Con una campagna elettorale fiacca e poco fantasiosa la Slovenia si appresta domenica prossima ad eleggere il nuovo parlamento. Favorito l'ex premier Janez Janša che si prepara a diventare il nuovo primo ministro. Il sindaco di Lubiana Zoran Janković, nuova icona della sinistra slovena, è dato al 20%. In caduta libera il partito socialdemocratico del premier uscente Borut Pahor
Alle elezioni politiche in programma domenica prossima il vincitore assoluto dovrebbe essere l’ex ministro della Difesa dei tempi dell’indipendenza, Janez Janša. Il suo partito è accreditato di oltre il 30% dei consensi. Dietro di lui la nuova icona della sinistra slovena, il sindaco di Lubiana, Zoran Janković, con consensi superiori al 20%. Alle loro spalle un guazzabuglio di partiti con consensi che vanno dal 12 al 4%.
Dormono sonni tranquilli intanto i socialdemocratici. Oramai non sognano più di poter continuare ad essere il primo partito sloveno, ma dovrebbero comunque superare con facilità la soglia di sbarramento del 4%. I sondaggi, che parevano catastrofici alla vigilia, ora li vedono in ripresa e potrebbero essere l’unica forza della “sinistra” tradizionale a varcare le soglie del parlamento.
Le cose stanno andando piuttosto male, invece, per la Lista Virant. La nuova formazione dell’ex ministro della Funzione pubblica del governo Janša, che ad un certo punto era addirittura data come primo partito ed ora probabilmente dovrà accontentarsi di una percentuale che potrebbe essere inferiore al 10%.
Dovrebbero superare la soglie della Camera di stato anche il Partito dei pensionati, il Partito popolare e Nuova Slovenia, quest’ultimo partito d’ispirazione conservatrice e clericale potrebbe così rientrare in parlamento dopo che alle ultime politiche non c’è l’aveva fatta per un soffio.
A rischio
Rischia invece di sparire completamente l’opzione liberale. I demo-liberali (LDS), dell’ex ministro degli Interni Katarina Kresal sono ben lontani dal 4%, mentre Zares di Franco Juri riesce a raccogliere solo le briciole. I due partiti rastrellano quello che resta della vecchia Democrazia liberale, che con Drnovšek, aveva dominato la scena politica slovena dal 1992 al 2004. Entrambi sperano nel miracolo, ma qualche possibilità in più sembrano averla i demo-liberali, che in questi ultimi giorni hanno incassato anche l’appoggio dell’ex presidente della Repubblica Milan Kučan, che tra l’altro è stato anche uno dei maggiori artefici della discesa in campo di Zoran Janković ed ha appoggiato anche Zares ed il Partito per lo sviluppo sostenibile.
Potrebbero non farcela, questa volta, i nazionalisti di Jelinčič. Il suo partito, comunque, era spesso dato per spacciato alla vigilia del voto, per poi sorprendere al momento dell’apertura delle urne; mentre poche, pochissime possibilità sembrano avere gli altri partiti che si presentano in questa tornata elettorale.
Addio 50%
Sta di fatto che pare definitivamente sfumato il sogno di Janša di conquistare da solo consensi superiori al 50%, anche se stando ai sondaggi il centrodestra potrebbe comunque conquistare una maggioranza schiacciante. Proprio per questo c’è chi continua ad evocare scenari ungheresi per la Slovenia, con Janez Janša nelle vesti dell’uomo forte.
Lui in questa campagna elettorale ha cercato di mantenere bassi i toni della polemica, di essere meno aggressivo del solito e di dimostrare che soltanto il suo partito ha in tasca le soluzioni giuste per garantire un futuro migliore alla Slovenia. I suoi messaggi incolori del resto non si distanziano molto da quelli degli altri partiti, che hanno offerto uno spettacolo desolatamente noioso e assolutamente privo di fantasia in una delle più scialbe campagne elettorali della recente storia delle elezioni democratiche nel Paese.
I partiti, del resto senza soldi ed alle prese ancora con i debiti da pagare per il danaro speso per le precedenti politiche e le amministrative, non hanno per nulla, o quasi, puntato sugli spot televisivi, ma hanno affidato le loro sorti a qualche cartellone low–cost, ai dibattiti televisivi e soprattutto a Facebook e a Twitter, dove in questi giorni sono i messaggi politici dei partiti e dei candidati a farla da padrona.
L'ossessione dei soldi
Ad ogni modo lo scontro politico più che sui programmi ancora una volta è stato giocato sugli scandali veri o presunti e soprattutto sulla ossessione degli sloveni per i soldi. La cosa aveva già contribuito a dissolvere Zares, soffocato dallo “scandalo” che aveva coinvolto il suo presidente Gregor Golobič, che aveva evitato di dire ai giornalisti di possedere una quota in una società informatica, in cui aveva lavorato prima di tornare in politica. La stessa sorte era toccata alla Democrazia liberale ed alla sua presidente Katarina Kresal, responsabile di aver preso in affitto uno stabile per l’FBI slovena da uno che sarebbe stato un suo conoscente.
Proprio per questo anche la campagna elettorale è stata giocata su analoghi episodi di presunta “corruzione”, che fanno sembrare agli occhi dell’opinione pubblica quella dei politici come una casta di profittatori pronta a fare soltanto i propri interessi.
Sin dalla discesa in campo di Janković, si è continuato a speculare sugli affari non del tutto trasparenti dei suoi figli, sulle sue proprietà e sulla riconversione di alcuni terreni in aree edificabili, che sarebbero stati acquisiti dalle aziende della famiglia Janković. La cosa per il momento sembra non averlo danneggiato più di tanto. Sulla questione, in effetti, si specula oramai da anni. Il sindaco di Lubiana dal canto suo ha sempre sottolineato che, nonostante le inchieste, mai nessun procedimento penale è stato aperto nei suoi confronti e che tutto il suo patrimonio è stato acquisito in maniera assolutamente trasparente.
A finire nel tritacarne mediatico ed a rimanerci invischiato, invece, è stato Gregor Virant. Con la sua lista che sembrava mettere in difficoltà il centrodestra e rubare voti soprattutto a Janša. Non ha retto all’accusa di essere un approfittatore per aver fruito per un anno l’indennizzo come ex ministro ed aver nel contempo intascato grazie alle sue consulenze poco meno di 100.000 euro lordi. La questione era emersa anche in passato, ma Virant, che non aveva fatto nulla di illegale e che intanto era tornato a fare il professore universitario, non se ne era occupato più di tanto. La storia, ritornata alla ribalta nel momento in cui il suo partito sembrava poter puntare alla vittoria, lo ha praticamente tolto dal gioco.
A seppellirlo probabilmente è stata la sua timida reazione, che lo ha portato addirittura a restituire una parte della cifra alle casse dello Stato. Così facendo ha implicitamente ammesso di non essere stato assolutamente integerrimo e soprattutto di non essere stato in linea con i proclami di rinnovamento della classe politica che andava facendo con il suo partito. Probabilmente se si fosse comportato in maniera più arrogante e non avesse restituito un centesimo sarebbe riuscito ad arginare meglio i danni.
Guai giudiziari
Al momento l’unico ad avere seri guai giudiziari, comunque, è il probabile futuro premier sloveno Janez Janša, che è stato costretto ad accomodarsi sul banco degli imputati nel processo per le presunte tangenti versate nell'ambito della fornitura dei blindati Patria all'esercito sloveno.
Dopo un lungo tira e molla tra i giudici e la difesa, su questioni formali, proprio recentemente è iniziata la lettura in aula dei capi d'accusa. Janša non ha mancato di prendersela con le "toghe rosse" e di bollare come "politico" il procedimento nei suoi confronti. Sta di fatto che la vicenda non sembra averlo danneggiato più di tanto, come non sembrano averlo leso le polemiche sulla sua proprietà di un appartamento a Lubiana sollevate dai giornali. Intanto tra i candidati del suo partito, con buone probabilità di essere eletto, c’è anche il suo avvocato.
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