Tadej Pogačar © Bob Cullinan/Shutterstock

Tadej Pogačar © Bob Cullinan/Shutterstock

Con la vittoria al Giro d'Italia di Tadej Pogačar, il movimento ciclistico sloveno conferma il suo momento magico, fatto delle vittorie dello stesso Pogačar e di Primož Roglič. Due campioni in grado, tra l'altro, anche di avvicinare Slovenia ed Italia

29/05/2024 -  Stefano Lusa

La Slovenia si tinge di rosa. Tadej Pogačar mette accanto ai due Tour de France, vinti nel 2020 e nel 2021, anche un Giro d’Italia. Una vittoria conquistata con disarmate facilità. Distacchi d’altri tempi inflitti ai suoi avversari in una edizione che ha visto praticamente “un solo uomo al comando”.

È il secondo anno consecutivo che uno sloveno si aggiudica il Giro. Molto più combattuta l’edizione dello scorso anno, quando Primož Roglič balzò in testa alla corsa rosa nell’ultima tappa a cronometro di Tarvisio. Un finale ricco di tensione, dove sulla salita decisiva lo sloveno perse la catena. A spingerlo per farlo ripartire un suo coetaneo, che era venuto a vedere l’amico oramai diventato campione. Aveva vinto insieme a lui proprio a Tarvisio nel 2007, il mondiale juniores di salto con gli sci.

Roglič ad un certo punto decise di abbandonare gli sport invernali per dedicarsi al ciclismo, il suo fisico era più adatto ad andare in bicicletta che a volare dal trampolino di Planica. Gli allenatori capirono immediatamente di avere per le mani un talento eccezionale. In carriera tre vittorie alla Vuelta, una al Giro, l’oro olimpico conquistato a cronometro e un bruciante secondo posto al Tour de France, dove a batterlo nel finale fu proprio Tadej Pogačar.

Se Roglič avesse vinto anche in Francia sarebbe diventato, con il successo in Italia, l’ottavo ciclista della storia ad avere messo in bacheca tutti e tre i titoli del Grande giro. Il campione arrivato al ciclismo per caso è stato comunque quello che ha fatto appassionare al ciclismo la Slovenia.

Ben altra è invece la storia di Tadej Pogačar che in bicicletta è salito sin da bambino e da quel momento non ha mai smesso di pedalare. Un talento eccezionale, che ora sogna di rivincere anche il Tour de France. Una accoppiata riuscita nello stesso anno solo a pochissimi ciclisti. L’ultimo fu Marco Pantani nel 1998, un campione straordinario con incredibili capacità di rigenerarsi.

Andrej Hauptman, il primo sloveno a salire su un podio ai mondiali di ciclismo su strada, terzo a Lisbona nel 2001, è convinto che Pogačar ha tutte le caratteristiche per poter emulare l’impresa del Pirata. Del resto, quest’anno ha già vinto Strade Bianche, la Vuelta della Catalunya, la Liegi – Bastogne - Liegi e sei tappe al Giro d’Italia.

Dopo il Tour de France, l’obiettivo sarebbe quello dei mondiali di ciclismo su strada in Svizzera, che si correranno su un tracciato che potrebbe fare per lui. Solo nei sogni dei tifosi sembra invece esserci una sua partecipazione con un’altra possibile vittoria anche alla Vuelta.

Mai nessun ciclista fin ora è riuscito nello stesso anno a vincere in Italia, Francia e Spagna. Recuperare le fatiche accumulate nelle grandi corse è tutt’altro che facile e vincerle tutte nello stesso anno appare un’impresa titanica.

Secondo Arden Stancich, il maggior esperto italiano di sport sloveno e croato, per vedere comparire due grandi campioni nello stesso paese e nello stesso momento c’è bisogno di un particolare allineamento delle stelle nel cielo, ma i successi sloveni non sono per nulla frutto del caso. È la punta di diamante di un movimento che si sta sviluppando da decenni.

Sono passati oramai quasi quarant’anni dall’entrata del primo ciclista sloveno (all’epoca ancora targato Jugoslavia) nel mondo del professionismo. Primož Čerin, nel 1986, chiuse diciannovesimo al Giro d’Italia e trentaduesimo a quello di Francia. Dopo di lui sono arrivati tutta una serie di buoni corridori, compreso Matej Mohorič, che due anni fa si aggiudicò la Milano – Sanremo.

Del resto in Slovenia esiste una buona attività dilettantistica di base, che fa crescere i giovani ciclisti intorno ad una serie di agguerrite squadre. Proprio per questo Hauptman è convinto che anche nel prossimo futuro ci saranno corridori sloveni che si faranno valere nelle squadre professioniste.

Un ciclismo, quello sloveno, che deve molto a quello italiano, lì infatti molti campioni hanno affinato l’arte di andare in bici, di stare in gruppo, di sacrificarsi per il capitano ed anche di vincere le corse.

Ora sta nascendo, anche con l’aiuto di Pogačar, Roglič e degli altri corridori del passato, una vera e propria scuola. Intanto, alimentata dai successi dei due grandi campioni, cresce nei giovani la voglia di emularli e di allenarsi, mentre la passione per il ciclismo aumenta ogni giorno di più tra gli sloveni.

Nel paese, tra i rimbrotti degli automobilisti, le strade sono oramai inondate da appassionati ciclisti. Spesso e volentieri sfoggiano attrezzatura ed abbigliamento degno delle grandi corse dei professionisti e tentano epiche inerpicate sulle strade di montagna, spesso al limite delle loro possibilità. La capacità di rendere estrema e competitiva ogni attività sportiva è una delle caratteristiche nazionali.

Intanto il ciclismo fa bene anche alle relazioni bilaterali tra Italia e Slovenia. Primož Roglič e Tadej Pogačar sono diventati gli idoli di molti appassionati italiani. Agli sloveni fa piacere che gli italiani tifino per uno sloveno ed ancor più che lo incensino sui giornali di tiratura nazionale.

Sulle strade del Giro, poi, non è mancata neanche quest’anno la carovana di tifosi sloveni al seguito, che hanno fatto sventolare le loro bandiere per incitare Pogačar. Lontano da Trieste e dalla frontiera hanno scoperto un'altra Italia, dove della Slovenia si sa poco o nulla e dove sono quasi assenti le psicopatologie che ammorbano l’area di confine tra i due paesi. I traumi del passato, così si stemperano tifando insieme per Pogačar che solo con la maglia rosa si inerpica lungo le strade più ripide del giro.


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