La Slovenia si è forse messa alle spalle la crisi politica apertasi nel gennaio scorso. Alenka Bratušek, di Slovenia positiva, è il nuovo primo ministro ed ha ora due settimane per formare il nuovo esecutivo
La Slovenia vede la luce in fondo al tunnel. Mercoledì scorso Alenka Bratušek, di Slovenia positiva, è riuscita a farsi eleggere capo del governo con un’ampia maggioranza: 55 voti a favore 33 contrari. E’ la prima volta che nel paese una donna va a ricoprire la carica di premier ed è la seconda volta che una mozione di sfiducia costruttiva riesce ad avere successo. L'unico precedente risale a vent'anni fa, quando Janez Drnovšek, scalzò Lojze Peterle. Da quel momento non lasciò più i vertici della politica, praticamente, sino alla sua morte.
L’ordinamento costituzionale sloveno, per garantire stabilità, non consente all’opposizione di sfiduciare semplicemente il primo ministro, ma per farlo deve automaticamente eleggere il suo sostituto. Un’operazione non semplice, visto che è più facile staccare la spina ad un governo che trovare i voti per eleggere un nuovo premier.
I giochi per la Bratušek, però, non sono ancora fatti. Ora ha due settimane di tempo per presentare il suo governo alla camera e per farsi votare la fiducia. Solo allora andrà a sedersi sulla poltrona di Janez Janša, che resta comunque in carica per il disbrigo degli affari correnti. Se la Bratušek non ce la dovesse fare, probabilmente, si andrà al voto a giugno.
Il probabile nuovo governo
Le trattative per la formazione del nuovo governo sono iniziate formalmente già giovedì, ma sono ufficiosamente in corso sin dall’inizio della crisi. La nuova coalizione dovrebbe essere formata da Slovenia positiva, Socialdemocratici, Partito dei Pensionati e Lista civica. Una maggioranza, questa, meno ampia di quella che ha eletto la Bratušek. I Popolari, infatti, l’hanno votata con il fine di sbarazzarsi di Janša e quello di andare verso le elezioni anticipate. Un rischio, questo, non del tutto scongiurato. Lo scoglio più duro resta il programma economico dell'esecutivo, viste le palesi divergenze tra l'atteggiamento più statalista del Partito socialdemocratico e quello di ispirazione liberista della Lista civica.
Nodo del contendere sono le sorti della holding per la gestione del patrimonio dello stato - dove sono in ballo le privatizzazioni - e la bad bank, che dovrebbe servire a risanare la voragine provocata dalle banche a partecipazione statale, causata soprattutto dall'allegra concessione di finanziamenti al settore edile.
Entrambi i progetti erano il fiore all'occhiello di uno degli uomini più rappresentativi della Lista civica, il ministro delle Finanze Janez Šuštaršič. Quello che al momento sembra certo è che verranno mitigati e che Šuštaršič non farà parte del gabinetto di centrosinistra. Lui non ha nascosto il suo disappunto di fronte alla possibilità che il suo partito entri a far parte della nuova coalizione, ma per la Lista civica le elezioni anticipate potrebbero trasformarsi in una Caporetto.
Andare oltre Janša
La Bratušek, per ora, non ha parlato molto di programmi, ed ha puntato piuttosto sul superamento del clima di paura che avrebbe instaurato il governo Janša e sull'ottimismo. In campo economico, comunque, ha detto chiaramente che intende mitigare la politica del rigore, puntare sulla crescita e, se sarà necessario, riempire le casse dello stato con qualche nuova tassa.
Ai suoi alleati ha chiesto un anno di tempo per portare la Slovenia serenamente al voto, ma la sua speranza, probabilmente è quella di restare in sella più a lungo. Bisognerà vedere se glielo concederanno. Inizialmente i più riottosi sembravano essere i socialdemocratici, che volevano al più presto capitalizzare il forte aumento di consensi rilevato nei sondaggi e il forte calo proprio di Slovenia positiva, che paga i sospetti di corruzione del suo fondatore e leader indiscusso sino all’altro ieri, Zoran Janković. Il sindaco di Lubiana, comunque, sembra definitivamente uscito dalla vita politica del partito ed anche di quella nazionale, anche se rimane fortemente avvinghiato alla poltrona di primo cittadino della capitale.
La Bratušek per ammansire i socialdemocratici ha subito concesso loro la presidenza della camera. L’alta carica è andata a, Janko Veber, uno che da sindaco di Kočevje ha chiamato a raccolta i cittadini per protestare contro l’ipotesi di far insediare nel suo comune la famiglia rom degli Strojan cacciata dal villaggio di Ambrus. In ogni modo la nuova premier si è dimostrata molto più abile di Janković, che non volle concedere a Borut Pahor quella stessa poltrona. Al suo posto venne eletto Gregor Virant, da quella che poi sarebbe stata la coalizione di centrodestra.
La crisi
Ad ogni modo, potrebbe essere arrivata al capolinea, la crisi politica scoppiata l’8 gennaio, all’indomani della pubblicazione del rapporto della commissione anticorruzione che puntava il dito sui leader dei due maggiori partiti sloveni: quello dei Democratici, Janez Janša e quello di Slovenia positiva, Zoran Janković
Janez Janša in questo periodo è al contrattacco senza mezze misure. In suo aiuto è accorsa anche la Camera per la repubblica, un think tank del centrodestra, che ha organizzato in suo appoggio una serie di dibattiti e persino una manifestazione di piazza a Lubiana, lo stesso giorno in cui era programmata anche la cosiddetta terza insurrezione di protesta contro la classe politica. Janša ha arringato la folla dei suoi adepti con un infuocato videomessaggio inviato da Bruxelles, dove si trovava per un vertice ministeriale.
La risposta non si è fatta attendere ed è stata imponente. Nel pomeriggio almeno 20.000 persone hanno partecipato alla manifestazione contro la classe politica in generale e contro Janša in particolare.
Le sfide di Janša
In un paradossale crescendo, Janša ha sfidato di giorno in giorno i suoi avversari ed i suoi ex alleati a sfiduciarlo. In pratica è sembrato voler dare loro una mano a trovare quanto prima un’intesa per cacciarlo. Lui, che in un anno, ha contribuito ad inasprire il clima del confronto ideologico nel paese, ha anche al suo attivo significativi risultati. E’ stato capace di ridurre i salari nel pubblico impiego, di varare la riforma previdenziale e quella del mercato del lavoro. Successi non di poco conto se paragonati a quelli dell’effimero governo Pahor.
Tra qualche settimana le redini del governo potrebbero passare in mano a quella che sembrerebbe un dinamico primo ministro, che dovrà fare i conti con una difficile situazione economica, di cui potrà rendersi conto pienamente solamente quando entrerà nella stanza dei bottoni.
La Slovenia, comunque, in questo momento, con la Bratušek, sta vedendo la luce in fondo al tunnel, non è però ancora chiaro se si tratta dell’uscita della galleria o del faro di un treno in corsa che sta arrivando.
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