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Alle amministrative della capitale Belgrado ennesima conferma dell'SNS di Vučić. Affondano i DS mentre la dinamica politica sembra ormai tutta interna all'attuale maggioranza che guida il paese SNS-SPS

06/03/2018 -  Dragan Janjić

Con la vittoria alle elezioni comunali di Belgrado, tenutesi domenica 4 marzo, il Partito progressista serbo (SNS) di Aleksandar Vučić ha rinsaldato la sua posizione di prima forza politica del paese. Il suo leader ricopre infatti già la carica di presidente della Repubblica e l’SNS detiene la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento, e le prossime elezioni politiche dovrebbero tenersi entro poco più di due anni. Trionfando alle amministrative di Belgrado per la seconda volta consecutiva, l’SNS ha ribadito il suo pieno dominio sulla scena politica serba.

Secondo dati ancora non definitivi, l’SNS potrebbe avere la maggioranza assoluta dei seggi nell’assemblea comunale (probabilmente 64 su 110). Il partito di Vučić ha ottenuto circa il 45% delle preferenze, e di conseguenza gli spetta la fetta maggiore dei voti espressi in favore di liste che non hanno superato la soglia di sbarramento del 5%.

Delle 24 liste presentatesi alle elezioni di domenica, le uniche ad aver superato la soglia di sbarramento – oltre all’SNS e al suo partner di governo, il Partito socialista serbo (SPS) – sono la lista guidata dall’ex sindaco di Belgrado Dragan Đilas (circa il 18% di voti) e quella di Aleksandar Šapić, presidente del municipio di Novi Beograd (circa il 9% di voti).

Tutti gli altri partiti sono rimasti al di sotto dello sbarramento e i voti che hanno ricevuto verranno ridistribuiti tra le quattro liste di cui sopra, in modo proporzionale ai risultati ottenuti. Una volta suddivisi i voti, l’SNS avrà un dominio assoluto in seno all’assemblea comunale e anche l’influenza dell’SPS ne risulterà ridotta.

L’SPS ha partecipato autonomamente alle elezioni comunali, ottenendo circa il 6% delle preferenze. Anche se probabilmente potrà formare da solo il governo della città, non c’è da aspettarsi che l’SNS decida di rompere l’alleanza con l’SPS, insieme al quale ha governato Belgrado negli ultimi quattro anni. Non è escluso, tuttavia, che l’SPS ottenga meno poteri in seno all’amministrazione comunale di quanti ne aveva prima.

Il grande sconfitto delle elezioni di domenica è il Partito democratico (DS), che è stato a lungo la principale forza del blocco filoeuropeo, rimanendo per anni alla guida di Belgrado. In questa tornata elettorale la lista guidata dal DS ha ottenuto poco più del 2%, un risultato considerato una vera débâcle, mentre la coalizione guidata da Dragan Đilas si è imposta come principale forza di opposizione. Nei prossimi mesi il DS si troverà probabilmente ad affrontare una crisi interna, che potrebbe portare a cambiamenti al vertice del partito.

Sindaco

Ora si apre una fase di negoziazione finalizzata al raggiungimento di un accordo sulla nomina del sindaco e di altri organi dell’amministrazione comunale. Ruolo decisivo in questo processo avrà Aleksandar Vučić, in quanto leader del primo partito della coalizione al governo. Dal momento che in campagna elettorale per le elezioni di Belgrado SNS e SPS hanno insistito sul fatto che negli ultimi quattro anni, ovvero da quando hanno preso il timone dell’amministrazione comunale, la città ha funzionato molto bene e i servizi comunali sono stati migliorati in modo significativo, non c’è da aspettarsi grandi cambiamenti nella nuova maggioranza.

L’SPS si è presentato alle elezioni di domenica con una propria lista e un proprio candidato sindaco, l’attuale ministro dell’Energia Aleksandar Antić. L’SNS non si è opposto alla candidatura di Antić, ma non vi è stato neppure alcun tentativo di raggiungere un accordo con l’SPS per presentare un candidato comune.

Un’eventuale elezione di Antić a primo cittadino di Belgrado aprirebbe questioni importanti. Se dovesse essere eletto a sindaco, Antić dovrebbe infatti dimettersi dall’incarico di ministro dell’Energia, un incarico di grande importanza per quanto riguarda le relazioni con la Russia. Mosca tradizionalmente nutre grande fiducia nei confronti dei quadri dell’SPS che ricoprono posizioni chiave nel settore energetico. Se Antić dovesse lasciare l’incarico di ministro dell’Energia, al suo posto probabilmente verrebbe piazzato un altro esponente dell’SPS, per evitare di incrinare i rapporti con Mosca.

Per Vučić questa ipotesi sarebbe difficilmente accettabile perché vedrebbe esponenti dell’SPS assumere sia l’incarico di ministro dell’Energia sia quello di sindaco di Belgrado. In occasione della recente visita a Belgrado del capo della diplomazioa russa Sergei Lavrov, la parte serba ha ricevuto chiari segnali circa il forte sostegno di Mosca nei confronti dell’SPS. Nell’esprimere il suo appoggio alla coalizione al governo, Lavrov ha fatto soltanto un breve riferimento a Vučić, sottolineando che si tratta di un appoggio all’intera coalizione, compreso l’SPS e il suo leader Ivica Dačić.

Date queste premesse è quindi logico aspettarsi che alla carica di sindaco di Belgrado venga eletto un funzionario dell’SNS, oppure una persona che non fa parte di alcun partito politico.

Dominio

Cambiamenti sulla scena politica serba, tenendo conto dei risultati delle elezioni comunali appena conclusesi, potrebbero avvenire solo nel caso dovesse verificarsi qualche grave turbolenza politica o economica. La coalizione di governo, composta da SNS e SPS, ha rinsaldato il suo potere su tutti i livelli, e ora il suo obiettivo prioritario è mantenere quello che ha conquistato. Pertanto le speculazioni secondo cui le prossime elezioni politiche potrebbero essere indette in anticipo, tra un anno, forse anche meno, suonano poco convincenti. Il massimo che ci si può aspettare è un eventuale rimpasto di governo.

Vučić e la compagine di governo non hanno alcun interesse a mettere a repentaglio la posizione di dominio conquistata, tenendo conto anche del fatto che entro la fine dell’anno prossimo dovrebbero essere compiuti importanti passi avanti nella risoluzione del problema del Kosovo. Alla vigilia delle elezioni del 4 marzo, Vučić ha incontrato a Berlino la cancelliera tedesca Angela Merkel. L’incontro è stato organizzato su iniziativa di Vučić che, una volta tornato a Belgrado, ha apertamente dichiarato che l’anno prossimo la Serbia dovrà sottoscrivere un accordo legalmente vincolante sulla normalizzazione dei rapporti con il Kosovo. Con questa dichiarazione ha praticamente lanciato la campagna mirata a preparare l’opinione pubblica alla firma del suddetto accordo.

Nonostante Vučić abbia compiuto questo passo al culmine della campagna elettorale per le elezioni comunali a Belgrado, il suo partito ne è uscito vincitore indiscusso. I partiti di opposizione di orientamento nazionalista non hanno avuto né la forza né la capacità di sfruttare a proprio vantaggio l’annuncio dell’imminente firma dell’accordo che, secondo quanto anticipato in via ufficiosa, dovrebbe spianare la strada all’ammissione del Kosovo alle Nazioni Unite. Fino a pochi anni fa, i nazionalisti serbi, compreso lo stesso Vučić, avrebbero considerato la firma di tale accordo un atto di tradimento, mentre oggi la ritengono inevitabile.

Le elezioni di Belgrado sono servite come una sorta di introduzione alle grandi sfide che le autorità serbe dovranno affrontare nel corso di questo e del prossimo anno. In questo senso, la dichiarazione rilasciata da Vučić a seguito dell’incontro con la Merkel, si configura come una sorta di esperimento politico attraverso il quale il presidente serbo voleva tastare il polso dell’opinione pubblica. Ha motivo di concludere che nessun impedimento gli si pone davanti e che può tranquillamente continuare a preparare la strada in merito all’accordo legalmente vincolante con il Kosovo. Se il compromesso tra Belgrado e Pristina dovesse essere raggiunto entro i termini previsti, verrebbe meno uno dei principali ostacoli all’avanzamento della Serbia verso l’Unione europea.


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