Mentre la Jugoslavia crollava, è riuscita a mantenere unitarietà, superando i nuovi confini nazionali. E' l'Unione italiana, organizzazione degli italiani di Croazia e Slovenia, che fin dal '90 sceglie i suoi rappresentanti con elezioni libere. Le ultime si sono tenute domenica 13 giugno
Oltre 37.000 aventi diritto. 51 seggi elettorali aperti in Slovenia, Istria, Dalmazia, sulle isole e persino in Slavonia. Con modalità probabilmente uniche al mondo, gli italiani di Slovenia e Croazia hanno rinnovato i vertici della loro organizzazione: l’Unione italiana. Quest’anno non venivano eletti soltanto i 76 consiglieri che formano la sua assemblea, ma anche il presidente dell’Unione italiana e quello della Giunta esecutiva.
Alla fine, il presidente uscente, Furio Radin ed il presidente della giunta esecutiva, Maurizio Tremul hanno ottenuto un’ampia fiducia dall’elettorato, ma per vincere hanno dovuto affrontare una dura campagna elettorale piena di polemiche e veleni.
E’ dal 1990 che l’Unione italiana sceglie i suoi rappresentanti con elezioni “libere e democratiche”. Era quello il periodo in cui la Jugoslavia si stava sfaldando e la minoranza italiana di Slovenia e Croazia si stava scrollando di dosso il comunismo ed i suoi esponenti organici al regime.
All’epoca lo slogan era quello dell’“unitarietà e dell’uniformità di trattamento”. In parole povere gli italiani dell’ex Jugoslavia volevano rimanere uniti al di là delle divisioni statali che si profilavano all’orizzonte e chiedevano pure che le norme di tutela molto elevate (e poco rispettate) che c’erano in Slovenia e nella parte nord occidentale dell’Istria croata venissero estese a tutto il territorio.
Dopo quelle prime elezioni l’organizzazione fu presa in mano da Antonio Borme, un vecchio professore rovignese che all’interno della minoranza aveva la fama di un vero e proprio dissidente. Negli anni settanta, infatti, era stato defenestrato per volontà delle autorità perché aveva osato rendere troppo autonoma l’organizzazione.
Ad affiancarlo fu chiamato un giovane capodistriano: Maurizio Tremul, che sino a quel momento, si era fatto conoscere all’interno più per le sue poesie che per la sua attività politica. Tremul prese in mano le redini dell’organizzazione e ne divenne il leader incontrastato dopo la scomparsa di Borme, avvenuta nell’agosto del 1992.
La sua Unione italiana puntò soprattutto a creare un rapporto privilegiato con l’Italia. Negli anni aumentarono i finanziamenti ed in molte località vennero restaurare, ampliate ed acquistate le sedi delle Comunità degli italiani, nonché rimodernate le scuole e gli asili italiani disseminati sul territorio.
Accanto a questa azione ve ne fu un'altra di carattere più prettamente politico. L’Unione italiana divenne un interlocutore credibile in Italia e Croazia. In Istria costruì una solida alleanza con il movimento regionalista della Dieta democratica istriana, mentre a livello croato riuscì persino a instaurare una proficua collaborazione con l’HDZ. Diverso invece il discorso in Slovenia dove stentò a farsi riconoscere e dove comunque la sua rappresentatività continua a venir messa in discussione.
Le elezioni di domenica 13 giugno sono arrivate dopo una campagna elettorale ricca di polemiche e non priva anche di qualche colpo basso. Gli elettori erano chiamati a scegliere tra due liste. Con “Orgoglio italiano” cercavano la riconferma due presidenti uscenti: Furio Radin e Maurizio Tremul. Mentre con “L’Unione per la comunità” erano scesi in campo Silvano Sau ed Orietta Marot.
Tutte personalità molto note all’interno della minoranza. Radin, sin dalle elezioni del 1990, rappresenta la minoranza italiana al parlamento croato; Tremul da tutti questi anni regge la barra dell’Unione; Silvano Sau era stato l’ultimo presidente dell’organizzazione degli italiani in Jugoslavia ed aveva occupato persino un seggio al parlamento federale di Belgrado; Orietta Marot invece da anni dirige i servizi amministrativi dell’Unione italiana.
La contrapposizione tra le due liste si giocava tutta sulla volontà di “cambiamento” proposta da Sau e dalla Marot, mentre Radin e Tremul puntavano tutto sull’unitarietà della minoranza, cioè sulla necessità degli italiani di Slovenia e Croazia di restare una cosa unica.
Alla fine hanno vinto Radin e Tremul. Hanno racimolato il 58% dei consensi, contro il 42% dei loro contendenti. In pratica tra il cambiamento, che in parte relativizzava il concetto di unitarietà e l’unitarietà, gli elettori hanno scelto con convinzione l’unitarietà.
L’esito della consultazione però era tutt’altro che scontato e la contrapposizione è stata feroce e combattuta in tutte le circoscrizioni in cui si votava. I contendenti hanno fatto campagna elettorale nelle comunità degli italiani ed hanno tentato di spiegare agli elettori i loro programmi elettorali e soprattutto come si immaginavano la loro organizzazione per i prossimi quattro anni.
L’Unione italiana in tutti questi anni è diventata un’organizzazione importante. Gestisce parecchi soldi, ma soprattutto ha un peso politico che altre organizzazioni delle minoranze nemmeno si sognano. Non sono pochi quindi quelli che vorrebbero controllarla e magari disciplinarla.
Tutto ciò ben esce dal commento pubblicato da “La voce del popolo ”, il giornale della minoranza italiana nei due paesi. Il suo direttore Errol Superina, non ha usato mezzi termini per descrivere il clima della campagna elettorale: “ (…) se le operazioni di voto sono state, (…), una 'festa della democrazia', la campagna elettorale è stata decisamente un 'festival dell’ipocrisia', che ha provocato nel tessuto della CNI una lacerazione profonda e dolorosa difficilmente rimarginabile, una spaccatura pericolosa causata – ed è una percezione personalissima - da una folle ingordigia di soldi e di potere che ha accomunato in determinati appuntamenti pre elettorali indistintamente avvocati, imprenditori, architetti, attivisti, dipendenti, artisti… tutti vergognosamente penzolanti dalla tetta dell’Unione”
“In un momento in cui la logica e il senso della realtà hanno lasciato spazio alla propaganda e ai peggiori prodotti della fantasia, con colpi bassi e riesumazione di presunti scandali, abbiamo assistito al profilarsi di alleanze per lo meno strane che lasciano a dir poco perplessi – continua Superina - È il punto più basso toccato dalla politica della CNI nella sua lunga storia in cui la vecchia formula dei 'nemici dei miei nemici sono miei amici' ha funzionato ancora. (…) Abbiamo ascoltato tante falsità e ignominie, insomma il lerciume del nostro giardinetto intercalato da minacce, offese e ricatti indirizzati, non soltanto a connazionali dell’Istria, ma anche ai giornalisti di questa testata perché si comportassero in una certa qual maniera… Qualcuno dovrebbe spiegarci anche il ruolo sostenuto in queste elezioni da determinati circoli italiani. Per fortuna l’elettorato ha saputo premiare e distinguere i valori e ripudiare l’incertezza di deleteri salti nel buio, gli agguati di pericolosi clientelismi e i possibili ritorni al passato.”
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