In Slovenia tensioni all'interno della compagine governativa. Il ministro dell'Economia Lahovnik minaccia di andarsene a seguito di contrasti sempre più evidenti sulla strategia economica del governo. Sullo sfondo banche, tycoon e partecipazioni statali
Il ministro dell'Economia Matej Lahovnik, dopo aver minacciato di abbandonare il governo, vola nei sondaggi. Ora negli indici di gradimento è dietro solo al capo dello stato Danilo Türk. Un ottimo risultato in vista delle elezioni europee in programma il prossimo 7 giugno, dove Lahovnik correrà per Zares. Lahovnik era stato nominato ministro dell'Economia già nell'aprile del 2004 nell'ultimo governo guidato dai demo-liberali. Poi, nello scorso mandato, è stato uno dei primi a rompere con il suo ex partito per fondare Zares, la forza politica nata dalla grave crisi politica che aveva coinvolto quello che era stato a lungo il principale partito sloveno.
Lo scontro attuale è ancora una volta tra quel che resta della Democrazia liberale e Zares. La nuova polemica è scoppiata alcune settimane fa quando la Nova Ljubljanska banka (NLB) ha deciso di riprogrammare il debito della Infond Holding, una finanziaria controllata da uno dei manager più discussi del momento: Boško Šrot. Si tratta del fratello di quello che fino a poche settimane fa era stato il leader del Partito popolare.
La storia è quella delle scalate alle imprese slovene messe in atto dai manager con l'aiuto delle banche. Il gruppo di Šrot dopo aver acquisito il controllo dell'industria della birra slovena e di due quotidiani, aveva - tra le altre cose - acquistato una fetta consistente della Mercator, la più grossa catena di supermercati del paese.
Operazioni di questo genere venivano fatte anche ottenendo crediti bancari ipotecando le azioni delle società. La cosa ha funzionato sinché la borsa segnava alti indici di crescita. Adesso invece ci sarebbero seri problemi di liquidità, almeno stando alle allarmati analisi di alcuni giornali.
Nello specifico la NLB ha deciso di prorogare alla Infond Holding di 45 giorni i termini per la restituzione di più di 100 milioni di euro. A garanzia del credito ci sono, comunque, fette consistenti di azioni del birrificio e della Mercator. La riprogrammazione del debito ha fatto andare su tutte le furie Lahovnik l'attuale coalizione di governo si era impegnata a porre un freno a quelli che vengono definiti tycoon ed ai crediti facili che erano loro concessi. Il governo, del resto, lo aveva ribadito anche al momento del varo dei provvedimenti per far fronte alla crisi economica, con cui si concedevano alle banche garanzie statali.
Gli strali sono subito piovuti contro Draško Veselinovič, il neopresidente del consiglio d'amministrazione della banca, che ha rassegnato le sue dimissioni. Ora dovranno venir discusse dai vertici aziendali. Del resto già la sua nomina era stata contraddistinta da polemiche. Veselinovič, infatti, alle scorse elezioni politiche si era presentato in lista con i demo-liberali e sarebbe persino dovuto entrare in parlamento al posto di un ministro del suo partito, ma ha preferito rinunciare. Maliziosamente più di qualcuno pensò che per lui ci sarebbero stati ben altri incarichi.
La sua candidatura alla guida della più importante banca slovena era stata osteggiata proprio dal partito di Lahovnik, mentre l'opposizione aveva parlato di intollerabili pressioni sui membri del consiglio d'amministrazione per fargli ottenere l'incarico. All'epoca, il quotidiano Finance aveva laconicamente scritto che la vicenda aveva dimostrato ancora una volta che, in Slovenia, la "corporate governance nelle società in cui è proprietario lo stato è una farsa".
Inoltre non poco scalpore ha suscitato anche la notizia che potrebbero essere messe in vendita le azioni della Mercator e che tra i possibili acquirenti ci potrebbero essere addirittura i croati. Non sono mancati gli appelli all'opportunità di far rimanere in mani slovene l'impresa. Si ipotizza persino che lo Stato adesso - dopo averla messa in vendita alcuni anni fa - potrebbe ricomprarsela. L'interesse, ovviamente, è quello dell'industria alimentare nazionale che non vorrebbe rischiare di vedere progressivamente sparire dagli scaffali i suoi prodotti. La Mercator, con i suoi centri commerciali, si sta, infatti, espandendo in tutta l'area della ex Jugoslavia ed è un ottimo veicolo per l'export sloveno.
Nel parapiglia provocato dalla presa di posizione di Lahovnik è sembrato per un attimo che il suo partito potesse addirittura abbandonare la coalizione. Da una parte, così, Zares e Desus sottolineavano che bisognava farla finita con i crediti facili ai tycoon e dall'altra invece i demo liberali ribadivano la necessità di rispettare l'autonomia del sistema bancario. Il premier Borut Pahor, preso in mezzo, cercava di mediare; mentre il suo delfino Patrick Vlačič precisava - senza mezzi termini - che se ci fosse stata una crisi di governo si sarebbe andati dritti ad elezioni anticipate. Prospettiva questa da scongiurare con ogni mezzo visto che le azioni dei partiti di governo sembrano in calo.
Dopo tanto rumore, ancora una volta, i contrasti sono stati apparentemente appianati con una tirata d'orecchie che l'esecutivo ha dato alle banche di cui detiene la maggioranza. Lahovnik per ora resta nel governo, ma probabilmente spera di togliersi elegantemente di torno facendosi eleggere al parlamento europeo. Sta di fatto che si era fatto pregare parecchio prima di accettare il ministero dell'Economia e che oramai stanno emergendo contrasti sempre più evidenti sulla "strategia" economica del governo. Sicuramente non c'è molta sintonia tra lui e il ministro delle Finanze France Križanič. Da tempo si ipotizza tra l'altro che anche quest'ultimo potrebbe avere le settimane contate.
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