Vittore Carpaccio, Madonna con bambino

E' una disputa che dura da 70 anni. Nel 1940 le autorità fasciste misero in sicurezza decine di opere provenienti dall'Istria. Sono ora esposte a Trieste, ma Lubiana non ha rinunciato a recuperarle

31/12/2015 -  Rodolfo Toè

(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 27 novembre 2015, tit. orig. "Histoire: ces tableaux de maîtres que l’Italie ne veut pas rendre à la Slovénie")

E' una questione mai davvero risolta tra Lubiana e Roma: nel 1940, nel mese seguito all'inizio della Seconda guerra mondiale, le autorità fasciste approvarono una legge “per la protezione dei beni di valore artistico e culturale della Nazione in caso di guerra” al fine di evitare che il patrimonio culturale venisse distrutto o saccheggiato nel corso dei combattimenti.

Decine di opere, in particolare ritratti realizzati tra il XIV e il XIX secolo da pittori veneziani (tra i quali Paolo Veneziano, Alvise Vivarini, Alessandro Algardi, Giambattista Tiepolo, Vittore e Benedetto Carpaccio) furono confiscati da numerose città del territorio istriano, attualmente sotto sovranità slovena e croata, ma che allora facevano parte del Regno d'Italia. Si trattava di preservarle dalla furia dei combattimenti. Le tele vennero imballate in casse di legno e trasportate sino a Palazzo Venezia a Roma, dove sono rimaste nell'oblio sino agli inizi del XXI secolo.

E' grazie al critico d'arte Vittorio Sgarbi che si deve la riscoperta di questo patrimonio artistico finito nell'oblio. Nel 2002 Sgarbi, che era allora segretario di stato aggiunto ai beni culturali nel governo presieduto da Silvio Berlusconi, fece restaurare le tele e promosse una mostra che faceva l'elogio della “cultura e presenza italiana in Istria”. Naturalmente, la città scelta per accogliere la mostra, nel 2005, fu Trieste, città dall'identità divisa tra componente italiana, slava e tedesca.

Abbastanza per far scoppiare una violenta polemica con la vicina Slovenia. Immediatamente Lubiana domandò a Roma la restituzione delle opere prelevate nel 1940. La Slovenia motivò la sua richiesta citando l'articolo 12 del Trattato di pace sottoscritto nel 1947. In verità quest'ultimo imponeva all'Italia solo di restituire alla Jugoslavia “gli oggetti di carattere artistico [...] prelevati tra il 4 novembre 1918 e il 2 marzo 1924 nei territori occupati dall'Italia e quindi quelli restituiti alla Jugoslavia alla fine dei trattati sottoscritti a Rapallo nel 1920 e a Roma il 27 gennaio del 1924”. Di fatto quindi non si applica all'Istria, ancora parte integrante del territorio italiano nel 1940.

Una polemica tra gentiluomini?

In realtà, la questione è assai spinosa e strumentalizzata dalla politica italiana e slovena. “La mostra a Trieste non è solo una semplice manifestazione artistica ma una vetrina per la nostra identità nazionale”, affermava Vittorio Sgarbi. “Queste opere rappresentano la civiltà istriana nella loro identità italiana. I pittori e gli autori sono tutti italiani. Non vi dovrebbe essere alcuna rivendicazione da parte slovena […] Potrebbero ritornare in Istria se si trova un accordo, ma non secondo il diritto, perché il diritto dà ragione a noi”.

Attualmente le opere sono conservate presso il Civico Museo Sartorio di Trieste, dove la mostra fu organizzata nel 2005. Per gli italiani, ed in particolare per i discendenti delle famiglie che lasciarono la Jugoslavia durante e dopo la fine della Seconda guerra mondiale, queste tele sono un tesoro che preserva il ricordo della loro presenza storica in Istria. “Opere d'arte che non sono state trafugate dall'esercito italiano, sono state semplicemente messe in sicurezza in previsione dell'inizio della guerra”, conferma il direttore dell'Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata, Piero Delbello.

Pur strumentalizzata dal punto di vista politico, la questione non è mai stata considerata prioritaria dal governo italiano e sloveno. Nell'insieme le relazioni tra i due vicini sono molto migliorate nel corso degli ultimi anni anche se alcune vicende storiche, ed in particolare i massacri commessi dai partigiani jugoslavi alla fine della Seconda guerra mondiale sono stati spesso strumentalizzati dalla destra nazionalista italiana e che da parte italiana non si sono mai riconosciuti i crimini fascisti commessi contro le minoranze slave della frontiera orientale. In generale la vicenda è stata accantonata: dopotutto non si tratta che di una questione marginale in una relazione tra gentiluomini che appartengono ormai alla grande famiglia europea.

La questione venne sollevata nuovamente nel 2008 durante una visita a Roma di Dimitrij Rupel, all'epoca ministro degli Esteri della Slovenia. Il suo omologo italiano, Franco Frattini, accettò “con entusiasmo” la proposta di Lubiana di promuovere una mostra itinerante per permettere ai cittadini sloveni di ammirare questi capolavori. Ma nonostante l'accordo tra i due governi, la proposta venne accantonata per l'opposizione delle associazioni degli esuli istriani, secondo le quali prestare – anche se temporaneamente – le opere a Lubiana sarebbe stato il “modo più semplice per perderle in modo definitivo”. Nel 2011 il governo sloveno annunciò poi la creazione di una commissione interministeriale con l'Italia per regolare la questione, ma i suoi lavori non hanno portato ad alcuna soluzione concreta.

Che ne pensano gli italiani d'Istria?

Mentre le autorità slovene non hanno rinunciato del tutto ai loro diritti su questi dipinti, il governo croato, da parte sua, non ha mai fatto alcuna richiesta in merito. Questo anche se alcune delle opere sono originarie di città ora in territorio croato, come ad esempio Cittanova/Novi Grad.

“In effetti la questione non è mai stata sollevata dalle autorità croate”, conferma Maurizio Tremul, presidente dell'Unione istriana, associazione che rappresenta gli italiani che abitano ancora in Istria. “Potrebbe dipendere dal fatto che le tele che provengono da città attualmente in Croazia sono poco numerose”, prova a supporre. Se i media sloveni hanno pubblicato articoli ricordando che “alcune delle opere artistiche di valore della Slovenia si trovano ancora in Italia”, l'opinione pubblica croata sembra non preoccuparsi affatto.

Ed i 21.000 italiani d'Istria (19.000 in Croazia e 2.000 in Slovenia) che ne pensano di questa polemica? Non vorrebbero tornare in possesso di queste opere d'arte che, in fin dei conti, danno testimonianza del loro contributo alla storia di questa regione? “Ma certamente!” esclama Maurizio Tremul, “è per questo che avevamo cercato una soluzione di compromesso qualche anno fa”. Il presidente dell'Unione istriana aveva proposto che le opere rimanessero formalmente di proprietà italiana ma che fossero affidate ad una fondazione controllata dalle associazioni degli italiani d'Istria e dalle associazioni degli esuli istriani in Italia. “I ritratti sarebbero stati così esposti in un museo di Capodistria. Era una soluzione che, secondo me, accontentava tutti. Purtroppo non se ne è mai nemmeno discusso”.


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