Un'immagine tratta da "Party" di Dalibor Matanic

Si è recentemente conclusa la settima edizione di Kino Otok, il festival cinematografico internazionale dell'Istria slovena. Nel 2008 aveva rischiato di chiudere per mancanza di finanziamenti. Quest'anno ha proposto più di 60 titoli tra film, cortometraggi e documentari provenienti da tutto il mondo, con un occhio di riguardo per i giovani emergenti

04/07/2011 -  Cristina Bezzi Isola

Nella seconda settimana di giugno ha avuto luogo a Isola, Slovenia, la settima edizione del festival cinematografico internazionale Kino Otok, che ha popolato la piccola località marittima di attori, registi, appassionati di cinema e volontari provenienti da tutto il mondo. Il festival nasce nel 2004 con l'obiettivo di portare in Slovenia quelle produzioni cinematografiche contemporanee che difficilmente raggiungono il grande schermo. Come ha spiegato la direttrice della manifestazione, Lorena Pavlič, il festival è nato con l'idea di dare visibilità ai registi dei Paesi in via di sviluppo, provenienti in particolare da Asia, Sud America, Medio Oriente, Sud Est Europa e Africa, per poi dare spazio nelle edizioni successive anche alla produzione europea, in quanto ci si era resi conto che anche in Europa c'era tutta una produzione che rimaneva all'oscuro.

Il festival, gemellato con l'Innsbruck film festival, sostenuto principalmente dal ministero della cultura slovena e dal comune di Isola, ha presentato al pubblico più di 60 proiezioni: film, cortometraggi e documentari di registi già affermati e di giovani registi esordienti provenienti in particolare dalla Slovenia, ma non solo. Una delle priorità del festival di quest'anno è stata proprio quella di promuovere i giovani artisti che dopo una selezione hanno avuto la possibilità di presentare i loro cortometraggi alla sezione Video on the Beach, che si è tenuta a cielo aperto di fronte al faro di Isola.

Good neighbours

Kino Otok è diviso in nove sezioni. Molto importante è quella dei Good neighbours, che intende appunto dedicare attenzione a ciò che avviene nei Paesi confinanti con la Slovenia, selezionando opere di registi dall'Italia, dall'Austria, dalla Croazia. 

L'italiano Piergiorgio Gay, già assistente alla regia di Maurizio Zaccaro, Ermanno Olmi e Michele Placido, con il suo film documentario “Niente Paura”, ha presentato attraverso i fan del cantautore Luciano Ligabue l'immagine di una società civile italiana antirazzista, viva, piena di persone che sognano e chiedono più onestà e giustizia. Uno spaccato sull'Italia che esce da quell'immagine che spesso riflette stereotipi e pregiudizi, parlando anche di italiani “altri”: persone dello spettacolo come Roberto Saviano e persone comuni che recentemente sono riusciti a far sentire la loro voce dimostrando di esserci e di essere parte fondante di questo Paese.

A rappresentare l'Austria è stato invece il giovane e promettente documentarista contemporaneo Nicolaus Geryhalter con il documentario Abendland. Il giovane regista ha già prodotto diversi documentari tutti socialmente impegnati tra cui The Year after Dayton (1997), Pripyat (1999), Elsewhere (2001) e Our daily Bread. Abendland, che tradotto letteralmente significa “terra della sera”, è anche sinonimo di Occidente. Attraverso una serie di venti sequenze senza commento, interviste e musiche, fa emergere il ritratto di un'Europa decadente, ossessionata dalla tecnologia e dalla sicurezza. Un declino annunciato dal titolo stesso, che porta dalla stanza dei bottoni del parlamento europeo a Bruxelles, dove si sta svolgendo una futile discussione, ad un'agenzia privata di Londra addetta alla video sorveglianza, ai preparativi per lo smantellamento di un campo rom a Roma ad un centro di produzione di materiale erotico a Praga, per chiudere simbolicamente con un centro di cremazione quasi a rappresentare che anche l'evento della morte non è ormai escluso dal processo di standardizzazione delle nostre esistenze. Davanti all'immagine forte di uno scaffale pieno di urne metalliche identiche e ben ordinate una accanto all'altra, non ci si può che chiedere quale sia infine il senso di questo grande ingranaggio di cui tutti facciamo parte.

Cinema croato contemporaneo

Per la Croazia infine la critica Vanja Kaluderićić ha selezionato quattro cortometraggi rappresentativi del cinema croato contemporaneo. I registi, formatisi all'accademia di Zagabria, sono stati scelti per la qualità e le originali tecniche utilizzate, nonché per la loro rilevanza a livello internazionale.

Michaela Mueller nel suo “Miramare” utilizza il cartone animato con la tecnica della pittura su vetro per rappresentare in modo critico le due facce della realtà di una località di confine sul Mediterraneo. La luce e i profumi dell'estate accompagnano le vacanze rilassanti di una famiglia di turisti, ma proprio lì accanto i colori e i movimenti iniziano a diventare nervosi e inquietanti seguendo la storia di alcuni immigrati illegali che affrontano difficoltà e peripezie sperando di trovare una vita migliore di quella che hanno lasciato.

Dalla pittura su vetro si passa alla tecnica fotografica con il cortometraggio di Juraj Lerotić, Then I see Tanja, interamente composto da scatti fotografici. Storia di un adolescente che si trova da solo ad affrontare la vita dovendosi occupare del fratellino e della madre malata di cancro. Sembrerebbero esserci tutti i presupposti per raccontare il dramma esistenziale di un giovane che si trova di fronte ad una situazione più grande di lui, ma il regista fa una scelta diversa e attraverso l'ironia sdrammatizza la situazione. Il protagonista infatti, anziché disperarsi, si propone di raggiungere due obiettivi molto concreti e apparentemente assurdi vista la gravità della situazione: riuscire a comperare una parrucca di capelli veri per la madre e avere un appuntamento con Tanja. Riuscendo a raggiungere i due obiettivi forse le cose miglioreranno e così il protagonista riesce a trasmettere un incoraggiante messaggio di speranza.

Infine due registi già affermati e autori di diversi film che ritornano al cortometraggio: Zvomir Jurić con Yellow moon e Dalibor Matanić con Party. Il primo, già parte dell'omnibus Zagreb stories, è un brillante cortometraggio che narra l'incontro di due giovani donne, Lana incinta di diversi mesi e la sua nuova vicina di casa Marja. In visita a casa di Lana per un caffè le due donne hanno una curiosa conversazione in cui apparentemente Lana preferisce non raccontare nulla di sé, ma proprio quando Marja se ne sta andando, Lana la trattiene. La chiacchierata volutamente poco chiara lascia allo spettatore la libertà di interpretare che cosa sia successo. Dalibor Matanić, considerato il più talentuoso tra i giovani registi croati torna ai cortometraggi dopo essersi affermato con diversi film socialmente impegnati. Party, ha riscosso successi internazionali partecipando al festival di Sarajevo e di Cannes.

A Vukovar un gruppo di giovani amici si incontra per trascorrere una bella giornata lungo le rive del Danubio. Niente sembra poter turbare l'atmosfera della giornata e interrompere la magia di quel modo semplice di stare assieme. Assaporando tutto questo assieme alla protagonista, è ancora più difficile e doloroso accettare che in realtà tutto ciò non esista. Lo scenario bucolico della scampagnata lascia spazio ad uno sconfinato campo cosparso di croci bianche; la città improvvisamente torna deserta e gli edifici, decadenti e distrutti dalla guerra, sono le uniche entità a riaccompagnare la protagonista nel viaggio verso casa, ricordando simbolicamente quanto quella ferita sia ancora viva.


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