Il premier sloveno torna ad attaccare i media, accusandoli di essere nelle mani del centrosinistra. Ma il suo fronte governativo sembra perdere pezzi. Il potere politico e i media in questo contributo del nostro corrispondente
Si fa duro in Slovenia lo scontro tra i giornalisti firmatari della petizione contro la censura ed il governo sloveno all'indomani della filippica di Janez Janša al dibattito parlamentare per la fiducia. Prima vittima dell'inasprimento è Sandi Frelih, redattore di una delle più seguite rubriche radiofoniche di approfondimento politico, Studio ob 17. Il giorno dopo l'intervento del premier a Frelih arriva una lettera del direttore di Radio Slovenia Vinko Vasle con l'esonero dall'incarico. Esautoramento esemplare? Ordinaria amministrazione, spiega Vasle, ma chi conosce i retroscena della purga, indica nel potente Branko Grims, delfino di Janša, colui che ha deciso le sorti di Frelih. Questi , incautamente, non l'aveva invitato in studio per un dibattito sui media provocando le ire dell'ideologo del partito di governo.
Ma ad incassare i montanti governativi, dopo il voto di fiducia che ha "salvato" Janša, sono soprattutto i due primi firmatari della petizione in difesa della libertà di stampa; Blaž Zgaga e Matej Šurc che vengono accusati tout court dal portavoce governativo Valentin Hajdinjak di aver pubblicato e mandato in Europa una petizione diversa da quella fatta firmare a 571 giornalisti e di aver così imbrogliato e manipolato i firmatari. Hajdinjak non esibisce alcuna prova che confermi le sue esternazioni e si limita a dire di aver ricevuto varie telefonate di firmatari che si sentono ingannati ma che preferiscono restare anonimi. La madornale balla infuria i giornalisti che sanno esattamente che cos'hanno firmato e l'Associazione dei gornalisti della Slovenia lancia un appello al governo affinché la smetta di intimidire chi opera nei media .
Ma il governo non si ferma e in un testo analitico con tanto di numeri e tabelle che manda a vari indirizzi europei cerca di dimostrare che l'accusa di un controllo governativo dei principali mezzi di comunicazione sloveni è infondata. Le quote di capitale parastatale, controllato dal governo, nelle proprietà dei giornali in cui i giornalisti hanno maggiormente sofferto l'ingerenza della politica governativa, sono in verità minoritarie. Verissimo. Com'è vero però che queste presenze paragovernative hanno finora operato in piena e pragmatica sintonia e sinergia con i capitali privati »amici«, cioé vicini al governo. Finora. Ma il vento in Slovenia comincia a soffiare da altri quadranti e qualcosa sta rapidamente cambiando in queste strane alleanze.
Le ripercussioni si sono fatte sentire nelle dure accuse sferrate da Janša ad alcuni "tajkuni" (come vengono chiamati gli oligarchi locali) che in verità - secondo lui - farebbero ora il gioco dell'opposizione. Il capitale fiuta il cambiamento e si adegua. In parlamento Janša aveva sostenuto che tutti i grandi giornali del paese non solo non sono controllati dal governo, ma sarebbero in verità nelle mani dell'opposizione. La prova? Eccola: Boško Šrot, presidente del consiglio di amministrazione delle birrerie "Pivovarna Laško", detentore dell' 80 per cento delle quote di Delo, è un tesserato dell'SD di Borut Pahor.
Strana quanto eloquente storia quella della più importante impresa mediatico-editoriale slovena e del manager d'assalto che la possiede . Storia piena di ironia e di ingratitudine, visto che il suo impero, compresa la conquista di Delo, Šrot se l'è garantito con l'aiuto diretto di Janez Janša.
Fratello di Bojan Šrot, sindaco di Celje e neoeletto presidente del partito popolare sloveno (SLS), alleato di coalizione dell'SDS, in sostituzione di Janez Podobnik, Boško ha tirato fuori la tessera socialdemocratica dal congelatore dopo diversi anni in cui non pagava la quota d'iscrizione al partito di opposizione guidato da Borut Pahor. Ma ora - dopo che da qualche mese ormai l'asse di ferro con Janša ha ceduto - il re della birra vuole aggiudicarsi un posto in prima fila con i nuovi governanti in arrivo. I colpi di scena pero' non finiscono qua: il »tajkun« Šrot, deluso e furioso dalla tiepida reazione del moderato Pahor alle accuse che Janša lancia ai tajkuni fino a ieri suoi alleati, annuncia platealmente di abbandonare i socialdemocratici e strizza l' occhio al fralello popolare Bojan. Il SLS è un partito per ogni coalizione, da 16 anni ormai, ed i fratelli Šrot contano di entrare comunque in un prossimo governo.
Cosa non tanto scontata visto che secondo i sondaggi parlano chiaro: attualmente la coalizione di centrodestra potrebbe contare su poco più del 30 per cento degli elettori, mentre il centrosinistra unito arriverebbe al 60%. La vicenda del quotidiano Delo è senza dubbio la più emblematica ed eloquente delle contraddizioni e degli apparenti paradossi che accompagnano la transizione slovena.
Ad annunciare la brusca virata fu, qualche mese fa, una lettera aperta di Andrijana Starina Kosem, oggi presidente del comitato di controllo della società editoriale Delo, già segretario di stato nel governo Janša ed alta esponente del suo partito, l'SDS. Starina Kosem era un'assidua compagna di golf del premier, ma nelle faide interne di partito si era trovata esclusa dai centri di comando e aveva ripiegato sui suoi legami con i potenti nuovi ricchi, alleati tattici di Janša fino alla primavera scorsa.
Nella sua sensazionale lettera aperta Andrijana Starina Kosem rivelava i piani e le manovre di Janša e del governo per assicurarsi il controllo dei maggiori media nazionali. Il premier aveva affidato proprio a lei il compito di tessere le opportune alleanze a livello economico e finanziario.
Janša ha perso quindi per strada uno per uno gli alleati su cui scommetteva. Prima è stato abbandonato dai giovani economisti neoliberali, perché indeciso nelle riforme da loro auspicate, poi dal magnate Tomaž Gantar ed infine anche da Boško Šrot e da Starina Kosem. Con l'arrivo di quest' ultima alla testa della società Delo le cose sono cominciate a cambiare anche nella linea editoriale del quotidiano.
Prima è stato estromesso il redattore responsabile nonché uomo di fiducia dell'SDS Peter Jančič, poi è stata la volta del presidente del consiglio di amministrazione Danilo Slivnik, un altro nuovo ricco fedelissimo di Janša, un personaggio particolarmente inviso ai giornalisti di Delo che ne avevano subito le angherie per più di un anno. A guidare la redazione è stato nominato Janez Markež ex collaboratore di Slivnik, che da abile analista politico schierato con il versante conservatore si sta trasformando in un paladino dell'autonomia dei giornalisti e che ostenta un fare liberal ed aperto al pluralismo.
Data la situazione a Janša non resta altro che sferrare un contrattacco mediatico-propagandistico gridando al complotto ed esibendo i dati che dimostrerebbero che è l'opposizione ad essersi impossessata dei media del paese. Il premier cerca di afferrare al volo il boomerang che lui stesso ha lanciato e gli si è rivolto contro.
Ma i giochi di potere e di lottizzazione nei maggiori media sloveni non garantiscono ancora ai giornalisti alcuna prospettiva di autonomia professionale. Simile sorte potrebbe toccare a Večer, il quotidiano di Maribor, mentre sulle Primorske novice, il maggior quotidiano regionale del Litorale, incombe ancora un'amministrazione controllata dai maggiori proprietari; il porto (Luka Koper), l' Intereuropa ed altre società con forte influenza politica del partito di Janša.
Diversa è invece la situazione di Dnevnik e di Mladina che, grazie ad una precoce privatizzazione, non hanno dovuto sottostare agli intrighi di palazzo ed agli accordi tra governo e capitale. Un elemento nuovo, nel panoramamediatico sloveno, è l'acquisto di una notevole quota di Mladina da parte di una società italiana in mano però alla minoranza slovena: la KB1909. Un investimento questo che salva da una crisi finanziaria annunciata il prestigioso settimanale orientato a sinistra ma criticamente autonomo nei confronti di ogni governo.
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