Piatto tradizionale sloveno - © DUSAN ZIDAR/Shutterstock

Piatto tradizionale sloveno - © DUSAN ZIDAR/Shutterstock

L'integrazione passa anche dalle mense scolastiche: in Slovenia alcune scuole hanno smesso di servire pasti adattati alle prescrizioni religiose degli studenti musulmani. Una misura controversa che mette in risalto la mancanza di un progetto culturale adeguato

13/11/2024 -  Stefano Lusa Capodistria

Mangiare carne di maiale aiuta ad integrarsi. Questa la tesi delle scuole di Žalec, ridente cittadina della valle della Savinja, nota per la sua produzione di luppolo e per una moderna fontana della birra. In una recente circolare, i responsabili della mensa hanno precisato che non ci saranno più pasti diversificati per gli immigrati.

Il “nobile” scopo è quello di “preservare” il principio d’eguaglianza tra tutti gli studenti, che così si troveranno nel piatto le stesse identiche cose. Il provvedimento approvato dagli organismi scolastici, con il consenso dei rappresentanti dei genitori, avrebbe anche motivazioni “educative” visto che gli immigrati devono capire che venendo in Slovenia hanno deciso “di adeguarsi ai suoi costumi culturali e culinari”.

Perché, quindi, ad esempio, privare i ragazzi della succosa croccantezza e dell’aroma pieno della carne suina leggermente affumicata e stagionata racchiusa nella salsiccia di Cragno? Un ragionamento semplice, identitario, che arriva dalla Slovenia profonda, quella in cui regnano pittoresche chiesette attorniate dal verde.

Nel paese molti sottolineano che la scuola è “sempre” stata laica e che tale deve rimanere. In passato c’era stata una vera e propria levata di scudi quando era stata ventilata l’ipotesi di reintrodurre in maniera facoltativa l’ora di religione.

L’opinione largamente condivisa era che i preti non dovessero tornare in classe e che la fede non dovesse condizionare le scelte degli istituti. I maligni però fanno notare che molti istituti, pur senza dirlo, seguono i precetti alimentari dei cristiani ed evitano di servire i cibi proibiti in alcuni giorni dell’anno.

Al centro islamico di Lubiana, in una recente consultazione è stata messa in luce la difficoltà per i fedeli di poter avere a scuola pranzi e merende senza carne di maiale. I problemi inizierebbero già dai menù che le scuole forniscono ai genitori, dove non sempre è segnato esattamente il tipo di ingredienti usati per preparare le pietanze.

Le scuole ed il ministero si limitano a precisare che vengono seguite tutte le regole per dare ai ragazzi un'alimentazione bilanciata e che non è possibile preparare per ogni bambino una dieta che tenga conto delle diverse convinzioni religiose o delle scelte alimentari dei singoli e delle famiglie. Eccezioni sono previste solo per chi è in grado di fornire un certificato medico, che attesti la necessità di una dieta particolare.

Non che non si potrebbe trovare una soluzione accettabile per tutti, ma molto dipende dalle scuole stesse e dalla sensibilità dei dirigenti. Sta di fatto che su complessivi 450 istituti solo in 15 è possibile trovare menù vegetariani, che nel dubbio consentirebbero di risolvere anche la questione della carne di maiale e fa contenti anche quelli che la carne non la mangiano per scelta etica.

I presidi e gli operatori del settore ci tengono a precisare che la questione mensa non è certo in cima alla lista dei problemi a cui deve far fronte il settore dell’istruzione. Le priorità sarebbero altre. Bisogna correre ai ripari per trovare una soluzione all’endemica carenza di docenti e arginare la fuga degli insegnanti verso altre professioni meglio remunerate e considerate più prestigiose.

Come sempre, nel paese la scuola è uno dei temi centrali del dibattito nella società e come consuetudine si continua a parlare di riforme, pensando più alle nozioni da aggiungere nei programmi che a sviluppare un ambiente accogliente per i bambini.

In Slovenia continuano ad arrivare lavoratori dalla Bosnia, dal Kosovo e dalla Macedonia del Nord e adesso anche da altre aree a maggioranza musulmana. Nella repubblica vive oramai una fetta consistente di cittadini sloveni di fede islamica.

Secondo le stime i musulmani sarebbero circa 80mila e rappresentano circa il 2,5% della popolazione. Alcuni non hanno più quasi alcun legame con il paese d’origine dei loro nonni o dei loro bisnonni. Tanti si sono fatti strada in società aprendo aziende edili ed esercizi commerciali di vario tipo.

A Lubiana dopo molte vicissitudini è stata costruita un’elegante moschea con annesso un dinamico centro islamico, inaugurato nel 2020. Una lunga odissea, iniziata nel 1969, quando vennero inoltrate le prime richieste ufficiali, che si scontrarono subito contro mille cavilli burocratici, l’opposizione dei nazionalisti ed anche con i rimbrotti dei cattolici.

Proprio intorno al centro sta sempre più emergendo anche una classe intellettuale di sloveni di fede islamica, che fanno sentire la loro voce e che chiedono vengano rispettati i loro diritti e che ci sia comprensione per le loro tradizioni.

Patrioti nazionalisti poco inclini ad ammettere che ci possano essere sloveni non cristiani e anticlericali altrettanto poco inclini a confrontarsi con richieste che abbiano a che fare con la religione sembrano andare a braccetto.

Il dibattito sulle mense scolastiche è la cartina al tornasole di quanta fatica faccia il paese a confrontarsi con la diversità ed anche ad accettare che il paese è molto più multietnico, multireligioso e multiculturale di quanto si vorrebbe ammettere. Il maiale per ora resta nel piatto per tutti, così come il fastidio che le minoranze possano far sentire la loro voce.

Alla fine, quello che manca è un vero e proprio progetto culturale: nelle scuole, ma più in generale nella società.


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