Dopo l'Austria Ungheria, il Regno di Jugoslavia e la Jugoslavia di Tito, l'ingresso nella Unione Europea. Il quotidiano di Ljubljana "Delo" ribadisce un punto di vista nazionale sulla poco festeggiata adesione del Paese all'Europa dei 25
Riprendiamo e pubblichiamo da Notizie Est del 13 maggio scorso
Di Boris Jez (Delo, 3 maggio 2004)
Tradotto da: Francesco Martino (Notizie Est) Titolo originale: Tutte le nostre "Unioni fraterne di popoli"
A quante case comuni abbiamo già prestato giuramento noi sloveni? Nell'ultimo secolo a quattro almeno: all'Austria-Ungheria, buonanima, al regno di Jugoslavia, alla Jugoslavia di Tito e adesso all'Unione Europea. Nel frattempo abbiamo avuto per un po' uno stato sloveno tutto nostro, che però alcuni giorni fa abbiamo spinto generosamente nelle braccia dell'"unione europea dei popoli". I media in questa occasione hanno fatto in modo di creare un'atmosfera euforica, sebbene questa in realtà non ci sia stata. Un sondaggio televisivo ha mostrato che meno della metà degli sloveni ha preso parte alle manifestazioni per l'allargamento dell'Ue. Bisogna riconoscere che alcune di queste manifestazioni sono state davvero genuine, di cuore. Penso ad esempio all'incontro ai tre confini di Ratece (tra Slovenia, Italia ed Austria N.d.T.) , convincente e sincero, davvero amichevole ed "europeo". Dei tre presidenti mancava soltanto Berlusconi, ma che dire, vi sareste aspettati qualcosa di diverso dal nostro Silvio? La cerimonia di Gorizia è stata pomposa, niente di speciale se non per la presenza di Romano Prodi. Evidentemente Berlusconi e Prodi si evitano l'un l'altro di almeno qualche centinaio di chilometri. E' l'Europa questa? No, questa è l'Italia, sempre la stessa. L'ultima euforia che portato a folle gioia gli sloveni, la ricordiamo in occasione del plebiscito sull'indipendenza, il primo maggio siamo invece entrati in Europa da "elettori maturi", o meglio come soggetti disinteressati e apolitici. In questi giorni si parla molto di democrazia, caduta della "cortina di ferro" e simili, ma la questione è che cosa ne sarà della democrazia europea, se la gente preferisce andare in gita piuttosto che a votare. Se alla vigilia del primo maggio ci sono stati l'inno alla gioia di Beethoven, grandi discorsi e fuochi d'artificio, si è trattato soprattutto di uno spettacolo per gli occhi, le orecchie e per gli altri sensi. Di politica quasi non s'è vista traccia, se non a livello hollywoodiano. Tutto questo è già post-democrazia, che prende il posto della democrazia? E' un Europa guidata dalle elite, che non ha più bisogno di democrazia, se non in apparenza? Dai, dobbiamo essere sinceri, un'Europa così l'abbiamo conosciuta già secoli fa, e a suo modo funzionava.
Ci sono stati tempi in cui siamo entrati in un'altra "unione fraterna di popoli" con incredibile entusiasmo e traboccante idealismo. Quando nel 1920 ci congedammo dalla defunta Austria-Ungheria (con la quale adesso torniamo ad abbracciarci di cuore sulle Caravanche), Maksim Gaspari disegnò una cartolina per il plebiscito dove un gagliardo sloveno gira le spalle alla "vecchia e fallita Austria" preferendole invece "la giovane e ricca Jugoslavia". Che cosa ne è stato poi di tale ricca sposa lo sappiamo bene, è finita come finiscono tutti i matrimoni, con litigi, accuse ecc. In Jugoslavia alla fine sono volati i piatti, i coltelli hanno lampeggiato ed è corso il sangue, l' "esperimento jugoslavo", del quale parlavano con tanta simpatia i principali intellettuali europei (Sartre, la "scuola di Francoforte" ecc.) è finito davvero miseramente. Tra parentesi: i principali "jugoslavologi", che ruotavano soprattutto intorno alla rivista zagabrese Praxis, si incontravano regolarmente d'estate sull'isola di Curzola, dove si mangiava, beveva e cantava...La scuola di Curzola era la spina nel fianco del regime, Tito però non era proprio un intellettuale, così che un giorno chiese ai suoi collaboratori: "Ma di che diavolo parlano quelli a Curzola?".
Il fascino particolare di tutti questi nostri matrimoni e tradimenti europei, è che alla fine ci ritroviamo sempre e di nuovo sotto lo stesso tetto. Con gli austriaci ci siamo combattuti per la Carinzia, con gli italiani per Trieste, siamo stati nemici quasi mortali, e adesso ci abbracciamo. L'Austria-Ungheria era considerata una prigione di popoli, dalla quale siamo fuggiti, come ci siamo accorti successivamente, per una nuova prigione! Da questa prigione, chiamata Jugoslavia, siamo riusciti a stento a scappare tredici anni fa, e adesso ci uniamo all'Europa, cosa che sembra ottima, dimenticando che dopo di noi, tra qualche anno, entreranno i croati, e poi i bosniaci, i serbi, gli albanesi e i macedoni,...ad uno ad uno, tutti fino all'ultimo. E così in breve saremo tutti di nuovo insieme, solo che stavolta non saremo sotto l'occhio attento del compagno Tito, ma del cancelliere tedesco e del presidente francese. Saremo lì, dove siamo sempre stati, solo un po' "reincarnati". Non dobbiamo illuderci, che con l'Europa tutti i nostri problemi saranno risolti, e che potremo respirare liberamente in una specie di parco paradisiaco. Gli egoismi e i contenziosi non cesseranno, e molto dipenderà dalle capacità della diplomazia. Sicuramente non quella attuale, che, ad esempio, esprime un "fermo supporto"alla Croazia sulla strada verso l'Unione Europea mentre i nostri vicini continuano a distruggere le case di villeggiatura degli sloveni in Istria. Tale diplomazia non è soltanto ingenua e servizievole, ma direi tragicomica. Sembra che la popolazione, che non si è abbandonata a nessuna particolare euforia, risponda agli avvenimenti politici in modo più maturo della stessa politica. Evidentemente, attraverso i secoli, ha sviluppato un particolare istinto di prudenza e scetticismo, i nostri politici invece hanno l'esperienza e la preparazione che hanno. E c'è ancora dell'altro: primo maggio, festa, e poi anche il 2 e il 3...Ma presto o tardi bisogna tornare al lavoro, e la gente sa di dover mettere in moto le macchine, i computer, le imballatrici, e ricominciare a fare i conti con i problemi reali. Perché proprio il primo maggio sono aumentate le autostrade, e forse è questo l'avvenimento più importante. A porre l'attenzione su tali fatti posso essere accusato forse di demagogia, ma la cosa non mi disturba affatto, visto che per quanto ne so la politica è stata spesso definita dal prezzo della farina, della benzina e della stoffa... L'ex ministro dell'agricoltura si vanta spesso del fatto che a Bruxelles sarebbe stato tutto "sistemato". Ma se guardiamo meglio tra gli scheletri che nasconde nell'armadio, ci accorgeremmo rapidamente che, oltre allo "cvicek" e alle api di Kranj, non abbiamo ottenuto poi molto. Nemmeno sui cavalli lipizzani! Questo solo esempio dimostra come dopo il primo maggio il lavoro dovrà riniziare non solo per i "produttori diretti", ma anche per i politici, che dovranno volare subito a Bruxelles e stare in guardia rispetto a quello che succede sulle scrivanie comunitarie. Perché la politica non è fatta di fuochi d'artificio, ma soprattutto di maledetti burocrati. Anni fa la Slovenia ha avuto ottime "squadre negoziali", che hanno surclassato le "vecchie volpi" di Belgrado. Come sempre, naturalmente, si trattava soprattutto di soldi. Per Bruxelles dovremmo creare un team ancora più forte, e contemporaneamente rafforzare ancora di più il ministero degli esteri, perché fino ad ora si trattava di sogni, ma adesso inizia la realtà. E qui, indubbiamente, non ci sarà più posto per nessuna euforia.
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