L'incontro di Slobodan Milosevic e di Vojislav Seselj nella sala udienze del TPI dell'Aja è probabilmente l'episodio finale nella storia delle relazioni, da sempre movimentate, tra i due leader politici serbi degli anni '90. I tempi che vedevano alternarsi una collaborazione idilliaca ad aspri conflitti sono passati da molto. Il risultato, all'Aja, è l'alleanza tra i due compari
Di Tamara Skrozza e Centro di Documentazione di Vreme, per Vreme, 25 agosto 2005; traduzione francese di Persa Aligrudic per Le Courrier des Balkans, 1 settembre 2005 (titolo originale: "Seselj et Milosevic au TPI: la dernière ligne de défense")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
L'uno (con un sorriso soddisfatto) dice: «Buongiorno, signor Seselj», l'altro (un po' freddamente) gli risponde: «Buongiorno, signor Milosevic», e lo show può cominciare. Le due vedettes principali della scena politica degli anni '90 hanno brillato nuovamente, stavolta al Tribunale dell'Aja dove l'happening, incominciato il 19 agosto 2005, dovrebbe durare per settimane. Anche se si devono attendere le analisi delle testimonianze di Seselj nel corso del processo di Milosevic, una cosa è certa: non sarà noioso né per i partecipanti né per il pubblico. Infatti l'esperienza dimostra che l'ex Presidente della Jugoslavia ed il presidente, tuttora in carica, del Partito radicale serbo (SRS) formano un duo insostituibile che garantisce un gran numero di drammatici voltafaccia, innumerevoli pugnalate alla schiena e altri esempi pittoreschi che dimostrano come è fragile la linea che separa amore e odio.
Matrimonio armonioso e separazioni burrascose
Si sarebbero incontrati nel 1992 per il tramite di Mihalj Kertes, affermando di voler discutere delle elezioni legislative. Ma secondo altre fonti il soggetto delle loro discussioni sarebbe stato qualcosa di più serio: rafforzare il Partito radicale serbo. All'epoca Milosevic diceva che Seselj era il suo oppositore politico favorito, perché non riceveva alcun aiuto finanziario dall'estero e «perché era coerente nell'esprimere le proprie opinioni», mentre Seselj non pensava affatto a mettere in questione l'autorità dell'allora Presidente della Serbia.
Grazie a Seselj, Milosevic, sul piano locale, sembrava essere un capo con inclinazioni verso il nazionalismo radicale, allora molto popolare, mentre sul versante degli esteri appariva come un capo di Stato che non era il peggio che potesse capitare alla Serbia. E grazie a Milosevic, Seselj ha potuto tranquillamente rafforzare il suo partito dando allo stesso tempo l'immagine di uno che esprimeva ad alta voce ciò che Milosevic non poteva dire e che le «persone comuni» pensavano.
Il governo socialista di minoranza che fu in seguito formato ha potuto funzionare in gran parte grazie al sostegno dei radicali, che hanno giocato un grande ruolo nel rovesciamento di Dobrica Cosic, allora Presidente federale jugoslavo, di modo che Seselj poteva continuare a volontà a recitare il ruolo del tribunale popolare che disdegnava il potere. E l'idillio è proseguito...
La prosecuzione dell'idillio
Il capo dei radicali mostra nuovamente il suo talento per la psicologia e la politica dopo le elezioni municipali del 1996, quando incominciano le agitazioni studentesche della coalizione «Insieme» («Zajedno», NdT) a causa della frode elettorale. Mentre Milosevic s'innervosiva sempre più e diventava irrazionale, le reazioni di Seselj erano assolutamente calme; mentre Milosevic inviava i cordoni di polizia contro i manifestanti e ruggiva contro di loro attraverso il personale della RTS, Seselj dimostrava il disaccordo dei leader dell'opposizione, criticava i «leader studenteschi pagati dall'estero» e le bandiere dei Paesi stranieri che apparivano nelle manifestazioni di protesta. In breve, tutto ciò che conveniva al corpo elettorale di quelli che non erano né per Milosevic, né per «quelli della strada». Tutto ciò ha portato dei frutti: alle elezioni del settembre 1997, boicottate da 12 partiti di opposizione, Seselj ottenne più di un milione di voti ed 82 seggi di deputati.
Nuvole nere
Interrogato durante un'intervista nel novembre 2000 su come egli avesse potuto entrare in un governo con persone che l'avevano messo in prigione, Seselj ha spiegato: «Io non partecipo al governo della Serbia perché mi piace Milosevic, ma perché ritengo che ciò sia nell'interesse del popolo serbo e dello Stato serbo». Ha aggiunto che delle «nuvole nere si erano abbattute sulla Serbia nel 1998», e che la «stampa filoamericana» aveva incominciato a incensarlo con forza e che egli aveva capito di che cosa si trattava.
Comunque sia, Seselj e Milosevic, ora ufficialmente alleati, hanno brillato in tutto il loro splendore dopo la formazione del governo di unità nazionale. In verità, la loro coabitazione fu storica, e pochi sono coloro che mai potranno dimenticare il referendum sulla (non) accettazione della partecipazione di rappresentanti stranieri nella regolazione del problema kosovaro, la Legge sull'informazione che ha affossato numerose testate, la Legge sull'Università, la quale non si è più risollevata dalla applicazione di detta legge, la Legge sui diritti e doveri specifici delle persone elette (che garantiva la sicurezza materiale a vita dei deputati)...
Durante questo periodo i ruoli erano ben divisi: Milosevic portava avanti importanti negoziati con gli «attori internazionali» (Richard Holbrook, per esempio), mentre Seselj si occupava delle faccende sporche ma nondimeno necessarie. Attaccando i media, i professori, l'opposizione e gli altri, il leader dei radicali ha permesso a Milosevic di condurre tranquillamente il Paese in guerra, essendo per la prima volta sollevato dai problemi locali.
Nel frattempo, dopo la firma degli Accordi di Kumanovo nel giugno 1999, Seselj ha cercato (ma senza successo) di mantenere almeno una delle sue promesse: in caso d'ingresso delle truppe NATO in Kosovo, i radicali sarebbero dovuti uscire dal governo. Questo non si è potuto fare perché il Primo ministro Marjanovic aveva introdotto il concetto di «lavoro obbligatorio» per i ministri radicali in ragione della «necessità di avere una continuità di formazione e di lavoro del governo». Se Seselj desiderava lasciare il governo, questo non gli è stato permesso. Inoltre, il 12 agosto 1999, mentre non poteva lasciare il governo della Serbia, egli è entrato anche nel governo federale, ottenendo pure cinque seggi ministeriali.
Un cesto di frutta come regalo di benvenuto
Proprio come un «semplice» amore finisce per maturare negli anni, i rapporti tra Milosevic e Seselj entrarono nella loro forma finale dopo la partenza di Milosevic per l'Aja. Sottolineando costantemente che Milosevic era stato rapito, Seselj ha spesso promesso che egli avrebbe risposto con piacere alla richiesta di Milosevic di testimoniare in suo favore e di aiutarlo a vincere il suo processo, mentre Milosevic l'ha lealmente contraccambiato. Benché il suo stesso partito, il Partito socialista di Serbia (SPS), partecipasse alle elezioni del 2002, l'ex Presidente della Repubblica federale di Jugoslavia (SRJ) ha all'epoca lanciato un appello agli elettori a votare per Seselj, perché era lui che poteva «rovesciare il regime imposto».
Allo stesso modo, quando Seselj si trovava già all'Aja, Milosevic ha sostenuto il candidato radicale, Tomislav Nikolic, alle elezioni presidenziali del 2003. Questa volta nulla è venuto a mettere a repentaglio l'armonia tra i due uomini: Milosevic ha più volte telefonato al suo oppositore favorito, mentre Seselj ha continuato a evocare la tesi dei «falsi testimoni» comparendo al processo di Milosevic. Ma l'apogeo quasi poetico è stato raggiunto all'arrivo di Seselj nella sua cella al Tribunale dell'Aja, quando una «grande sorpresa» l'attendeva sotto forma di un cesto di frutta inviato da Milosevic «perché si rinfrescasse dopo il viaggio».
Quelli che non hanno familiarità con la situazione locale si domanderanno sicuramente come sia possibile che, dopo tutto quello che si sono detti l'un l'altro, queste due persone possano trovarsi nella condizione di collaborare o di difendersi a vicenda al Tribunale dell'Aja.
Com'è possibile che Seselj, dopo avere così spesso insultato Milosevic, sia sostenuto da quest'ultimo alle elezioni presidenziali? In che modo, dopo la sua uscita di prigione e dopo invettive violente contro i socialisti, Seselj diventa l'ultima arma di difesa di Milosevic sul terreno locale ed estero? Infine, come ha potuto durare l'alleanza politica implicita o pubblica tra l'uomo autoproclamatosi di sinistra ed il radicale di destra?
Odio e amore
La spiegazione pratica di questo fenomeno è stata data dallo stesso Seselj in una intervista: «In politica, non ci deve essere odio. Chi è spinto dall'odio non ha prospettive, declina... Quanto a me io sono insensibile all'odio». Tenendo presente il fatto indiscutibile che Seselj e Milosevic sono intelligenti e pragmatici, questa teoria regge. Avendo trovato da altre parti una valvola di sfogo per l'odio, in generale verso i responsabili politici che la pensano in modo diverso, né l'uno né l'altro avevano un motivo per odiarsi, e i loro conflitti potevano essere interpretati come delle semplici combinazioni politiche o delle montature che, in certi momenti, gli portavano dei punti politici.
D'altra parte, durante i loro periodi d'amore, erano molto utili l'uno all'altro. Milosevic, per il semplice fatto di esistere, assicurava a Seselj lo status di un eterno oppositore, eterno patriota ed eterno avversario delle potenze mondiali. Seselj assicurava talvolta a Milosevic la maggioranza parlamentare, talvolta un sostegno pubblico o tacito in momenti cruciali, e talvolta era quello che diceva ciò che c'era bisogno di dire (cosa che è abbastanza difficile).
Ciò nonostante, è altrettanto incontestabile che, proprio come non c'era un vero odio, non c'era neppure un vero amore tra di loro. Mossi dagli interessi politici, in un'epoca in cui c'erano pochi leader potenti, erano in un certo senso condannati ad accordarsi.
Oggi, in circostanze completamente differenti, la natura della loro alleanza è molto più semplice. Nell'atto di accusa contro Milosevic, il nome di Seselj è menzionato in 35 paragrafi, e l'obiettivo di entrambi è quello di denunciare «il falso tribunale» e «i falsi testimoni». Il TPI è per tutti e due la sola maniera di prolungare la loro vita mediatica in un modo o nell'altro. Per questo non è sorprendente che dopo il secondo giorno di testimonianza di Seselj (il 23 agosto), tutto l'affare assomiglia più ad un tranquillo dialogo condotto da due persone che la pensano allo stesso modo, interrotto talvolta dal giudice o dalla corte. Tutto sommato, i momenti in cui Seselj rimprovera a Milosevic certe condotte politiche, per esempio la sua collaborazione con Vuk Draskovic oppure i conflitti tra i socialisti e i radicali in Parlamento, sono molto rari e portano unicamente alla conclusione che Seselj perdona facilmente ma non per questo dimentica.
Quanto a Milosevic, l'impazienza che egli talvolta mostra verso le dichiarazioni molto lunghe di Seselj non potrebbe essere interpretata come un segno di una qualsivoglia intolleranza. L'uomo ha molto semplicemente fretta di mostrare nuovamente la sua innocenza in tutto l'affare, come pure di mostrare che la Serbia ha conosciuto dei nazionalisti ben peggiori di lui, e che la sua tesi sui falsi testimoni, sulle false accuse e i falsi tribunali ha altri adepti a parte lui. Seselj gli darà certamente soddisfazione in questo senso. Del resto, fino ad oggi, egli ha sempre dato delle soddisfazioni al suo compare.
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