Il giornalista investigativo turco Ahmet Şık ha vinto il premio mondiale UNESCO Guillermo Cano 2014 per la Libertà di Stampa
A conferire il prestigioso riconoscimento una giuria internazionale di professionisti, che ha elogiato Şık quale “ardente difensore della libertà di espressione, che ha dedicato la sua carriera a denunciare la corruzione e le violazioni dei diritti umani”. Il premio verrà consegnato il 2 maggio a Parigi, al quartier generale UNESCO, dove il 5 e il 6 si terrà una conferenza internazionale dedicata alla tutela della professione giornalistica ed al futuro del giornalismo.
ll giornalista, che vanta una carriera ventennale e ha collaborato con diversi giornali turchi e agenzie internazionali quali Cumhuriyet, Evrensel, Radikal, Nokta, BirGün e Reuters, è famoso soprattutto in quanto autore di alcuni libri. I primi due trattano della presunta organizzazione terroristica Ergenekon e dei suoi legami con ambienti militari e paramilitari turchi. L’ultimo, invece, è titolato L’Esercito dell’imam e dedicato al teologo e predicatore autoesiliato Fethullah Gülen e al suo movimento, conosciuto come Cemaat (Comunità) o Hizmet (Servizio).
Questo libro venne confiscato e messo al bando dal governo turco nel 2011, quando ancora non era uscito sul mercato, mentre Şık fu arrestato con l’accusa di essere parte della stessa Ergenekon. L’Esercito dell’imam venne poi pubblicato grazie ad un’iniziativa di 125 tra giornalisti, accademici e intellettuali. Scarcerato a marzo 2012 in attesa del processo, nel quale rischia 15 anni di reclusione, Şık ha ripreso l’attività giornalistica, finendo tra l’altro coinvolto nelle proteste di Gezi Park.
In un’intervista concessa nel 2013 al quotidiano online Linkiesta, Şık è tornato a parlare del processo Ergenekon, giunto a sentenza nell’agosto dell’anno scorso con numerose condanne di rilievo, in particolare tra i vertici militari, accusati di aver tentato un golpe contro il governo AKP.
“Bisogna dire forte e chiaro che questa sentenza è una grande menzogna e una montatura per far credere all’opinione pubblica turca che la magistratura abbia messo in prigione coloro che hanno ordito un colpo di stato ai danni del governo dell’Akp” ha dichiarato Şık. “La verità è che questo è un processo per condannare gli oppositori dell’AKP e coloro che avversano la ‘santa alleanza’ con la Comunità Gülen. [...] L’assurdità è che esistevano realmente dei tentativi di colpi di stato ma oramai il processo Ergenekon è stato così snaturato che non è più quello che avrebbe dovuto essere”.
Parlando poi dei rapporti tra il primo ministro turco Erdoğan e Fethullah Gülen, ha profeticamente aggiunto: “Ovvio che tra di loro ci sia anche una guerra in corso, sin dai tempi della crisi del MIT (il servizio segreto turco) e nel futuro sono sicuro che le distanze aumenteranno così come pure i contrasti”.
Così è stato e l’asse Erdoğan-Gülen si è frantumato in una serrata lotta. Recentemente Erdoğan, mentre chiudeva d’autorità le numerose scuole güleniste, importante fonte economica e di reclutamento del movimento, ha accusato Gülen d’essere la figura che ha orchestrato le accuse di corruzione che hanno investito Erdoğan e il partito AKP a fine 2013.
Anche le elezioni amministrative dello scorso 30 marzo in Turchia si sono svolte in un clima viziato dal conflitto tra AKP e gülenisti, con quest’ultimi usciti nettamente sconfitti da un risultato elettorale che invece continua a premiare Erdoğan, il cui potente fascino sul proprio bacino elettorale non è stato scalfito (anzi, ne è uscito rinsaldato) né dagli scandali legati alle accuse di corruzione a cui pure, secondo un recente sondaggio, tre turchi su quattro danno credito e ritengono fondati, né tantomeno dai moniti occidentali contro la guerra che Erdoğan ha dichiarato ai social media.
In conclusione alla sua intervista, Şık ha infine dato un ritratto a tinte decisamente fosche del futuro del giornalismo turco: ”Sono molto pessimista sulla situazione, che a mio parere peggiora e non credo purtroppo avrà un’evoluzione positiva. Man mano che passano gli anni ci sarà sempre meno libertà d’espressione.” A distanza di un anno, possiamo dire che anche in questo Ahmet Şık ha dimostrato di saper vedere lontano.
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