondo della politica e della polizia”, afferma Dojčinović. E aggiunge: “Stanno fabbricando storie false, si comportano come se nel 2019 Belivuk fosse arrivato da Marte, come se non avesse mai avuto rapporti con alcun rappresentante del potere. È per questo che stanno cercando di intimidirci. Nel corso di quella conferenza stampa una giornalista di KRIK ha chiesto al presidente Vučić cosa pensasse del rapporto tra alcuni criminali e il segretario generale del governo serbo Novak Nedić, uno stretto collaboratore del presidente. A questa domanda Vučić è andato su tutte le furie. Immaginavamo che una qualche reazione ci sarebbe stata”.

E le reazioni non si sono fatte attendere. I media filogovernativi hanno cercato di presentare i giornalisti di KRIK come persone legate alla mafia. KRIK è stato definito “un media privato di Belivuk”, come ha titolato in prima pagina il tabloid Alo.

“Ci stanno letteralmente accusando di collaborare con un gruppo criminale che è attualmente in guerra con un altro gruppo criminale”, spiega Dojčinović, aggiungendo: “I giornalisti sempre corrono dei rischi quando qualcuno scrive su di loro. Ma questa situazione è molto più pericolosa, perché ci sono due organizzazioni criminali in guerra tra loro. Vengono uccisi anche i membri delle loro famiglie, gli avvocati… In queste circostanze, noi siamo accusati di essere legati a una delle parti [coinvolte nel conflitto]. Credo che questa sia la situazione più pericolosa che abbiamo mai dovuto affrontare”.

Nessun motivo per interrogare i giornalisti di KRIK

Di fronte alla narrazione propagandistica incentrata sui presunti legami tra i giornalisti di KRIK e alcuni esponenti del sottobosco criminale serbo, viene da chiedersi se le autorità competenti intendano indagare su tali speculazioni.

Stevan Dojčinović afferma di non aspettarsi che qualcuno dei giornalisti di KRIK venga convocato per un interrogatorio.

“Nessuna istituzione ci ha contattati. Non so in base a cosa possano interrogarci, dovrebbe esserci un motivo. Non mi aspetto che la vicenda vada oltre questa gogna sui tabloid. D’altra parte, noi non possiamo reagire in alcun modo. Non esiste alcun meccanismo giuridico che ci permetta di proteggerci. Possiamo denunciarli e poi aspettare due anni, due anni e mezzo per vedere come si pronuncerà il tribunale. Siamo letteralmente costretti a stare seduti e aspettare di vedere cosa si inventeranno ancora”, afferma Dojčinović.

Nel frattempo, una coalizione formata da alcune associazioni dei giornalisti e media serbi ha condannato la campagna denigratoria contro la redazione di KRIK e i tentativi di screditare le giornaliste e i giornalisti coraggiosi di questo portale investigativo.

La coalizione ha chiesto alla procura generale di smentire le speculazioni, del tutto infondate e pericolose, sui presunti legami tra KRIK e alcuni gruppi criminali, invitando inoltre il ministero dell’Interno a intraprendere tutte le misure necessarie per proteggere i giornalisti di KRIK.

“La redazione di KRIK ormai da anni indaga, con coraggio e professionalità, su temi legati alla corruzione e criminalità organizzata e per il suo lavoro ha ricevuto numerosi riconoscimenti in Serbia e all’estero, ma al contempo, proprio a causa dei suoi articoli, si è guadagnata numerosi nemici”, si legge nel comunicato emesso dalla coalizione.

Anche la Fondazione Slavko Ćuruvija ha alzato la voce in difesa dei giornalisti di KRIK, affermando che in un paese, come la Serbia, in cui alcuni omicidi di giornalisti sono stati preceduti da campagne denigratorie nei loro confronti, gli attacchi come quelli a cui è esposto KRIK non dovrebbero più verificarsi.

Pressioni e attacchi ai giornalisti di KRIK non sono una novità. Nel maggio 2020, dopo la pubblicazione di un’inchiesta su collusioni tra criminalità organizzata, polizia e potere politico, alcuni alti funzionari dello stato hanno pubblicamente attaccato i giornalisti di KRIK, accusandoli di aver “criminalizzato” il figlio del presidente Aleksandar Vučić, Danilo Vučić, e di aver messo a rischio la sua incolumità.

Nel giugno 2020 un uomo sconosciuto si è impossessato del cellulare della giornalista di KRIK Bojana Jovanović dopo che quest’ultima aveva fotografato Danilo Vučić in compagnia del noto hooligan Aleksandar Vidojević. La giornalista è stata circondata da un gruppo di uomini, mentre persone che si erano presentate come agenti di polizia se ne stavano in disparte. Tuttavia, la procura non ha considerato questo episodio come una seria minaccia.

Nel 2019 i giornalisti di KRIK sono stati bersaglio del cosiddetto “pedinamento giapponese”, che consiste nel far sapere alla vittima di essere pedinata allo scopo di intimidirla.

In un’intervista rilasciata a Cenzolovka , il caporedattore di KRIK Stevan Dojčinović ha affermato che ogni mattina pensa alla sicurezza dei giornalisti e della redazione di KRIK e che questa preoccupazione è ormai diventata parte integrante del suo lavoro.

Nel 2016 qualcuno ha fatto irruzione nell'appartamento della giornalista Dragana Pećo, mentre nel 2019 è stata presa di mira la casa della giornalista Milica Vojinović.

 

La solidarietà di MFRR

Il consorzio Media Freedom Rapid Response, di cui OBCT fa parte, ha espresso la sua più ferma condanna della campagna di denigrazione che ha colpito KRIK, inviando una lettera alle autorità serbe


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