Il massacro di Ankara

12 ottobre 2015

bubble icon

La duplice esplosione di sabato scorso ad Ankara ha causato la morte di 97 persone. Questo è il bilancio ufficiale comunicato dalle autorità turche nella serata di ieri ma secondo il partito filocurdo HDP, che potrebbe essere stato il principale bersaglio di questo attentato, i morti sarebbero 128. In ogni caso il bilancio non è ancora stabilizzato perché negli ospedali sono ricoverati oltre 500 feriti, alcuni in gravi condizioni.

Sulla stampa turca di oggi si trovano il dolore, la rabbia, le manifestazioni di commemorazione delle vittime che sono diventate per lo più manifestazioni antigovernative. Anche sui social media si sono rincorsi nella giornata di ieri hashtag come #ErdoganMurderer o #AKPkatliami (AKP assassino).

Secondo il governo turco, per voce del primo ministro Ahmet Davutoğlu, i possibili responsabili del massacro vanno ricercati tra lo Stato Islamico (ISIS), il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), il Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo (Dhkp-c) e il Partito comunista marxista-leninista (Mlkp). Davutoğlu ha indetto tre giorni di lutto nazionale.

Il quotidiano Zaman, il cui direttore della testata inglese Bülent Keneş è stato incarcerato il giorno prima dell'attentato per dei tweet ritenuti offensivi nei confronti del presidente Erdoğan, riporta numerose voci della piazza. Molte le accuse per la mancata sicurezza: Faruk Bildirici editorialista del giornale Hürriyet che si trovava sul posto, ha dichiarato che erano presenti solo due macchine della polizia stradale e non è stato fatto alcun controllo. Inoltre, sempre secondo Bildirici, immediatamente dopo le esplosioni non si è visto nessun poliziotto: gli agenti sarebbero arrivati dopo le ambulanze, a distanza di mezz'ora dall'esplosione.

Secondo i media, le autorità stanno valutando se uno dei kamikaze di Ankara possa essere il fratello di Seyh Abdurrahman Alagöz, il kamikaze responsabile dell'attacco Suruç nel luglio scorso.