Un torneo di calcio, organizzato più volte l'anno, a cui partecipano tra le altre anche squadre di rifugiati, stranieri e squadre arcobaleno. Viaggio nelle periferie di Lubiana accompagnati dai giovani dell'associazione Mladi Zmaiji
(Quest'articolo è realizzato in collaborazione con la rete FARE Europe )
"Lavoro a Zalog – ci racconta Doris Novak, animatrice giovanile - e lì ci sono tanti giovani immigrati di seconda generazione provenienti dai Balcani, i cui genitori si sono trasferiti in Slovenia negli anni Novanta, durante la guerra. E' un quartiere non troppo lontano e non troppo vicino dal centro di Lubiana, dista circa 45 minuti di autobus. Per cui, tanti giovani rimangono lì, stanno assieme e provano a divertirsi". "Inoltre – aggiunge il collega Marko Taljan - il numero di persone provenienti da Medio oriente ed Est Europa è in crescita. Le seconde generazioni di immigranti sono tendenzialmente integrate e parlano sloveno. Tuttavia, spesso, i genitori non hanno molto tempo da dedicare ai figli, non hanno molto denaro, per cui i ragazzi non possono permettersi una serie di attività".
Doris e Marko lavorano per "Mladi Zmaiji" (Giovani Draghi), una rete di centri giovanili pubblici ubicati nei quartieri che circondano Lubiana, nei quali vengono organizzate attività educative e ricreative gratuite per i partecipanti. Com'è la vita dei giovani che abitano le periferie lubianesi? Esiste qualche forma di discriminazione che colpisce i giovani di origine non-slovena? "Penso che il problema sia stato più consistente nel passato – riflette Doris - anche se alcuni ragazzi dicono di continuare a sentirsi discriminati: probabilmente esiste il complesso di non sentirsi pienamente sloveni. Il principio però è circolare: a volte i ragazzi che non si sentono inclusi non provano a includersi, ma tendono a raggrupparsi. Dall'altra parte, esistono anche dei pregiudizi: i "balcanici" vengono talvolta visti come persone cui non piace la scuola, pigri, che non fanno molto se non rilassarsi e giocare a pallone".
E che cos'è il calcio a Zalog? Doris sorride: "Il calcio connette le persone. Da marzo a novembre, ogni giorno, al campetto c'è sempre qualcuno che gioca: nel primo pomeriggio, dopo la scuola, ci sono i più giovani, più tardi, quando rientrano dall'università, arrivano i più grandi. E si gioca fino alla sera". Per te come animatore giovanile che cos'è calcio? Doris sorride ancora: "Il calcio, e tutti gli sport e i giochi, possono essere usati per entrare in relazione con i ragazzi. Di solito non gioco con loro, ma mi piace organizzare i tornei per loro e soprattutto con loro. Perché si sentono inclusi quando sono coinvolti nell'organizzazione: quando ci sottopongono le loro idee su come vorrebbero gli eventi e quando li coinvolgiamo nello svolgimento delle attività".
In questo contesto, si svolge il torneo "Piata – con il calcio contro la discriminazione", giunto alla diciottesima edizione. Musica, attività per bambini e famiglie, giochi e dibattiti circondano un torneo di calcio, che si apre con un protocollo per il fair play. Al mattino giocano i bambini provenienti da tutti i quartieri di Lubiana, mentre nel pomeriggio tocca agli adulti. Tra i partecipanti, di solito ci sono anche squadre arcobaleno, profughi e stranieri.
"Quando gli diciamo che squadre parteciperanno – racconta Doris – alcuni ragazzi ci chiedono perché. Questa è per noi un'occasione per parlare con loro anche di temi sociali. Proviamo a capire ciò che pensano e li invitiamo a dialogare con gli altri. Quando le squadre vengono a casa nostra, i ragazzi li approcciano, ci si parla e ci si conosce. Al di fuori del torneo, non ci sono tante opportunità di contatto diretto".
Il torneo è organizzato dai centri giovanili "Mladi Zmaiji", assieme a un ampio ventaglio di partner, tra cui il club sportivo "Out in Slovenia": "Per me – ci dice il presidente Andrej Pisl - lo sport è una fonte di ispirazione: anche se non ho molto talento e i miei risultati sportivi probabilmente dicono il contrario, mi diverto e mi piace l'idea che lo sport possa avvicinare le persone, penso sia importante".
"Se parliamo di razzismo, xenofobia o discriminazione verso altri gruppi – spiega Andrej - c'è molta paura dello sconosciuto. Spesso si tratta di comunità nascoste, messe da parte. Sfortunatamente, quando si discute di minoranze, la discussione non si basa tanto su diversità, tolleranza e uguaglianza, quando sulla "tattica dello spaventare": "Gli zingari vi deruberanno!", "I migranti vi ruberanno il lavoro!", "I gay vi prenderanno i bambini!" e così via. Le associazioni, ma anche alcune forze politiche, provano a fare dei progressi, mentre altri partiti tendono a posizioni più estremiste: la tensione non si crea per caso o per errore. Di sicuro, la paura di essere riconosciuto apertamente come gay, lesbica, bisessuale o transsessuale in Slovenia è alta. Penso che sia collegato al fatto che non ci sono tanti politici, artisti, celebrità, apertamente gay o lesbiche. E lo sport è un terreno su cui bisogna lavorare molto".
Cosa e come si può intervenire? "Un torneo di calcio isolato – risponde Andrej – per esempio con i rifugiati, può essere pure un bell'evento, e chi partecipa magari si diverte. Ma poi i ragazzi rimangono da soli, per un periodo breve o lungo. Il nostro torneo di Zalog non è organizzato una tantum. Non abbiamo risorse sufficienti per organizzarlo su base settimanale, ma lo organizziamo due volte l'anno, invitando vari gruppi. Sappiamo che si può fare di più e meglio, ma credo che il senso di apertura può essere promosso anche a livello di comunità locali. Dopo 18 edizioni, vediamo dei cambiamenti. All'inizio, non tutti sono tolleranti e ricevono le squadre a braccia aperte. Con il passare del tempo, osserviamo dei progressi: molti bambini, che partecipano da tanti anni, sono cresciuti e considerano la diversità sempre più normale. Durante il torneo, i giovani fanno foto assieme e si parlano: questo grazie anche alle attività collaterali, prima, durante e dopo l'evento. Un torneo singolo e isolato – conclude Andrej - non può cambiare molto: bisogna agire in modo sistematico".
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